Toscana

Turismo: Card. Betori, ha nascosto e alimentato squilibri economici

Le prime due letture bibliche proclamate in questa liturgia illuminano i due titoli di santità che definiscono la figura di San Lorenzo: il suo affidamento al Signore nella prova suprema del martirio e la sua sollecitudine per i poveri. Le parole del libro del Siracide si presentano come l’azione di grazie del saggio per aver potuto sperimentare nella propria esistenza l’aiuto di Dio, che ha permesso al credente di superare la prova. Questa attraversa la vita e assume forme diverse, descritte con immagini che alludono agli ostacoli e alle avversità che minacciano l’esistenza umana. Tra queste immagini assume particolare valore, nel contesto della festa odierna, quella del fuoco, che fu lo strumento ultimo del martirio di San Lorenzo, sulle cui labbra possono risuonare le parole di Ben Sira: «Mi hai liberato [Dio, mio salvatore,]… dal soffocamento di una fiamma avvolgente e dal fuoco» (Sir 51, 3-4). Alla nostra riflessione non deve però sfuggire che il rinvio al supplizio del fuoco si colloca all’interno di un complesso di prove che attraversano l’intera vita del credente: dalle menzogne all’emarginazione, dalle privazioni alle tribolazioni, dalla solitudine alla morte, fino alla perdita di sé nell’oscurità degli inferi. Non è difficile proiettare su questo quadro l’insieme delle circostanze che fanno ostacolo oggi alla nostra vita personale e sociale, dalle forme varie di manipolazione della parola che inquinano con le loro falsità la lettura onesta dei fatti, fino alle diverse forme con cui si fa ostacolo alla crescita positiva delle relazioni per interessi di parte e per radicato individualismo. Il saggio rilegge l’intera sua esistenza come un succedersi di prove e quindi come un terreno su cui esercitare la propria fedeltà martiriale. Ma mentre fa schietta lettura del suo cammino di vita, riconosce che in esso ha potuto sperimentare la continua misericordia, protezione, liberazione, salvezza divina: «Allora mi ricordai della tua misericordia, Signore, e dei tuoi benefici da sempre, perché tu liberi quelli che sperano in te e li salvi dalla mano dei nemici» (Sir 51,8). Parole, anche queste, che risuonano per noi oggi dalla bocca di San Lorenzo, che sa che il martirio che subisce non è la fine della sua vita, ma che in esso si farà presente il Signore che lo libererà per introdurlo nella sua gloria eterna. L’esperienza del martire diventa per noi richiamo al destino trascendente dell’esistenza umana. Il testo della lettera di san Paolo ai cristiani di Corinto, a sua volta, offrendo motivazioni alla raccolta di risorse avviata dall’apostolo a favore dei poveri della Chiesa di Gerusalemme, propone elementi di riflessione per l’impegno di carità che deve sempre animare la comunità cristiana, così come lo promuoveva san Lorenzo nella Chiesa di Roma. Tre richiami appaiono con particolare evidenza. Anzitutto quello alla generosità, con l’invito a non pensare di trattenere qualcosa per sé in vista di una qualche assicurazione individuale. Risparmiare nel dono non crea maggiore sicurezza, ma impoverisce la circolazione dei beni. La chiusura in territori invalicabili nell’illusione di difendere sé stessi è un oggettivo ostacolo alla crescita di tutti. Paolo chiede inoltre che il gesto del dono venga fatto con gioia, e non con tristezza o forzatamente. Il valore del gesto nasce meno dalla sua materialità quanto dall’intenzione, come per tutte le azioni umane. La spontaneità del gesto trova il suo corrispettivo nella ricompensa che verrà da Dio stesso, ma è anche presupposto per una tessitura di relazioni positive nei rapporti umani, nel non considerare l’altro che è nel bisogno come un concorrente che mi toglie qualcosa, ma un fratello nella condivisione. Dove la giustizia si afferma nella carità, là regna anche la pace e la comunione. Infine, il dono che Paolo chiede per i poveri è seme di condivisione da cui tutti traggono vita. Quel dono con cui sembra che ci si privi di qualcosa, produce invece una crescita di frutti per tutti, in quanto la vita offerta al fratello in difficoltà diventa