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Israele e Hamas: la Via Crucis dei cristiani di Gaza

Evacuare immediatamente i quartieri Zaitun e Turkman di Gaza City per non ritrovarsi in mezzo ai combattimenti. È quanto ha intimato oggi l’Esercito israeliano ai civili che abitano ancora in queste due zone della città.

Parrocchia latina della Striscia di Gaza (foto archivio Sir)

Evacuare immediatamente i quartieri Zaitun e Turkman di Gaza City per non ritrovarsi in mezzo ai combattimenti. È quanto ha intimato l’Esercito israeliano ai civili che abitano ancora in queste due zone della città. A confermare la notizia al Sir è suor Nabila Saleh, sfollata con altri 600 fedeli cristiani nella parrocchia latina, l’unica cattolica della Striscia di Gaza, della Sacra Famiglia che si trova proprio nel quartiere Zaitun. “Da ieri Israele sta bombardando il nostro quartiere” dice al Sir la religiosa delle Suore del Rosario che a Gaza gestiscono una scuola di 1250 alunni, oggi distrutta dai raid aerei israeliani.

“Siamo di nuovo sotto le bombe e arrivano messaggi da Israele che invitano i civili ad evacuare la zona”. Non è la prima volta che l’esercito israeliano intima alla popolazione di Gaza City di lasciare la zona e ogni volta gli sfollati cristiani che vivono nel compound parrocchiale hanno deciso di restare. Impossibile, infatti, spostare gli anziani, i malati e i disabili accolti nella parrocchia e assistiti dalle suore di Madre Teresa senza mettere a repentaglio la loro incolumità. In precedenti contatti del Sir con Gaza i fedeli cristiani hanno sempre detto di voler restare in parrocchia: “Se dobbiamo morire preferiamo farlo stando il più vicino possibile a Gesù, vicino all’altare. Da qui non ce ne andiamo, questa è la nostra casa e qui rimaniamo”. E anche questa volta sarà così: “resteremo qui in parrocchia e non ci muoveremo”, conferma suor Nabila.  “La cosa che fa soffrire più di ogni altra è che nessuno fa nulla per fermare questa guerra, per dire ai due contendenti ‘adesso basta’. La comunità internazionale non ha coraggio. Intanto qui i  civili muoiono sotto le bombe, di fame e di stenti. Cosa altro vogliono dalla povera gente?”.

Via Crucis. Padre Gabriel Romanelli, parroco di Gaza, da Gerusalemme, dove si trova bloccato dal 7 ottobre proprio a causa della guerra e impossibilitato a rientrare tra i suoi parrocchiani, al Sir parla di “Via Crucis dei cristiani di Gaza e della popolazione civile che vi abita”. In continuo contatto, con il suo vicario, padre Youssef Asaad, il parroco spiega che “La situazione peggiora ogni giorno di più, ogni ora, ogni minuto che passa sale il numero dei morti”. Il bilancio di oggi, dall’avvio della guerra, è di almeno 29.195 morti e di 69.170 feriti, secondo il Ministero della salute di Hamas. Anche nella parrocchia le condizioni di vita si fanno più difficili: “In questi ultimi tempi – dichiara padre Romanelli – la cucina è stata operativa tre giorni a settimana con i fedeli che hanno cercato di reperire il cibo necessario come potevano. Per fare il pane è stata usata farina non raffinata, l’unica disponibile al momento”. Un clima che pesa sulle spalle dei 600 sfollati cristiani che da più di 4 mesi alloggiano negli ambienti della parrocchia: “sono stanchi, tristi, affranti. Non vedono futuro davanti ai loro occhi ma, nonostante ciò, si prodigano per chi ha meno di loro, per le famiglie che abitano vicino la parrocchia e che sono tante”. Venerdì scorso, racconta padre Romanelli, hanno celebrato la prima Va Crucis di questa Quaresima di guerra. Io ho cercato di collegarmi con padre Youssef per pregare insieme”.

“In ogni Stazione abbiamo pregato per le vittime di questa guerra, per la pace, per chi soffre, per chi ha perso tutto e tutti. Per tutte queste sofferenze patite Dio ci conceda la pace, la giustizia e la dignità”.

“In questa Quaresima – conclude suor Nabila – condividiamo la nostra Via Crucis con Gesù che per primo ha condiviso la sofferenza umana. Abbiamo questa fiducia in Lui, che ha in mano la storia, e chiediamo il dono della pace. Pregate con noi, per noi e per Gaza”.