Il film: “Kafka a Teheran”, uno spaccato di ordinaria repressione dei diritti umani
Con uno sguardo attento al vissuto quotidiano dei cittadini di ogni età e un uso creativo del contrappunto sonoro, i due registi portano avanti la grande tradizione del cinema iraniano.
L’uscita italiana di Kafka a Teheran ha coinciso con l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2023 a Narges Mohammadi, attivista iraniana impegnata in favore dei diritti umani, soprattutto delle donne nel suo paese, e per questo incarcerata da anni. Vedere questo film diventa, perciò, ancor più urgente per comprendere qual è la situazione non solo politica, ma esistenziale in cui sono costretti a vivere i cittadini sotto la dittatura teocratica che vige in Iran.
Il titolo scelto dalla nostra distribuzione esprime, infatti, quel senso di smarrimento che l’individuo può provare di fronte alle regole di un apparato di potere che si estrinseca in una burocrazia che non tiene conto delle esigenze degli individui, che annulla la personalità, che controlla, giudica, reprime. Un potere che compie tutto ciò senza apparenti violenze, ma con la gentilezza melliflua del funzionario che è solo una rotella del sistema, non ha responsabilità dirette, e risponde a sua volta a chi sta sopra di lui.
Per questo apologo sulla mancanza di libertà personale i due registi, Ali Asgari e Alireza Khatami (al primo, una volta rientrato a Teheran dopo il festival di Cannes è stato tolto il passaporto, mentre il secondo vive in Canada) hanno scelto la forma esemplare di un polittico: nove episodi di ordinaria repressione, filmati nell’opprimente 4/3 e incorniciati da due immagini emblematiche nello sguardo allargato del formato scope. In ogni frammento la macchina da presa mostra qualcuno costretto a rispondere alle domande di qualche esponente del potere: dall’ufficio anagrafe alla polizia municipale, dalla dirigenza scolastica a chi deve decidere per il rinnovo di una patente, da chi offre lavoro su condizione a chi può concedere un visto di censura per la realizzazione di un film. Immagini fisse in cui gli interpreti – straordinari per la loro naturalezza – mettono a nudo il vissuto dei personaggi rivelando un mondo dove possedere un cane o anche indossare una t-shirt con Topolino può diventare un capo d’accusa. Nove storie che commuovono noi spettatori, ma non chi le ascolta: voci senza volto che universalizzano un’autorità polimorfa, kafkiana, da incubo.
L’arco degli episodi copre quello della vita umana, dalla nascita alla vecchiaia, e mostra quella sana ostinazione a non arrendersi cui ci hanno abituato tanti personaggi dei film iraniani: una cinematografia figlia del Neorealismo italiano, umanista nel profondo, geniale nelle soluzioni narrative. In questo caso è da segnalare l’uso del sonoro: non solo le voci, ma anche i suoni e i rumori che provengono da fuori campo evocano uno spazio invisibile che si colloca tra quelle due parentesi che racchiudono i vari racconti. In apertura una veduta di Teheran mentre si passa dalla notte al giorno, con il brusio sempre più insistente man mano che la città riprende vita; in chiusura un’immagine allegorica, con l’unico movimento di macchina di tutto il film, in cui l’inquadratura, scavalcando il volto emaciato e segnato dagli anni di un vecchio dall’aria sconfortata, traduce plasticamente una profezia coranica sullo sfondo della città: «Quando la terra sarà sconquassata dal cataclisma e avrà rigettato i suoi pesi morti, si stupirà la creatura umana dicendo: “Che succede?”. In quello stesso giorno la terra esporrà la sua storia ché il tuo Signore gliela avrà rivelata. E in quel giorno gli umani avanzeranno a schiere separate per rivivere rapidamente le loro azioni. Chi avrà compiuto un po’ di bene (sia pure minimo, come una formicuzza!) lo rivedrà; chi avrà fatto del male (non importa se piccolo come un granellino di polvere) anche lo rivedrà» (sūra xcix).
KAFKA A TEHERAN (tit. intern.: Terrestrial Verses)
Regia e sceneggiatura: Ali Asgari e Alireza Khatami; fotografia (colore): Adib Sobhani; scenografia: Hamed Aslani; interpreti: Majid Salehi, Gohar Kheirandish, Arghavan Shabani, Ardeshir Kazemi; formato: 1,33:1 e 2,35:1; origine: Iran, Lussemburgo 2023; durata: 77 min.