Papa Francesco

Papa: “perché non contempliamo le miseria e il dolore, lo scarto di tanta gente nella città?”

“Mettere il dito nelle piaghe della società”. “Il consumismo è una piaga, un cancro”

Papa Francesco a Trieste

“Noi, che talvolta ci scandalizziamo inutilmente di tante piccole cose, faremmo bene invece a chiederci: perché dinanzi al male che dilaga, alla vita che viene umiliata, alle problematiche del lavoro, alle sofferenze dei migranti, non ci scandalizziamo? Perché restiamo apatici e indifferenti alle ingiustizie del mondo? Perché non prendiamo a cuore la situazione dei carcerati, che anche da questa città di Trieste si leva come un grido di angoscia?”. Sono gli interrogativi calzanti che il Papa ha rivolto al “popolo” della Settimana sociale, dal quale si congeda con la messa e l’Angelus presieduti in piazza dell’Unità d’Italia. “Perché non contempliamo le miseria e il dolore, lo scarto di tanta gente nella città? Abbiamo paura di trovare Cristo lì”, ha aggiunto a braccio. “Gesù ha vissuto nella propria carne la profezia della ferialità, entrando nella vita e nelle storie quotidiane del popolo, ha ricordato Francesco nell’omelia: “Dio è compassionevole, e per questo, qualcuno si è scandalizzato di lui, è diventato un ostacolo, è stato rifiutato fino ad essere processato e condannato; eppure, egli è rimasto fedele alla sua missione, non si è nascosto dietro l’ambiguità, non è sceso a patti con le logiche del potere politico e religioso. Della sua vita ha fatto un’offerta d’amore al Padre”. Anche noi cristiani, per il Papa, “siamo chiamati a essere profeti e testimoni del Regno di Dio, in tutte le situazioni che viviamo, in ogni luogo che abitiamo”: “Da questa città di Trieste, affacciata sull’Europa, crocevia di popoli e culture, terra di frontiera – l’appello finale – alimentiamo il sogno di una nuova civiltà fondata sulla pace e sulla fraternità; non scandalizziamoci di Gesù ma, al contrario, indigniamoci per tutte quelle situazioni in cui la vita viene abbruttita, ferita e uccisa; portiamo la profezia del Vangelo nella nostra carne, con le nostre scelte prima ancora che con le parole. Quella coerenza fra le scelte e le parole. E a questa Chiesa triestina vorrei dire: avanti! Continuate a impegnarvi in prima linea per diffondere il Vangelo della speranza, specialmente verso coloro che arrivano dalla rotta balcanica e verso tutti coloro che, nel corpo o nello spirito, hanno bisogno di essere incoraggiati e consolati. Impegniamoci insieme: perché riscoprendoci amati dal Padre possiamo vivere come fratelli tutti. Con quel sorriso dell’accoglienza e della pace dell’altro”.

“Oggi abbiamo bisogno proprio di questo scandalo: abbiamo bisogno dello scandalo della fede”, ha aggiunto davanti a migliaia di persone provenienti anche dalla Slovenia. “Non di una religiosità chiusa in se stessa, che alza lo sguardo fino al cielo senza preoccuparsi di quanto succede sulla terra e celebra liturgie nel tempio dimenticandosi però della polvere che scorre sulle nostre strade”, ha puntualizzato Francesco: “Ci serve, invece, lo scandalo della fede, una fede radicata nel Dio che si è fatto uomo e, perciò, una fede umana, una fede di carne, che entra nella storia, che accarezza la vita della gente, che risana i cuori spezzati, che diventa lievito di speranza e germe di un mondo nuovo”. “È una fede che sveglia le coscienze dal torpore, che mette il dito nelle piaghe della società – sono tante! – che suscita domande sul futuro dell’uomo e della storia”, il ritratto del Papa: “è una fede inquieta, e noi abbiamo bisogno di vivere una fede inquieta, che si muova da cuore a cuore, che ci aiuta a vincere la mediocrità e l’accidia del cuore, che diventa una spina nella carne di una società spesso anestetizzata e stordita dal consumismo”. “E questo mi fa preoccupare”, ha aggiunto a braccio: “che la società nostra è un è anestetizzata e stordita dal consumismo. Quell’ansia di avere, di avere di più, quell’ansia di sprecare i soldi. Il consumismo è una piaga, un cancro, ti ammala il cuore, ti fa egoista”. Abbiamo bisogno soprattutto di, una fede che spiazza i calcoli dell’egoismo umano, che denuncia il male, che punta il dito contro le ingiustizie, che disturba le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli. Usano la fede per sfruttare la gente: quello non è la fede”. Poi la citazione di un poeta triestino, Umberto Saba, che “descrivendo in una lirica il suo abituale ritorno a casa di sera, afferma di attraversare una via un po’ oscura, un luogo di degrado dove gli uomini e le merci del porto sono ‘detriti’, cioè scarti dell’umanità; eppure proprio qui – scrive– ‘io ritrovo, passando, l’infinito nell’umiltà’, perché la prostituta e il marinaio, la donna che litiga e il soldato, ‘sono tutte creature della vita e del dolore; s’agita in esse, come in me, il Signore’”. “Dio si nasconde negli angoli scuri della vita e delle nostre città, la sua presenza si svela proprio nei volti scavati dalla sofferenza e laddove sembra trionfare il degrado”, ha spiegato Francesco: “avete pensato agli angoli scuri della città? L’infinito di Dio si cela nella miseria umana, il Signore si agita e si rende presenza amica proprio nella carne ferita degli ultimi, dei dimenticati e degli scartati”.