Papa Francesco
Papa: all’Angelus ricorda le popolazioni che soffrono per guerre e violenze. Prima l’incontro con gli artisti: “distinguere l’arte del mercato” e “valorizzare il contributo delle donne”
Durante la Messa in piazza San Marco aveva chiesto che Venezia “sia segno di bellezza accessibile a tutti, terra che fa fratelli”
“Penso alla martoriata Ucraina, alla Palestina, a Israele, ai Rohingya, e a tante popolazioni che soffrono a causa di guerre e violenze”. Lo ha detto il Papa, nel Regina Caeli di oggi, pronunciato da piazza San Marco, al termine della Messa conclusiva della sua visita a Venezia. “Il Dio della pace illumini i cuori perché cresca in tutti la volontà di dialogo e riconciliazione”. Subito prima, il Papa aveva affidato alla Madonna “le tante situazioni di sofferenza nel mondo”: “Penso ad Haiti, dove la popolazione è disperata per il collasso del sistema sanitario, la scarsità di cibo e le violenze che spingono alla fuga. Preghiamo affinché il nuovo consiglio presidenziale di transizione, insediatesi giovedì scorso, con il rinnovato sostegno della comunità internazionale possa condurre il Paese possa raggiungere la pace e la stabilità”. “Vi porto con me nella preghiera”, il saluto ai veneziani, prima della visita in forma privata nella basilica di San Marco per venerare le reliquie del santo.
“Venezia è un tutt’uno con le acque su cui sorge, e senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere”, era stata la fotografia del Papa, nell’omelia della Messa presieduta in piazza San Marco. “Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano”, il grido d’allarme di Francesco: “i cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine”. “Portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo”, il compito affidato ai cristiani: “frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole; scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano, la grande umanità nostra, quella che ha preso Dio per camminare con noi: abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi”. “E Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune”, la consegna finale: “terra che fa fratelli”.
Prima della Messa Papa Francesco aveva incontrato gli artisti nella chiesa della Maddalena alla Giudecca: “Gli artisti sono nel mondo, ma sono chiamati ad andare oltre” ha detto loro ricordando che “oggi più che mai è urgente che sappiano distinguere chiaramente l’arte dal mercato”. “Il mercato promuove e canonizza, ma c’è sempre il rischio che vampirizzi la creatività, rubi l’innocenza e, infine, istruisca freddamente sul da farsi”. “Mi auguro con tutto il cuore che l’arte contemporanea possa aprire il nostro sguardo, aiutandoci a valorizzare adeguatamente il contributo delle donne, come coprotagoniste dell’avventura umana”, l’appello del Papa: “È vero che nessuno ha il monopolio del dolore umano. Ma ci sono una gioia e una sofferenza che si uniscono nel femminile in una forma unica e di cui dobbiamo metterci in ascolto, perché hanno qualcosa di importante da insegnarci. Penso ad artiste come Frida Khalo, Corita Kent o Louise Bourgeois e tante altre”.