Toscana
Gli scout a Firenze, settant’anni dalla «rinascita»
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La parola «scout» in Italia non fa più sorridere come una volta, al contrario fa quasi tendenza e il suo fondatore Lord Robert Baden Powell of Gilwell non è più uno sconosciuto britannico, né un pericoloso anglicano antipapista. Non era così negli anni venti e negli anni del secondo dopoguerra del secolo XX.
In Italia come a Firenze furono gli anni tristi che furono, leggi razziali e guerra compresa, con tutte le relative distruzioni, materiali e morali. Nel 1943, a Firenze i vecchi esploratori dell’ASCI ritrovarono a San Paolino da padre Mangani sull’onda delle buone notizie romane che davano lo scautismo pronto a ripartire, ma l’entusiasmo passò subito e si dovette tornare alla clandestinità. Infine Roma fu liberata e ad agosto/settembre 1944 anche Firenze era libera; libera ma come sappiamo in macerie. Nondimeno non ci si perse d’animo e in pochi mesi furono spedite alla sede del Comitato centrale dell’ASCI risorta a Roma, ben 43 domande di registrazione di altrettanti «Reparti» dei quali 25 furono registrati nell’Associazione nella seduta del Commissariato Centrale del 22 marzo 1945 e gli altri tranne uno entro l’anno stesso.
La nuova ASCI post bellica rinasce con la Repubblica Italiana, i nuovi partiti politici e il voto alle donne. Nel 1943 a Roma era nata l’AGI, Associazione Guide Italiane. A Firenze operano da subito due reparti AGI, uno guidato Maria Luisa (Bisa) Agnorelli a San Marco Vecchio in Via Faentina e l’altro dalla principessa Beatrice (Bice) Corsini in palazzo Corsini a Porta al Prato. Rinascono anche il CNGEI e l’UNGEI, le due associazioni laiche maschile e femminile. Le quattro associazioni si federano tra loro a due a due e sono accolte nei due organismi mondiali del Movimento Scout e del Movimento Guide. Una delegazione fiorentina partecipa al Jamboree di Moisson in Francia nel 1947.
Il clima che si respira ora nella Chiesa di Firenze è quello del mai dimenticato arcivescovo e cardinale Elia Dalla Costa che assunto il governo della Diocesi nel 1934 l’aveva guidata con mano ferma e coraggiosa, talvolta intrepida, come è noto, attraverso i tempi bui del fascismo e della guerra, e ora l’accompagnava con altrettanta fermezza evangelica nella ricostruzione morale e religiosa con una nuova generazione di preti formati nel vivace seminario diocesano.
Per quanto riguarda l’ASCI e i suoi promotori, parroci specialmente, i primi entusiasmi si ridimensionarono subito quando l’associazione si definì col suo Statuto autonoma dall’Azione Cattolica di Gedda. Era accaduto a Roma che dopo l’iniziale accordo del marzo 1943 per un’associazione «aderente» all’AC fosse seguito, auspice mons. Montini, lo Statuto dell’ASCI che la definiva «opera coordinata» sì, ma autonoma. L’autonomia dichiarata e soprattutto praticata non fu certo ben vista, e in aggiunta in luogo dell’improvvisazione si esigevano competenza di metodo con capi formati e disciplina organizzativa.
Il vento Conciliare che spirava forte ovunque, qui a Firenze era appena uno spiffero e l’ASCI ne risentì anche nei risvolti associativi e tra i gruppi, che parteciparono con poco entusiasmo al clima di apertura associativo al mondo dei giovani e al rinnovamento ecclesiale in atto. Lo sforzo intrapreso dal Commissario Regionale Giulio Giusti, capo esperto e lungimirante, per lanciare l’associazione maschile e quella femminile verso le «nuove frontiere» che si annunciavano prossime per essere «preparati» per le sfide ormai all’orizzonte, non ebbe successo. Addirittura le sue iniziative furono viste con sospetto tanto che fu sostituito, cogliendo l’occasione del suo necessario ricambio dopo un servizio ininterrotto dal 1950, con capi più «prudenti».
