Associazioni e movimenti
Convegno Caritas: Landau, “cessate il fuoco umanitario”
Intervista a monsignor Michel Landau, presidente di Caritas Europa, tra i relatori al 44° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso fino all’11 aprile a Grado
Dal 2014 ad oggi almeno 20.000 persone sono morte nel Mar Mediterraneo e i numeri aumentano giorno dopo giorno. Mentre nel mondo 108 milioni di persone sono costrette a lasciare le loro case a causa di guerre, persecuzioni, violenze, violazioni dei diritti umani. “La questione sta prendendo sempre meno spazio sui media a livello europeo, ma questo non può essere accettato e deve finire. L’Europa deve forse parlare di nuovo di una missione congiunta europea di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo”.
È l’appello lanciato da monsignor Michel Landau, presidente di Caritas Europa, durante la seconda giornata del 44° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso fino all’11 aprile a Grado, in provincia di Gorizia. Il presidente di Caritas Europa, network di 49 organizzazioni in 46 Paesi europei che interloquiscono con i responsabili politici nazionali ed europei in difesa dei poveri e vulnerabili, si è rivolto ai 600 delegati da 218 Caritas diocesane descrivendo una situazione mondiale ed europea attraversata da intensi cambiamenti dovuti a guerre, pandemie, cambiamenti climatici, migrazioni. Tutto ciò in vista delle elezioni europee che si svolgeranno l’8 e 9 giugno prossimo. Caritas Europa ha anche diffuso nei mesi scorsi un memorandum ai candidati con cinque priorità, tra cui il salario minimo per i lavoratori, la difesa del welfare, dei diritti dell’infanzia e dei migranti e rifugiati. Mentre su Gaza monsignor Landau chiede, in questa intervista al Sir, “un cessate il fuoco umanitario” che consenta di far entrare gli aiuti in sicurezza.
Ci approssimiamo alle elezioni europee, che tipo di società auspica Caritas Europa?
La chiave è mettere la dignità delle persone al centro. Non vogliamo una Europa che divide le persone e la società ma una Europa convinta delle importanti sfide che abbiamo davanti da affrontare solo insieme. Paragonati agli Stati Uniti o Cina o India ogni Paese europeo è piccolo e se vogliamo avere un futuro dobbiamo averlo insieme. Non è sempre semplice. C’è una ricchezza di tradizione e storia. Ma penso che possiamo utilizzarla come fonte per crescere insieme. Penso che abbiamo bisogno di più Europa e non meno Europa e più Caritas e non meno Caritas.
Tra le sfide per il continente europeo c’è il conflitto in Ucraina. Il Papa ha chiesto un negoziato, voi come Caritas siete impegnati sul campo in prima linea, accanto alla popolazione.
Prima di tutto abbiamo un chiaro mandato umanitario. Noi siamo accanto alle persone e questo è il grande vantaggio della rete Caritas che opera sul campo e rimane vicini alle popolazioni. Per me è stato molto toccante durante questo periodo, vedere come gli operatori delle Caritas in Ucraina spesso devono lavorare da un bunker. Come Caritas coordiniamo tutti questi sforzi per dare risposte efficienti alle persone che soffrono, questo è il primo dovere in situazione di conflitto. Supportiamo anche gli ucraini nei Paesi limitrofi e sappiamo che si sta facendo molto. Speriamo e preghiamo che ci sarà presto una pace frutto della giustizia.
Intanto a Gaza si è arrivati a oltre 30.000 morti ma l’Europa ha assunto finora una posizione piuttosto debole. Cosa chiedete?
Anche qui il nostro dovere è rimanere vicino ai sofferenti. Chiediamo che coloro che hanno bisogno di aiuto umanitario abbiamo accesso a questo tipo di sostegno. Non mancano i mezzi manca l’accesso. E noi speriamo che ci sarà accesso per rendere possibile l’aiuto. Allo stesso tempo non dobbiamo dimenticare che ci sono ancora ostaggi e devono essere liberati, senza condizioni. Speriamo che ci sarà una soluzione che venga dall’interno e non da fuori. Chiediamo un cessate il fuoco umanitario il prima possibile. Dopo l’atto di terrorismo del 7 ottobre c’è stata così tanta sofferenza. Uno dei sopravvissuti dell’Olocausto ha detto: “Non esiste sangue ebreo, sangue cristiano, sangue musulmano, solo sangue umano”. E’ importante ribadire questo concetto.
Le migrazioni continuano a sfidare l’Europa. Cosa pensa del Patto per la migrazione e dell’approccio dell’Unione europea in materia?
Da parte della Chiesa c’è abbastanza preoccupazione su questo nuovo accordo. Da un lato è importante raggiungere un accordo ma ci sono ancora molte questioni aperte. Penso si possa coniugare la cura degli esseri umani e la difesa dei confini in Europa. E’ importante andare alle radici delle cause delle migrazioni, che non sono state ancora affrontate abbastanza. Non ci sono prospettive nei Paesi da cui provengono i migranti. Il punto chiave è: chi ha bisogno di sicurezza deve trovarla. Spiace che il meccanismo di Dublino non sia cambiato, perché attualmente è disfunzionale. E la proposta di un meccanismo di solidarietà basato sul denaro e non sulla condivisione dei compiti, che invece apprezzeremmo di più. E deve essere un compito europeo porre fine alle morti nel Mediterraneo, le iniziative private delle Ong sono lodevoli ma non bastano.