Cultura & Società

Angeli a quattro zampe a scuola di soccorso

Ci sono quelli da ricerca e salvataggio e quelli bagnino. Vengono addestrati grazie al lavoro delle unità cinofile dei vigili del fuoco e della Scuola italiana cani salvataggio, un vero e proprio esempio di eccellenza e dedizione anche in Toscana

Cani bagnino

In certe situazioni di emergenza, spesso gli angeli custodi che accorrono non hanno ali, ma quattro zampe. I cani da ricerca e salvataggio e i cani bagnino sono infatti i protagonisti silenziosi di straordinarie missioni di soccorso. Del resto, il lavoro delle unità cinofile dei vigili del fuoco e della Scuola italiana cani salvataggio rappresenta un vero e proprio esempio di eccellenza e dedizione anche nella nostra regione ed è testimonianza di un addestramento rigoroso e di un legame unico tra il cane e il suo conduttore.

«Il percorso formativo per l’addestramento di cani da ricerca di persone scomparse e sotto le macerie è abbastanza meticoloso e complesso – spiega Simone Oliveri, responsabile operativo del nucleo cinofilo regionale della direzione Toscana dei vigili del fuoco e formatore cinofilo per il Corpo nazionale -. Per prima cosa viene fatta una selezione per individuare i soggetti canini idonei a questo tipo di lavoro. È in questo momento che si verificano le doti caratteriali del cane, quindi la sua tempra, il suo temperamento, la sua docilità, la socialità; ma anche la sua mobilità su materiale disconnesso e la propensione al gioco col suo conduttore. Se passano questa prima selezione, i nostri amici a quattro zampe vengono sottoposti a visite veterinarie e, se superate, cominciano un percorso formativo che dura dieci settimane». «Nelle prime cinque settimane di formazione nell’addestramento ci si concentra sulla gestione e sul controllo del cane, quindi sull’obbedienza, la condotta e la palestra con salti di palizzate e passerelle – continua Oliveri -. Alla fine di queste prime cinque settimane i cani vengono sottoposti a un primo esame intermedio, dove vengono valutate le capacità acquisite su queste abilità. Se l’esame viene superato, cominciano le successive cinque settimane di addestramento con vere e proprie ricerche in superficie e su macerie. Allo scadere della decima settimana il conduttore affronta un esame teorico e poi insieme al suo cane un test pratico volto a valutare le abilità nella ricerca».

Le razze impiegate sono varie, è la taglia che conta: per accedere al percorso di formazione, infatti, il cane deve avere una taglia media. «Attualmente, il contingente in Toscana ha in forza Labrador, Border Collie, Pastori Belga e alcuni meticci per un totale di 16 unità a regime – afferma Oliveri-. Attualmente in Toscana siamo a otto unità operative; due unità finiranno la formazione a metà ottobre, altre quattro sono in attesa di cominciare».

Ai nostri eroi a quattro zampe il lavoro certo non manca. «La mole di interventi per noi è elevata. Solo su ricerca in superficie di persone disperse facciamo oltre cento interventi l’anno – dice -. Proprio pochi giorni fa abbiamo effettuato due ritrovamenti di persone disperse, uno a La Spezia e uno a Lucca. Nella ricerca in superficie i nostri cani sono addestrati per trovare persone vive; quindi, parliamo di persone che possono aver perso l’orientamento o che hanno problemi medici. Nella ricerca sotto le macerie, invece, abbiamo partecipato a missioni in Albania, in Turchia, in tutte le zone terremotate del centro Italia; recentemente siamo stati anche al cantiere dell’Esselunga a Firenze e alla diga di Suviana. La ricerca sotto le macerie prevede l’uscita con due cani e due conduttori. Quando un cane segnala la possibile presenza sotto le macerie di una persona viva, prima di cominciare le operazioni di estrazione, deve esserci la conferma della segnalazione da parte del secondo cane». «Il cane esce sempre e solo con il suo conduttore che è anche il suo padrone. Questo perché tra il cane e il padrone si crea un vero e proprio legame e il cane sa fare tutto ciò che ha imparato solo se guidato dal suo conduttore».

Questo legame così speciale caratterizza anche i famosi cani bagnino che, insieme al loro conduttore, rappresentano un’unica unità nelle operazioni di salvataggio in mare. «Il cane non si butta mai in acqua da solo – chiarisce Salvo Gennaro, responsabile della Scuola italiana cani salvataggio della regione Toscana, sfatando alcuni miti popolari -. Il nostro è un lavoro di squadra, con il cane che segue i comandi del conduttore». Con circa 200 iscritti in tutta la Toscana, la Scuola italiana cani salvataggio opera principalmente nelle sezioni di Forte dei Marmi, presso lo stabilimento balneare Le Dune, di Tirrenia, al bagno Alma, e di Castiglione della Pescaia alla Green Beach.

«Dal primo di giugno al 15 settembre le nostre postazioni sulle spiagge della Toscana rimangono attive – spiega Gennaro -. A oggi abbiamo già fatto quattro interventi e salvato sei persone, di cui cinque bambini». Anche i cani bagnino, prima di potersi mettere a lavoro, devono sostenere, insieme ai loro conduttori, degli approfonditi corsi di formazione. «In primo luogo, è necessario sottolineare che prediligiamo razze che abbiano una buona acquaticità, come i Golden Retriever, i Labrador o i Terranova, ma addestriamo anche cani di altre razze o meticci che sono abituati ad andare in acqua – dice Gennaro -. La cosa importante è che siano di taglia media e pesino almeno 25 chili. La formazione dei cani bagnino si basa sul gioco, per loro è un divertimento che fanno insieme al loro padrone. Infatti, noi utilizziamo il cane più che altro come presidio e aiuto soprattutto per il rientro. Noi ci tuffiamo in acqua, il cane ci segue, mettiamo in sicurezza la persona che rischia di annegare e diamo il comando al cane di tornare a riva. È in questo momento che lui si dimostra in grado di scegliere la strada più veloce per raggiungere terra grazie anche alla sensibilità dei suoi polpastrelli che gli permettono di mettersi sempre a favore di corrente». «La presenza del cane ci aiuta tanto specialmente con i bambini perché li aiuta a sdrammatizzare il momento di panico che stanno vivendo – continua -. Ovviamente non lavoriamo mai da soli ma sotto i nostri gazebo ci sono almeno tre unità cinofile con compiti specifici: c’è chi fa l’intervento, chi è di supporto e chi chiama le autorità competenti. Questo ci permette di accorciare i tempi del soccorso e avere più possibilità di salvataggio della persona».

Anche per i bagnini a quattro zampe il corso di formazione è lungo e impegnativo. Per dieci mesi, dopo aver svolto alcune attività a terra legate all’obbedienza del cane, si inizia a lavorare in acqua. Qui il cucciolo impara, insieme al suo conduttore, tutte quelle azioni che dovrà svolgere nel momento di salvataggio. L’esperienza, poi, e l’esempio dei cani più grandi e più avvezzi, aiutano il cane principiante a diventare sempre più esperto; fino a quando, all’età di dieci anni, potrà finalmente andare in pensione. Con la loro dedizione, questi animali non solo offrono un supporto insostituibile, ma sono anche esempi commoventi del legame speciale tra uomo e cane, che si rafforza in ogni nuova sfida affrontata insieme.