Toscana
Consiglio regionale: Piano paesaggistico, unanimità in commissione
All’unanimità la commissione regionale Territorio ed ambiente, presieduta da Gianfranco Venturi (Pd), ha licenziato l’integrazione al Piano di indirizzo territoriale, con valenza di piano paesaggistico, che disegna una cornice di regole certe per mantenere il valore del paesaggio. Non interessa, quindi, i soli beni paesaggistici, sui quali già ci sono i vincoli dello Stato, ma l’intero territorio regionale, secondo quanto previsto sia dalla Convenzione europea sul paesaggio che dal Codice nazionale dei beni culturali e del paesaggio.
Il piano non tratta dunque i soli paesaggi eccellenti e la loro conservazione, ma anche i paesaggi delle periferie, delle lottizzazioni, delle zone industriali anche degradate, dei bacini fluviali, delle aree interne in abbandono, delle colline coltivate e delle piane urbanizzate, con la finalità di definire le regole utili alla loro riqualificazione e a migliorarne la qualità anche paesaggistica.
Il Piano, portato a termine con la collaborazione sia degli enti locali che del sistema delle università toscane (rappresentate dal CIST-Centro interuniversitario di scienze del territorio), ha ricevuto a fine dicembre l’attestazione di conformità da parte del Ministero competente (MiBACT), traguardo raggiunto a oggi soltanto da due regioni italiane (la Puglia e la Toscana) fra le molte che stanno lavorando a concludere i rispettivi piani.
Ad animare il dibattito in commissione, alla presenza dell’assessore regionale all’urbanistica Anna Marson, è stata, in particolare, la disciplina delle attività estrattive nell’area di protezione esterna del Parco delle Alpi Apuane, dove non è ammessa l’apertura di nuove cave, mentre la riattivazione di quelle dismesse da non oltre venti anni e l’ampliamento di quelle esistenti sono consentite a precise condizioni: non devono determinare un incremento dei piazzali in quota, se non per opere strettamente funzionali all’apertura di nuovi ingressi in galleria, non non devono aver bisogno di opere infrastrutturali, che causino modifiche irreversibili ai luoghi, e non devono interessare fronti di escavazione a quote superiori a quelle autorizzate, salvo specifiche individuazioni nei piani attuativi. Sono comunque fatti salvi gli interventi imposti da provvedimenti delle autorità competenti per ragioni di sicurezza.
I Comuni, nell’ambito del procedimento di autorizzazione, accertano che le attività estrattive non interessino aree integre, né rinaturalizzate e non tocchino sentieri, percorsi e punti panoramici individuati nella pianificazione territoriale. Le varianti di carattere sostanziale a fini paesaggistici sono quelle inerenti l’apertura di nuovi distinti fronti di cava o nuovi ingressi per l’escavazione in sotterraneo, esterni al perimetro di cava autorizzato.
L’attività estrattiva è finalizzata all’estrazione di materiali lapidei ornamentali e può riguardare materiali per uso industriale solo se derivanti dalla produzione di materiali ornamentali. L’integrazione al Piano passa ora all’esame dell’Aula per l’adozione nella prossima seduta del Consiglio regionale.