Toscana
Cerza (Cisl): lavoro, «riforme da fare insieme per uscire dalla crisi»
Il lavoro non c’è più. Cerza che cosa è successo?
«La nostra regione non è fuori dal mondo. Anche la Toscana sta soffrendo questa crisi globale che non sta finendo. Anzi gli effetti si stanno facendo sentire proprio in questo periodo. Si intravedono alcuni bagliori di ripresa ma siamo ancora immersi nella crisi».
Ha parlato di bagliori di ripresa. La Cisl, il sindacato, ha una ricetta per rafforzare questa tendenza?
«Non ho la bacchetta magica. E ricette uniche non ci sono. Sicuramente l’Italia sta soffrendo più degli altri paesi perché manca un “sistema paese”. Sono più di venti anni che il nostro paese non ha una politica di sviluppo. E quindi ha perso speranza e futuro. A differenza degli altri paesi che hanno subito la crisi e sono ripartiti – Stati Uniti, Germania, Francia – in Italia c’è stata un’assenza di politica e quindi ci troviamo agli ultimi posti della graduatoria insieme a Grecia e Portogallo. La nostra strada è quindi ancora più in salita. E, anche se c’è una ripresa mondiale in atto, noi a causa della nostra posizione di retrovia dobbiamo impegnarci il triplo rispetto agli altri per agganciare questo movimento positivo per far ripartire il lavoro. La crisi sappiamo tutti com’è partita: è saltato un sistema mondiale basato sulla rendita e sulla speculazione e non sul lavoro. È necessario allora ribaltare queste priorità per tornare a crescere e affermare di nuovo il valore lavoro».
In Toscana sono molte le situazioni davvero critiche. La più emblematica di quest’ultimo periodo è la Lucchini di Piombino che ha spento l’altoforno, un simbolo della città, con migliaia di posti di lavoro a rischio. Anche Papa Francesco ha espresso la sua vicinanza ai lavoratori dell’impianto siderurgico…
«Papa Francesco ha aiutato tantissimo: è riuscito a portare la vertenza Lucchini a livello nazionale. L’acciaio non è proprietà di Piombino anche se si fa in questa zona dai tempi degli Etruschi. L’acciaio serve però all’Italia per far ripartire l’industria. Senza acciaio non si possono produrre auto e molte altre cose come l’industria del bianco. Piombino deve quindi avere un futuro soprattutto nell’acciaio. Il problema qui torna al paese che deve tornare ad investire sull’industria primaria. Per far ripartire Piombino servono investitore grosso che investa miliardi di euro: per favorire questo abbiamo cercato di fare un accordo con Governo nazionale, regione, istituzioni locali e sindacati. Adesso siamo arrivati al passo più importante fare in modo che un investitore arrivi davvero».