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Niger: chiusa per ragioni di sicurezza la missione di padre Maccalli
Sarà un Natale senza padre Pierluigi Maccalli per la piccola comunità della missione di Bamoanga, a circa 125 chilometri dalla capitale Niamey. Sono passati ormai più di tre mesi da quando il 17 settembre, il missionario italiano è stato rapito, presumibilmente da jihadisti di etnia fulani.
«Purtroppo non ci sono ancora novità», dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre padre Mauro Armanino, confratello di padre Maccalli. Intanto la missione del sacerdote cremonese è stata momentaneamente chiusa, assieme ad altre nella porzione del Niger al confine con il Burkina Faso. «I «bianchi» sono dovuti andar via dall’area, per motivi di sicurezza», spiega padre Armanino. La situazione nell’area è gravemente peggiorata in questa regione in cui è stata rilevata la presenza di fondamentalisti di etnia peul (nome locale con il quale vengono identificati i fulani). Ma nonostante le difficoltà, la piccola comunità cristiana locale non è stata abbandonata: «Vi sono dei sacerdoti africani che assicurano la cura pastorale e che visitano spesso le altre comunità e che risiedono nella parrocchia principale di Makalondi». Lì si trova anche padre John Dass, il sacerdote indiano presente al momento del rapimento. È proprio lui che continua a prendersi cura della comunità di padre Gigi, anche se non può più trascorrere la notte alla missione. Per motivi di sicurezza, non vi sarà probabilmente neanche la veglia di Natale, un’ulteriore mancanza che si aggiunge a quella di padre Maccalli.