Vita Chiesa
Giornata vita: Cei, “troppe le vite negate”
Il messaggio del Consiglio episcopale permanente della Cei per la 46ª Giornata nazionale per la vita, in programma il 4 febbraio 2024.
“Molte, troppe” sono le “vite negate”. Lo denuncia il Consiglio episcopale permanente della Cei nel Messaggio per la 46ª Giornata nazionale per la vita, in programma il 4 febbraio 2024 sul tema “La forza della vita ci sorprende. ‘Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?’ (Mc 8,36)”.
“Tante sono ‘le vite negate’”, osservano i presuli nel testo, datato 26 settembre e diffuso oggi. Dalla vita “del nemico – soldato, civile, donna, bambino, anziano”, che è “un ostacolo ai propri obiettivi e può, anzi deve, essere stroncata con la forza delle armi o comunque annichilita con la violenza”, a quella del migrante, che “vale poco, per cui si tollera che si perda nei mari o nei deserti o che venga violentata e sfruttata in ogni possibile forma”. Ma anche quella dei lavoratori, spesso considerata una merce, da “comprare” con “paghe insufficienti, contratti precari o in nero, e mettere a rischio in situazioni di patente insicurezza”.
“La vita delle donne viene ancora considerata proprietà dei maschi – persino dei padri, dei fidanzati e dei mariti – per cui può essere umiliata con la violenza o soffocata nel delitto”, si legge ancora nel testo, mentre “la vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata”. “La vita dei bambini, nati e non nati, viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi. In tale contesto – denuncia ancora la Cei – l’aborto, indebitamente presentato come diritto, viene sempre più banalizzato, anche mediante il ricorso a farmaci abortivi o ‘del giorno dopo’ facilmente reperibili”.
“Ciascuna vita, anche quella più segnata da limiti, ha un immenso valore ed è capace di donare qualcosa agli altri”; “nessuna vita va mai discriminata, violentata o eliminata in ragione di qualsivoglia considerazione”, prosegue il testo.
“Quante volte – osservano i vescovi – il capezzale di malati gravi diviene sorgente di consolazione per chi sta bene nel corpo, ma è disperato interiormente. Quanti poveri, semplici, piccoli, immigrati… sanno mettere il poco che hanno a servizio di chi ha più problemi di loro. Quanti disabili portano gioia nelle famiglie e nelle comunità, dove non ‘basta la salute’ per essere felici. Quante volte colui che si riteneva nemico mortale compie gesti di fratellanza e perdono. Quanto spesso il bambino non voluto fa della propria vita una benedizione per sé e per gli altri”. “La vita, ogni vita – sottolineano i presuli -, se la guardiamo con occhi limpidi e sinceri, si rivela un dono prezioso e possiede una stupefacente capacità di resilienza per fronteggiare limiti e problemi”.
“Destano grande preoccupazione gli sviluppi legislativi locali e nazionali sul tema dell’eutanasia”, afferma il Consiglio episcopale permanente della Cei. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita? (Mc 8,36). “La scienza – si legge nel testo – ha mostrato in passato l’inconsistenza di innumerevoli valutazioni discriminatorie, smascherandone la natura ideologica e le motivazioni egoistiche: chi, ad esempio, tentava di fondare scientificamente le discriminazioni razziali è rimasto senza alcuna valida ragione. Ma anche chi tenta di definire un tempo in cui la vita nel grembo materno inizi ad essere umana si trova sempre più privo di argomentazioni, dinanzi alle aumentate conoscenze sulla vita intrauterina, come ha mostrato la recente pubblicazione ‘Il miracolo della vita’, autorevolmente presentata dal Santo Padre”.
“Quando, poi, si stabilisce che qualcuno o qualcosa possieda la facoltà di decidere se e quando una vita abbia il diritto di esistere, arrogandosi per di più la potestà di porle fine o di considerarla una merce – argomentano i presuli -, risulta in seguito assai difficile individuare limiti certi, condivisi e invalicabili. Questi risultano alla fine arbitrari e meramente formali”. D’altra parte, l’interrogativo della Cei, “cos’è che rende una vita degna e un’altra no? Quali sono i criteri certi per misurare la felicità e la realizzazione di una persona? Il rischio che prevalgano considerazioni di carattere utilitaristico o funzionalistico metterebbe in guardia la retta ragione dall’assumere decisioni dirimenti in questi ambiti, come purtroppo è accaduto e accade. Da questo punto di vista, destano grande preoccupazione gli sviluppi legislativi locali e nazionali sul tema dell’eutanasia”, sostengono i vescovi mettendo in guardia dalle “crescenti possibilità che la tecnologia oggi offre di manipolare e dominare l’essere umano, e dal progressivo sbiadirsi della consapevolezza sulla intangibilità della vita”.
L’auspicio espresso dal Consiglio episcopale permanente della Cei è “Un forte appello” da parte di tutte le donne e gli uomini “all’impossibilità morale e razionale di negare il valore della vita, ogni vita”. Nel sottolineare che non siamo padroni della vita, la Cei precisa che “il rispetto della vita non va ridotto a una questione confessionale, poiché una civiltà autenticamente umana esige che si guardi ad ogni vita con rispetto e la si accolga con l’impegno a farla fiorire in tutte le sue potenzialità, intervenendo con opportuni sostegni per rimuovere ostacoli economici o sociali”.
Di qui il richiamo al discorso del Papa all’associazione Scienza & Vita, il 30 maggio 2015: “Il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili”. “La drammatica crisi demografica attuale dovrebbe costituire uno sprone a tutelare la vita nascente”, il monito dei vescovi, secondo i quali la Giornata “assume una valenza ecumenica e interreligiosa, richiamando i fedeli di ogni credo a onorare e servire Dio attraverso la custodia e la valorizzazione delle tante vite fragili che ci sono consegnate, testimoniando al mondo che ognuna di esse è un dono, degno di essere accolto e capace di offrire a propria volta grandi ricchezze di umanità e spiritualità a un mondo che ne ha sempre maggiore bisogno”.