Toscana

Immigrazione, delegati Caritas da tutta Italia a Firenze guardando al modello toscano di accoglienza

«Sono grato di aver scelto Firenze e la Toscana come sede del Coordinamento nazionale Immigrazione. La nostra è un esperienza di accoglienza, non è un modello, anche noi abbiamo i nostri difetti. Però la storia della Toscana è sempre stata quella di opporsi ai grandi centri preferendo un modello di accoglienza diffusa. Certo richiede una maggiore preparazione, più impegno dal punto di vista della formazione, però col passare del tempo ci siamo resi conto che questo modello facilita la convivenza, evitando così i casi drammatici legati a conflitti tra etnie diverse, costrette a vivere insieme ad altre 400-500 persone». E’ quanto affermato da Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, nell’intervento di apertura al «Coordinamento nazionale immigrazione» (CNI) di Caritas italiana, l’appuntamento annuale riservato agli operatori, ai volontari e a tutte le persone che quotidianamente si occupano dell’accompagnamento migranti e dell’accoglienza all’interno della rete Caritas, da oggi al 24 febbraio, a Firenze.

Quattro i focus tematici della tre giorni: «Verso la buona accoglienza», di cui si è parlato oggi; «Tratta e grave sfruttamento-Fenomeno e politiche» e «Media e immigrazione», in programma per la giornata di domani; e «Progetti nazionali», che concluderà il CNI. Oltre 150 le delegazioni da tutta Italia.

Obiettivo del Coordinamento, quello di fare il punto sulla questione immigrazione, di condividere alcune tematiche in coerenza con la situazione normativa vigente sul fenomeno migratorio, e di verificarle alla luce del lavoro svolto dalle Caritas diocesane italiane. Un momento anche di discussione su come continuare ad intervenire al meglio a fianco delle istituzioni.

Il presidente Rossi si è poi espresso in merito al problema della clandestinità. «Sono 450 mila i clandestini in Italia, un numero destinato ad aumentare perché non tutti riusciranno ad ottenere il diritto d’asilo. Tra l’altro nel nostro Paese non esistono ormai da anni neppure più i visti di ingresso a fini lavorativi che in altri tempi sono stati 30 mila, 40 mila. Ecco io preferirei che questi 450 mila diventassero anziché invisibili, visibili. Con strade che in qualche modo consentono l’inserimento e quindi l’uscita da questo stato di ombra, da cui pesca la criminalità, il lavoro nero. Questo garantirebbe anche un maggiore sicurezza». «Io – ha concluso Rossi – sono però sereno, perché sono profondamente convinto che il nostro Paese abbia tutte le strutture civiche e l’associazionismo affinché l’accoglienza e la solidarietà si combinino con l’interesse del Paese».

Alessandro Martini, direttore della Caritas diocesana, commenta così la scelta di Firenze come sede del «Coordinamento nazionale immigrazione», che da diversi anni si tiene regolarmente a Roma: «Come Caritas fiorentina siamo molto contenti che questo incontro nazionale si svolga nella nostra città perché è un modo per condividere direttamente con i nostri amici e fratelli delle Caritas di tutta Italia la nostra esperienza». «La Caritas di Firenze – dichiara Martini – è da sempre molto impegnata sul tema dell’immigrazione. Da quasi vent’anni è inserita nei progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che, rispetto a pochi anni fa, oggi coinvolgono un numero maggiore di persone. Ma non solo. Ogni giorno, grazie ai suoi operatori e volontari, la Caritas diocesana è in prima linea nell’accoglienza quotidiana, tramite numerosi progetti mirati anche a facilitare l’inserimento dei migranti all’interno del tessuto sociale. Molti svolgono servizi all’interno della rete Caritas e in collaborazione con altri soggetti del volontariato partecipano alla raccolta del Banco alimentare, agli orti sociali e ad altre attività. Inoltre –aggiunge Martini – siamo inseriti nelle convenzioni con la Prefettura di Firenze per quanto riguarda l’accoglienza dei migranti appena arrivati in Italia, attraverso i CAS (Case di accoglienza straordinaria) come Villa Pepi, dove gli ospiti vengono assistiti nello svolgimento delle pratiche per la richiesta di asilo; a livello socio-psicologico, linguistico-culturale; e anche da un punto di vista sanitario».

Il direttore della Caritas di Firenze ha poi parlato delle difficoltà della gestione dell’accoglienza: «La prima sfida è quella culturale, dove per «cultura» si intende quella che incide sulla vita, sulla mentalità, sulla politica. Molti dei problemi sono infatti legati alla non conoscenza e alla non volontà di conoscere. Dovrebbe essere nel dna della nostra esperienza cristiana, ancor prima di quella Caritas, quella di accogliere l’altro, di conoscere l’altro. Dobbiamo prenderci cura, nella fatica di ogni giorno, dei nostri fratelli. Perché paradossalmente non è importante dare semplicemente un letto o un pasto caldo ma è importante capire che davanti abbiamo delle persone come noi». Ricordando il cinquantesimo anniversario in cui Don Milani ci ha lasciato, Martini in conclusione ha ricordato l’importanza di abbattere i muri: «Dobbiamo ripensare alla Patria come un luogo senza confini, senza muri, dove ognuno è cittadino del mondo».

Anche Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas italiana, ha sottolineato nel suo intervento l’esigenza di «fare una politica dell’integrazione»: «Solamente la condivisione di alcuni processi potrà portare a non fare dei passi falsi. Dei passi falsi come sono stati fatti in questi anni e di cui chiaramente, non ne abbiamo più bisogno».