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A Berlino nasce il «governo dei responsabili». Meno austerità e forte impronta europea
Democristiani e socialdemocratici tedeschi scelgono la linea pragmatica per assicurare un governo al Paese, salutato con favore a Bruxelles e in diverse capitali del vecchio continente. Nell'accordo sottoscritto da Angela Merkel e Martin Schulz figurano i temi che interessano concretamente i cittadini: dal lavoro alle pensioni, dai servizi per la famiglia alla scuola, fino a salute, imprese ed energie pulite. Scongiurato un ritorno alle urne che avrebbe premiato le forze estremiste.
Ancora una volta si impone il solido pragmatismo tedesco e, a oltre quattro mesi dalle elezioni del settembre 2017, Berlino si avvia verso una nuova «Grande coalizione». Verificata l’impossibilità di formare un esecutivo con verdi e liberali (la cosiddetta «coalizione Giamaica»), i democristiani di Angela Merkel tornano all’accordo con i socialdemocratici guidati da Martin Schulz. La cancelliera – al quarto mandato consecutivo in un’epoca di capovolgimenti politici – ha parlato di «compromessi dolorosi» per arrivare al sodo, eppure non si è arresa: ora la Grosse Koalition sarà sottoposta a un referendum fra gli iscritti alla Spd e all’approvazione dei congressi di Cdu e Csu. Occorreranno ancora delle settimane, ma la partita sembra chiusa.
La Gro-Ko vedrà la Merkel alla guida del governo, lo stesso Schulz agli esteri, il socialdemocratico Olaf Scholz alle finanze (fino a ieri regno incontrastato del «falco dell’austerità» Schauble).
Il leader bavarese della Csu Horst Seehofer guiderà il ministero degli interni con una probabile stretta sul versante immigrazione.
Angela Merkel ha commentato: «Sono stati giorni di intensi negoziati, grazie ai quali siamo riusciti ad arrivare a un accordo. Anche se a volte è stato abbastanza difficile per noi così come per i nostri partner». Martin Schulz alza lo sguardo al continente: «Saremo portatori di un risveglio per l’Europa e di una nuova dinamica per la Germania. E saremo in grado di rafforzare la coesione in una società europea il cui rischio maggiore è la disintegrazione».
Sono almeno tre le caratteristiche di questo accordo, che i tedeschi, e gran parte dell’Europa, attendevano con impazienza. Si tratta anzitutto di un «governo dei responsabili»: sotto le pressioni dei populisti di destra e antieuropeisti di Alternative für Deutschland, e registrato il diniego di verdi e liberali, Merkel ha alzato il telefono e ha convinto Schulz a tornare in gioco, dopo che, incassata la batosta elettorale, la Spd si era autoesiliata. La Germania è il più grande e popoloso Paese del continente, la prima economia d’Europa e tra le prime al mondo: è sempre stata, da Adenauer in poi, simbolo di solidità socio-economica e di stabilità politica (i due elementi in un rapporto di causa-effetto).
Da qui la convergenza pressoché obbligata, e appunto responsabile, dei due maggiori partiti del Paese, portatori, ciascuno a suo modo, degli interessi e delle attese dei tedeschi.
In secondo luogo la Gro-Ko sarà un «governo di programma», più ancora che in passato: 167 pagine di impegni e progetti parlano da sé. Una lista puntuale, dettagliata (forse con qualche eccesso di meticolosità teutonica), che lascia intravvedere un minor ricorso all’austerità e qualche apertura sul piano sociale. Il bilanciamento interno al consiglio dei ministri dirà se a prevalere sarà la linea Cdu/Csu oppure quella della Spd. Ma la garanzia della linea di governo sta proprio nei capitoli da realizzare, che in Germania corrispondono a impegni assunti sul serio, ben altro dagli slogan elettorali o dalle promesse vane e irrealizzabili che circolano in altri Paesi.
E nel programma figura, in sostanza, tutto ciò che interessa i cittadini, prima che i politici: lavoro, imprese, commerci, sanità, pensioni, scuole, ricerca, famiglia e natalità, sicurezza contro il terrorismo, accoglienza dei migranti e loro integrazione, energia e ambiente, cooperazione estera.
Non di meno, a Berlino sta per nascere un «governo per l’Europa». Sulla scia della propensione comunitaria dimostrata dal vicino di casa francese Macron, la grande e forte Germania non teme di ricorrere a un vocabolario apertamente europeista. In barba ai nazionalismi che attraversano il continente, al Brexit e all’isolazionismo britannico, ai muri – politici ma non solo – che rinascono nell’Europa centro-orientale. La globalizzazione richiedere di fare squadra, e la Merkel come Schulz lo hanno affermato mille volte; le minacce del terrorismo, le instabilità mediorientali e africane, le derive muscolari di Erdogan e Putin, il neoprotezionsimo incarnato da Trump, invocano un’Europa unita e determinata a difendere i propri cittadini.
Su questa base il programma della Grosse Koalition dimostra una forte impronta a dodici stelle.
Il commento rilasciato dal Pierre Moscovici, commissario agli affari economici e monetari, alla notizia del patto Merkel-Schulz, è stato eloquente: «La presenza a Berlino di un governo stabile, solido, ambizioso ed europeista permetterà di prendere decisioni fondamentali per la futura coesione europea». Bruxelles sperava in una ritrovata Germania protagonista, così come ha esultato per la vittoria di Macron. E come si augura per l’esito delle elezioni in Italia.