Firenze
Te Deum di ringraziamento, Betori: si chiude un anno segnato dalle guerre
Le guerre e gli appelli alla pace ma anche la Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, l'alluvione a Campi Bisenzio, la crisi della ex Gkn: questi i temi affrontati dal cardinale Giuseppe Betori
Le guerre e gli appelli alla pace ma anche la Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, l’alluvione a Campi Bisenzio, la crisi della ex Gkn, i femminicidi, la denatalità: questi i temi affrontati dal cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nella Messa con il Te Deum di ringraziamento per l’anno 2023 celebrata in cattedrale. Ecco il testo dell’omelia.
Omelia
Giunti al termine dell’anno civile, ci poniamo di fronte al Signore, sorretti dalla fede che tutto il bene da lui proviene e a lui tutto è rivolto; da lui abbiamo avuto in dono ciò che ci ha resi migliori in questo anno, e grazie al suo aiuto siamo stati in grado di affrontare il male che non smette di ergersi a ostacolo sul cammino di ciascuno di noi e sulla storia dell’umanità, certi però che il male nella sua radice è stato sconfitto dall’Incarnazione del Figlio di Dio e dalla sua Pasqua di salvezza.
Questa fede ci guida nel rileggere gli eventi che hanno segnato l’anno che oggi si chiude. Essa illumina il necessario discernimento, che deve renderci più consapevoli delle nostre responsabilità e più attenti nel cooperare al disegno di Dio sulla storia. Con questa fiduciosa e grata coscienza celebriamo questa sera la lode di Dio e ci prepariamo ad accogliere la sua volontà per il tempo futuro che vorrà ancora donarci.
Proviamo a ricordare alcuni degli eventi che più ci hanno segnato nell’anno che si conclude. Il più sconvolgente è senz’altro il permanere e il moltiplicarsi degli scenari di guerra, quelli più lontani e nascosti – conflitti che da anni generano morti e distruzioni che rischiamo di dimenticare – e quelli che, in quanto a noi più vicini, avvertiamo in tutta la loro natura distruttiva di ogni idea di umanità. Lo scorso anno avevamo sperato che quel Natale fosse il primo e ultimo che uomini e donne, anziani e bambini ucraini avrebbero dovuto passare sotto l’aggressione di chi ne minaccia l’integrità territoriale e prima ancora la stessa identità di popolo. Ma è giunto un secondo Natale di lotte e di lutti, e la pace appare ancora lontana, nonostante gli appelli di cui si è fatto portavoce in particolare il nostro Papa. A noi il compito di sostenere quanti si schierano sul fronte del rispetto dei diritti dei popoli e di dare voce nella preghiera a quanti anelano alla pace.
Nel frattempo un nuovo fronte di guerra si è aperto nella terra stessa del Natale, in quella Terra Santa che tutti amiamo come terra del Signore e che, al tempo stesso, è la terra di Abramo, padre di ebrei, cristiani e musulmani. Gli atti di stragismo terrorista e le reazioni di dura repressione che coinvolgono, nell’uno e nell’altro caso, civili inermi, rischiano di cancellare ogni futuro per le relazioni tra due popoli, quello israeliano e quello palestinese, costretti dalla stessa storia a trovare una possibile forma di coabitazione, che è la sola alternativa allo sterminio dell’altro, che sarebbe invece negare le radici di fraternità attestate dalla tradizione religiosa. Il richiamo è alla saggezza dei governanti e dei popoli, alla prudenza degli stati che hanno possibilità di influire nel conflitto, consapevoli anche che proprio i cristiani possono essere fattore capace di riconnettere quanto al momento è diviso e avverso.
Non tutto nel mondo è però segnato da negatività. Anche quest’anno ha registrato gesti di fraternità, generosità nel servizio verso i più deboli, accoglienza nel rispetto dell’altro, costruzione di convivenze nella pace. Un evento in particolare voglio qui ricordare, che ha visto protagonista quel mondo giovanile troppo spesso tacciato di indifferenza e di inerzia. Mi riferisco alla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, dove una moltitudine di giovani è accorsa attorno al Papa per ascoltare parole di Vangelo e lasciarsi spronare a un impegno colmo di speranza. C’erano tra loro anche molti giovani fiorentini, una presenza numerosa e attiva che ci ha resi orgogliosi di questa Chiesa e di questa città.
Nella preghiera di questa sera non vogliamo però dimenticare anche sofferenze e interrogativi che ci hanno toccato più da vicino, come comunità fiorentina. Il primo pensiero va ancora una volta alla piccola Kata, che vogliamo continuare ad attendere, ribadendo la nostra convinzione che il suo dramma si è purtroppo radicato all’interno di quel disagio sociale – in particolare nel contesto di deboli processi di integrazione –, che è causa e al contempo effetto dell’emergenza della casa e dell’ingannevole risposta offerta dalle occupazioni. Dobbiamo impegnarci a una riconsiderazione di queste problematiche che possa tradursi in risposte concrete.
Sempre nella nostra attenzione sono poi le crisi delle imprese e le sofferenze dei lavoratori, a cominciare dalla vicenda dell’ex-GKN, per la quale in questi giorni la decisione del giudice, secondo la strada individuata dal sindacato, ha di fatto aperto un tempo ulteriore per trovare una soluzione positiva che ponga fine alla sofferenza di tante persone. Un tempo ulteriore, che non va però gettato via. Anche in questo caso ci sono responsabilità da esercitare, da parte di tutti: impresa, lavoratori, sindacati, amministratori locali e governo nazionale. Questo perché la necessaria soluzione produttiva non potrà mai essere degli uni senza o contro gli altri, ma solo insieme.
E non possiamo tacere dell’alluvione che, all’inizio di novembre, ha funestato la vita degli abitanti del nostro territorio, in specie di Campi Bisenzio, sconvolgendo famiglie e attività produttive, luoghi della socialità e anche della vita ecclesiale. Un evento tragico, che chiede una risposta di rimozione delle cause da parte di chi ha tale compito, ma che esige una ricostruzione del tessuto sociale che dia continuità alla generosa solidarietà che i giorni dell’alluvione hanno fatto emergere, mostrando come non manchino nel nostro popolo energie di bene, soprattutto tra i giovani, da motivare e promuovere.
Su questi scenari problematici, e su tanti altri, da me richiamati in tempi anche recenti – penso ad esempio al carcere, ai femminicidi, al rispetto in genere della vita, alla denatalità, all’accoglienza dei migranti, alle sacche persistenti di povertà, ecc. –, si proietta la parola di Dio che abbiamo ascoltata e che risuona per noi come parola di speranza. Quello dell’Incarnazione è un tempo giunto a pienezza, come ha ricordato l’apostolo Paolo: è «la pienezza del tempo» (Gal 4,4), in cui le ombre si dissolvono e risplende la luce, perché è il tempo illuminato dalla presenza di Gesù. La sua incarnazione è la pienezza del tempo e farci strumenti della sua presenza nel mondo è ciò che risana i tempi dalle loro contraddizioni e li apre a prospettive di pace, di riconciliazione, di bene.
Questo chiediamo al Signore per il nuovo anno.
Giuseppe card. Betori