a sua volta contributo di vita per l’intera comunità. Le prospettive aperte dalle prime due letture bibliche trovano poi il loro fondamento di fede nel breve brano evangelico in cui la logica del condividere i beni, del donare la vita, viene ricondotta all’atteggiamento del discepolo che colloca la propria vita nella sequela di Gesù. È Gesù l’immagine piena dell’uomo, e l’uomo trova la propria autenticità ponendosi al seguito di lui, che ci invita a scoprire il senso della vita non nel preservarla per sé stessi ma nel donarla, che ci esorta a vivere nell’offerta di sé, come egli ha fatto in obbedienza al Padre. Quanto emerso nella lettura dei testi biblici proposti dall’odierna liturgia ci aiuta a illuminare i non facili giorni che stiamo vivendo, tra speranze, seppure ancora tra molti timori, di regressione della pandemia e pesanti preoccupazioni per un presente e un futuro economicamente e quindi socialmente assai problematico. Per un verso sentiamo di poterci rallegrare per come l’emergenza sanitaria è stata affrontata con senso di responsabilità dalla grande maggioranza della popolazione, con competenza e dedizione da chi opera nel sistema sanitario, con presenza e generosità dal mondo del volontariato. Ora però dobbiamo chiederci se questo spirito di partecipazione e condivisione saremo capaci di farlo vivere anche oltre la fase dell’emergenza sanitaria, per nutrire anche quest’ulteriore fase, di emergenza economico-sociale, non meno problematica per il futuro della società. È questa la sfida che ci attende e che impone responsabilità e coerenza da parte di tutti, amministratori, imprenditori, lavoratori. La cultura della condivisione è necessaria anche sul versante economico, particolarmente nella nostra città, per la quale la pandemia ha svelato squilibri che le masse turistiche occultavano e al tempo stesso alimentavano. La città, questo quartiere di San Lorenzo hanno bisogno di trovare un loro proprio assetto umano che animi e alimenti anche il tessuto economico. Abbiamo bisogno di favorire la presenza di nuclei familiari stabilmente residenti, che creano rapporti e danno un contesto di identità civile e di umana accoglienza a chi viene tra noi da fuori. Un’economia fiorisce sulla base di relazioni sociali e non su bisogni artificiosamente indotti. È necessario un sapiente equilibrio tra vissuto familiare, attività artigianale e commerciale, promozione culturale. Importante, in tal senso, è l’annunciato interesse per ridare vita all’ex-convento di Sant’Orsola, un interesse che seguiamo con fiducia auspicando che attorno ad esso possa rifiorire l’intero quartiere nella sua identità di immagine popolare di Firenze. Sul versante della condivisione va segnalato anche il permanere di condizioni che ostacolano l’integrazione di persone giunte tra noi in forza delle migrazioni che caratterizzano i nostri tempi, con la conseguente creazione di sacche di illegalità che alimentano comprensibili disagi e preoccupazioni tra la gente. Il fenomeno migratorio, nelle sue varie forme, va governato e non subìto, per non diventare terreno di coltura di situazioni in cui si diffondono inaccettabili illegalità e violenze. E ancora ci sia permesso un richiamo alla responsabilità, soprattutto nelle fasce di popolazione giovanile, per il rispetto delle precauzioni che ancora oggi sono necessarie al fine di contenere la diffusione della pandemia, evitando comportamenti che non poche volte nelle piazze e nelle strade della nostra città ne turbano l’ordine e ne offuscano il volto di serena convivenza e di orgoglioso rispetto della sua storia. Infine, non possiamo dimenticare nelle nostre afflizioni il futuro del Libano, ferito dalla distruzione di una parte significativa della sua capitale, un paese in cui si concentrano le tante tensioni del Medio Oriente, che solo incamminandosi verso il riconoscimento reciproco dei popoli e delle religioni, nella libertà e nella giustizia, potrà trovare la strada della pace. Tutte queste preoccupazioni e questi auspici poniamo nella mani di san Lorenzo, perché se ne faccia intercessore presso il Dio della misericordia e della grazia.