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Preghiera per la pace: il canto dei cristiani di Gaza
Oggi è il giorno della preghiera, del digiuno e dell’astinenza per la pace in Terra Santa voluto dal patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa. La presidenza Cei ha invitato tutte le diocesi italiane ad unirsi.
Oggi è il giorno della preghiera, del digiuno e dell’astinenza per la pace in Terra Santa voluto dal patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, annunciato lo scorso 11 ottobre in una nota, a nome dell’assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa, in cui si leggeva: “Ancora una volta ci ritroviamo nel mezzo di una crisi politica e militare. Tutto sembra parlare di morte. Ma in questo momento di dolore e di sgomento, non vogliamo restare inermi. Sentiamo il bisogno di pregare, di rivolgere il nostro cuore a Dio Padre”. Da qui l’invito a tutti i fedeli della diocesi patriarcale, che si estende in Israele, Palestina, Giordania e Cipro ad aderire, oggi martedì 17 ottobre, alla Giornata. Un’esortazione raccolta subito dalla Presidenza Cei che ha rivolto analogo appello alle sue diocesi che oggi saranno in comunione con quelle del Patriarcato latino “per consegnare a Dio Padre la nostra sete di pace, di giustizia e di riconciliazione”.
Da Gaza preghiera incessante… Chi da giorni è impegnata in un’incessante preghiera per la pace è la piccola comunità cristiana della Striscia di Gaza, poco più di 1000 cristiani (dei quali un centinaio cattolici, ndr.) su 2,3 milioni di abitanti. Hanno deciso di restare e di non andare via, verso il Sud della Striscia, come intimato dall’Esercito di Israele, che starebbe preparando l’offensiva di terra. Sono tutti riuniti nella parrocchia latina della Sacra Famiglia, nel quartiere di al-Zaytoun, dove sono ospitati almeno 500 sfollati, e in quella greco-ortodossa di San Porfirio. “La notte appena trascorsa è stata piuttosto tranquilla – dichiara al Sir il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli -. Ho sentito poco fa padre Yusuf che mi ha detto che nella parrocchia stanno tutti bene. I nostri fedeli parteciperanno anche da Gaza a questa Giornata offrendo la loro sofferenza causata dalla guerra e quel poco che hanno a disposizione”. Da Betlemme, dove è bloccato a causa della guerra e ansioso di riabbracciare i suoi fedeli, padre Romanelli ha inviato un suo messaggio per questa Giornata di preghiera dove ricorda che “il digiuno, l’astinenza e la preghiera sono molto importanti perché ci donano la possibilità di elevare uniti la nostra implorazione di pace e il nostro grido contro la guerra”.
Il parroco chiede inoltre “l’apertura dei corridoi umanitari necessari per il bene delle migliaia di civili, lo stop ai bombardamenti su Gaza, la libertà per i prigionieri e le cure per le migliaia di feriti. Chiediamo con coraggio pace su Gaza, su tutta la Palestina e su Israele, che si apra uno spiraglio di speranza per tutti i nostri popoli”. “La notte è trascorsa piuttosto tranquilla. Ieri era stato diramato un avviso che avvertiva di bombardamenti israeliani qui nella zona – conferma al Sir suor Maria del Pilar -. Qui in parrocchia abbiamo sentito il frastuono delle bombe ma grazie a Dio non abbiamo avuto problemi. Tutti stanno bene e abbiamo cominciato questa giornata pregando per la pace come ci esorta il nostro patriarca, il card. Pizzaballa”.
“I fedeli – dice al Sir suor Nabila Saleh, della Congregazione delle suore del Rosario di Gerusalemme – ogni giorno si presentano in chiesa per partecipare alla Messa, recitare il Rosario, adorare il Santissimo, tutti con un’unica intenzione: la fine della violenza, la fine dei bombardamenti, la pace. Un canto continuo di pace”. Ancora ieri sera, erano le 21 circa locali, le 20 in Italia, mentre era in atto un bombardamento nella zona intorno alla parrocchia la religiosa diceva: “Stanno bombardando e stiamo andando in chiesa a pregare. Solo lì ci sentiamo al sicuro, vicino a Gesù”. Parole ripetute spesso in questi giorni di guerra.
Ed echi di guerra… Intorno alla parrocchia la guerra continua ad infuriare: Israele ha sferrato 200 attacchi nelle ultime 24 ore contro obiettivi terroristici appartenenti ad Hamas e alla Jihad islamica. Le incursioni, ha riferito l’esercito, sono partite anche da navi della Marina, che hanno colpito 250 centri di comando e depositi di munizioni di Hamas. Almeno 70 i morti, decine i feriti. L’esercito ha poi annunciato che è stato ucciso Osama Mazini, capo del Consiglio della Shura (direzione politico religiosa del movimento) di Hamas, responsabile dei prigionieri dell’organizzazione e che ha diretto attività terroristiche contro i civili israeliani. Dopo 11 ore di pausa, sono ripresi anche i lanci di razzi da Gaza verso le comunità nel sud di Israele al ridosso della Striscia. Nel frattempo si muove anche la diplomazia: il presidente Usa Biden sarà domani in Israele da Netanyahu. Allo studio un piano d’aiuti umanitari per Gaza, secondo il Segretario di Stato, Blinken. Biden andrà anche in Giordania, dove incontrerà Abu Mazen. Colloqui tra Netanyahu e Putin che è arrivato in Cina. Il presidente russo ieri ha sentito i paesi arabi e chiesto un cessate il fuoco in Medio Oriente.