Non tutti i gruppi tuttavia vivacchiavano. Per esempio il Firenze 9 di Piazza Savonarola produsse ottimi capi di branca lupetti di livello nazionale e internazionale che «lasciarono una traccia». Il Firenze 4 di San Frediano Pignone produsse ottimi capi di branca rover sotto la guida del gesuita Vanni Desideri, il Firenze 5 andò in missione nel villaggio INA-Casa all’Isolotto con Ireneo Martini e vi fondò un reparto di esploratori (col successivo arrivo di Fulvio Janovitz ci saranno anche i lupetti e i rovers, che saranno lievito e sale in quella parrocchia «sui generis»).
Gli altri gruppi cittadini, il Firenze 16 MT operava all’istituto Gualandi, il Firenze 19 se ne stava un po’ appartato nella sua Rifredi, il Firenze 21 operava coi Salesiani e il Firenze 26 osservava snobisticamente gli altri dall’alto del Collegio La Querce. Questi negli anni sessanta essendo i sette gruppi dell’ASCI rimasti in città della trentina iniziali.
E venne l’alluvione. Così come l’acqua melmosa e maleodorante che irruppe quella mattina del 4 novembre 1966 per ogni dove devastando la città, così anche, alla fine, essa fece alla città tutta un gran ripulisti, materiale e morale. Niente fu come prima. Neanche per i suoi scouts e le sue guide.
Tutto quello che era stato tenuto fermo dal 1960 nel mondo scout e non solo si mise in moto tutto insieme: apertura al mondo, rinnovamento ecclesiale, coeducazione, scuola, obiezione di coscienza. In quel decennio così denso del dopo Concilio Vaticano II e della guerra nel Vietnam, le guide dell’AGI colsero l’occasione per accelerare il processo di rinnovamento associativo e metodologico arricchendolo di «movimento e di idee» con la capo Agnese Tassinario prima a Firenze, poi in Toscana, infine a Roma con don Rosselli, già esploratore del Firenze 5, guida saggia e prudente, vero Assistente ecclesiastico; lo fecero anche a Firenze con coraggio e in piena autonomia.
Non altrimenti gli scouts dell’ASCI fiorentina e toscana: neanche l’approvazione esplicita di Paolo VI del 1971 e il costante incoraggiamento verso l’unificazione coeducativa delle due associazioni cattoliche valse a cambiare l’orientamento dei capi fiorentini dell’ASCI.
Infine venne l’unificazione e il 4 maggio 1974, quaranta anni fa, nacque l’AGESCI. A Firenze i gruppi si adeguarono al nuovo tranne il povero Firenze 2 dell’Isolotto, che pure l’avrebbe fatto e con grande gioia, ma che in quell’anno era ridotto al lumicino, colpito a morte dal «caso» arcinoto e dagli eventi successivi ed era già un miracolo se era ancora vivo. Ironia della sorte, proprio il Firenze 2 che aveva visto così lontano e condotto coraggiose sperimentazioni, sia col suo clan che col suo reparto, vedeva ora passare altri baldanzosi verso il nuovo.
Qui finisce la storia e incomincia la cronaca; ad altri il compito di scriverla.
Le richieste di iscrizioni sono tantissime, ben superiori alle possibilità di assorbimento da parte dei gruppi: quello che rende spesso difficile accogliere tutte le domande è il numero degli educatori adulti. Le difficoltà si stanno via via sempre più accentuando a causa della precarietà del lavoro e della mobilità degli studi, che portano i giovani sempre più spesso lontano da casa per studio e lavoro, rendendo più difficile formare educatori che assicurino la continuità nel loro servizio in Associazione. Fortunatamente, sono anche sempre di più i ragazzi che arrivano a Firenze da fuori e che entrano a far parte dei gruppi.
«Nonostante le difficoltà – afferma Giovanni Cresci, uno dei responsabili Agesci della zona Firenze Ovest – penso che lo scoutismo sia tuttora un’occasione unica per i giovani di sperimentare la vita in comunità, l’assunzione di responsabilità, il servizio agli altri e una proposta che ha per obiettivo l’educare alla scelta piena e consapevole piuttosto che all’accettazione passiva di un modello».
A Firenze è presente anche un gruppo afferente all’Associazione Scout d’Europa, che però non afferisce alla Federazione Italiana dello Scoutismo, e i 5 gruppi non cattolici del CNGEI, che partecipano all’organizzazione delle celebrazioni del settantesimo.