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Ucraina: educare gli adolescenti in tempo di guerra

Donatella Rafanelli, toscana, insegnante d'italiano a Mukachevo, ha organizzato sui Carpazi un campo estivo con ottanta ragazzi ucraini

Donatella Rafanelli, al centro, con alcuni ragazzi del campo estivo

La guerra in Ucraina sembra non lasciare speranza in una soluzione pacifica. Ma c’è chi lavora per provare a immaginare un futuro diverso. È la toscana Donatella Rafanelli, insegnante di italiano a Mukachevo, nella zona ovest del Paese, che ha organizzato un campo estivo con ottanta ragazzi ucraini dai 12 ai 16 anni all’inizio di luglio. Il campo si è svolto a Yablanitsa, sui Carpazi, nel sud-ovest del paese, lontano dai bombardamenti ma non dalle conseguenza della guerra. Raccontando la sua storia al settimanale Toscana Oggi, nel numero in uscita in questi giorni, parla delle conseguenze della guerra sui ragazzi: «hanno vissuto molte volte sulla loro pelle l’allarme per i bombardamenti». E i contraccolpi sono anche psicologici: «I ragazzi sono segnati. Siamo in un paese in guerra da tutti i punti di vista». Ma c’è anche tanta speranza perché, sottolinea Donatella, «i ragazzi sono incredibili, hanno risorse che non potresti immaginare. Loro guardano il mondo in modo diverso, pensano al futuro con fiducia. Quando siamo tra adulti si parla sempre e comunque della guerra. Ma con loro è davvero un’altra cosa».

La guerra è però sempre più dura da sostenere, soprattutto per l’Ucraina. «C’è un ingente reclutamento di uomini per l’esercito – testimonia Donatella – anche dove vivo io a Mukachevo. I russi sono ancora tanti ma gli ucraini invece sono sempre di meno. E quasi più nessuno si offre come volontario. Sempre più spesso vengono inviate al fronte persone che hanno 59 anni, quando il limite per il servizio è 60 anni. La situazione è di grande emergenza».

 L’insegnante fa parte del Movimento dei Focolari, prima della guerra avevano una comunità a Kyiv che poi hanno trasferito a Mukachevo. Dopo il campo è tornata dalla sua famiglia in Toscana – è originaria di Pistoia – per «ricaricare le batterie» prima di rientrare in Ucraina e riprendere l’insegnamento con il nuovo anno scolastico. «La situazione – conclude – in questo momento è difficile, all’orizzonte non si vedono trattati che sblocchino il conflitto. Ma non smettiamo di sperare in un piccolo spiraglio di pace».