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Armi europee nelle mani dell’Isis. La denuncia del Parlamento di Strasburgo: «esportazioni illegali»
La plenaria del Parlamento europeo ha approvato un documento che mette in luce l'esportazione di armamenti di vario genere in regioni del pianeta già segnate da conflitti, instabilità e povertà. L'Europa è dietro solo gli Usa come fornitore di armi. Tra gli acquirenti anche il terrorismo internazionale e Paesi in guerra. Richieste sanzioni.
Armi provenienti dalle fabbriche di alcuni Paesi dell’Unione europea sono finiti nelle mani dell’Isis, alimentando guerre e instabilità in Siria e Iraq oppure il conflitto che da anni imperversa nella penisola araba a danno soprattutto della popolazione yemenita. Da qui la richiesta, emersa mercoledì 14 novembre con una risoluzione non legislativa del Parlamento europeo, di imporre sanzioni agli Stati Ue che violano le regole comuni in materia di esportazione di armi.
Regole comuni. Riunita in plenaria a Strasburgo, l’Euroassemblea ha approvato una risoluzione (427 voti a favore, 150 contrari e 97 astensioni) che richiama l’attenzione degli Stati membri sul fatto che le armi prodotte nell’Ue e illegalmente vendute oltre i confini continentali sono impiegate in conflitti in diverse regioni del mondo. In realtà l’Ue si è data regole comuni in materia di esportazioni di armi, mediante l’unico accordo giuridicamente vincolante su scala regionale relativo ad armi convenzionali. Tali regole non vengono però rispettate, e i produttori di fucili, bombe, missili e mezzi pesanti aggirano gli insufficienti controlli statali; da qui la richiesta di procedure verso chi fornisce armi a Paesi belligeranti oppure addirittura a formazioni terroristiche.
Dati preoccupanti. La risoluzione (13 pagine) e il dibattito in emiciclo a Strasburgo hanno messo in luce i dati forniti dalla 19ma relazione annuale sulle esportazioni delle armi, secondo la quale l’Ue «è il secondo maggior fornitore di armi al mondo» (27% delle esportazioni totale di armamenti di vario genere), «dopo gli Stati Uniti (34%) e prima della Russia (22%)». Nel 2016, il 40,5% delle licenze di esportazione delle armi (per un valore di 78 miliardi) «è stato concesso a Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa». Arabia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti «rappresentano la maggior parte di tali esportazioni», per un valore di quasi 58 miliardi di euro.
Otto criteri. L’eurodeputata tedesca Sabine Lösing, relatrice del testo passato in aula, ha dichiarato che «le esportazioni di armi non stabilizzano i Paesi o le regioni straniere, né contribuiscono a creare la pace, semmai amplificano i conflitti» e «sono fondamentalmente responsabili della guerra in corso nello Yemen». La stessa Lösing ha insistito perché l’Unione attui un vero e proprio meccanismo di sanzioni. Anche perché l’Ue si è data, nel 2008, una «posizione comune» sulle esportazioni di armi (non vengono invece negate le prerogative delle produzioni belliche europee), richiamata ancora quest’anno dal Consiglio Ue, composta da otto precisi criteri che gli Stati membri devono applicare quando prendono una decisione sulla licenza di esportazione di armi da assegnare a un’azienda nazionale, per evitare che gli strumenti bellici finiscano nelle mani di «utenti finali indesiderati». La risoluzione segnala che molti Stati omettono questi controlli ed esplicitamente puntano l’indice verso Bulgaria e Romania.
Soldi spesi male. Conflitti locali e terrorismo, con vittime, ferimenti e devastazioni materiali; violazioni dei diritti umani; instabilità politiche: tutte situazioni che, in varie nazioni, spesso già segnate da violenze e povertà, sono ulteriormente alimentate dall’importazioni di armi da Stati Uniti, Russia, Europa, Cina, con esborsi di ingenti risorse finanziarie che invece potrebbero servire per investimenti economici, interventi sociali o educativi. A Strasburgo si è sottolineato il fatto che armi di provenienza europea sono state usate contro le operazioni di peacekeeping sotto bandiera dell’Ue o delle Nazioni Unite.
Nelle mani dei terroristi. Tra gli esempi sui quali si sofferma il documento approvato dagli eurodeputati figura l’Arabia Saudita: «nonostante il Paese violasse sei degli otto criteri stabiliti» dall’Ue, «quasi tutti gli Stati membri hanno dato il via libera all’esportazione di armi, compromettendo così l’intero sforzo europeo di controllo degli armamenti». Le navi da guerra esportate «hanno contribuito a rafforzare il blocco navale nello Yemen, mentre gli aerei e le bombe sono state fondamentali per la campagna aerea, causando sofferenze continue alla popolazione dello Yemen». Fanno eccezione, si specifica, Germania e Paesi Bassi, «che hanno cessato di vendere armi all’Arabia». Secondo la risoluzione, i deputati sono inoltre «sconvolti per la quantità di armi e munizioni di fabbricazione europea trovate nelle mani di Da’esh in Siria e in Iraq».
Le «ambizioni» dell’Ue. La risoluzione fra l’altro richiama, in senso positivo, «le ambizioni dell’Unione di agire come un attore globale per la pace»; ritiene che l’Ue «debba assumersi maggiore responsabilità per quanto concerne la pace e la sicurezza in Europa e nel mondo, adottando altre iniziative volte alla limitazione degli armamenti e al disarmo», e che, «in qualità di attore globale responsabile, debba fungere da guida, vale a dire assumere un ruolo attivo, sostenuta dal massimo impegno degli Stati membri, nel raggiungere una posizione comune nel campo della non proliferazione degli armamenti, del disarmo mondiale e dei controlli sui trasferimenti di armi, nonché nell’ambito del potenziamento di ricerca e sviluppo in materia di tecnologie e processi di conversione da strutture di uso militare a strutture di uso civile, e adottando misure quali agevolazioni per l’esportazione di tali beni».