Toscana
Riconsegnata la pisside a Filippo, l’«eroe» di Bagnoro
L’arcivescovo Riccardo Fontana, commosso, alla fine della Messa che chiude il convegno dedicato all’attuazione del Sinodo della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, consegna una pisside al giovane Filippo Nucci, incaricandolo di riportarla, dalla Cattedrale, all’antica pieve di Sant’Eugenia al Bagnoro.
Era stato Filippo, 15 anni, insieme al fratello Alessandro di 23 e al babbo Roberto, ad averla recuperata dal tabernacolo invaso dalle acque e dal fango lo scorso 27 luglio. In un sabato pomeriggio iniziato come tanti altri, la zona alle porte di Arezzo era stata colpita repentinamente da un fenomeno atmosferico estremo: 200 mm di acqua caduti in poche ore, un evento che capita in un arco temporale compreso tra i 50 e i 200 anni. Sì, era stata lanciata l’allerta meteo, ma nessuno si aspettava una bomba d’acqua di quel genere. Tanto che al Bagnoro, nella chiesa risalente al 1082, la più antica della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, come tutti i sabati pomeriggio, era in corso la Messa delle 17, presieduta dall’ex Vicario generale mons. Giovacchino Dallara, alla presenza di una decina di fedeli. Improvvisamente, nel corso dell’offertorio, un fiume d’acqua, scendendo dagli scalini dell’entrata, inizia a riversarsi nella chiesa.
«Usciamo subito!», è il monito di mons. Dallara. I fedeli si prendono per mano e si portano all’esterno mentre l’acqua cresce a vista d’occhio. «Mia nonna Rita – spiega Filippo – è quella che ci tiene di più alla chiesa e si è attardata a spegnere le luci, per evitare un cortocircuito. Abita a 100 metri da lì e la chiesa è come casa sua. Insieme a mia madre Cosetta e alla mia famiglia, è la custode che se ne prende cura, non si era resa conto della gravità di quanto stesse avvenendo». In quei pochi attimi l’acqua aveva già riempito la chiesa fino all’altezza della vita e l’anziana, che non sa nuotare, spinta dalla corrente, non riusciva a uscire dall’edificio. Come in un torrente in piena, il fluire delle acque le impediva di varcare la soglia. «Soltanto grazie alle persone che la tiravano per le braccia, la nonna è riuscita a salvarsi prima che fosse troppo tardi». In pochissimi minuti l’acqua e il fango sommergono tutto, fino ad arrivare a 1,82 metri di altezza.
«Il badante del parroco, don Daniele Arezzini, ha subito avvertito la mia famiglia – continua Filippo -. Noi abitiamo a qualche chilometro, nella frazione di San Fabiano, e mentre ci dirigevamo al Bagnoro non immaginavamo quello che poi ci siamo trovati di fronte. Il Vescovo, giunto intanto sul luogo, ci ha spiegato della necessità di recuperare le ostie consacrate, ancora custodite nel tabernacolo. Era pronto a tuffarsi, ma gli abbiamo detto di non preoccuparsi, che ci avremmo pensato noi». Senza perdere tempo, Filippo insieme al fratello e al babbo si tuffano nella melma. Mentre i tre uomini di famiglia si avventurano nella chiesa, la mamma Cosetta assiste alla scena con il cuore in gola. «La mamma era contraria, preferiva che io rimanessi con lei, però ci sono andato lo stesso – aggiunge Filippo -. In quel momento eravamo in pochi e non c’erano altre persone adatte: se non l’avessi fatto io non lo avrebbe fatto nessuno. Ci facevamo luce con il telefonino e ci aiutavamo l’un l’altro per evitare di colpire le panche o altri oggetti. Il livello dell’acqua era leggermente sceso e il tabernacolo non era più completamente sommerso, anche se era pieno di fanghiglia. Abbiamo recuperato il Santissimo custodito in una pisside e le ostie per i celiaci che si erano spappolate, riportandole così all’Arcivescovo. Ci ha abbracciato calorosamente commosso e grato per quanto avevamo fatto».
Così giovedì scorso la «riconsegna» della pisside a Filippo. Un gesto di riconoscenza, ma anche di responsabilità e speranza a simboleggiare una sorta di passaggio di testimone tra generazioni e come i giovani siano pronti a fare la loro parte.