Toscana
Immigrati per studio: in 8 mila nelle università della Toscana
La Toscana è sempre al top nella classifica delle presenze di studenti stranieri in Italia. Se Lazio e Lombardia guidano indisturbati la crescita, Firenze, Pisa e Siena (con Arezzo) non perdono la loro capacità di attrazione con gli 8 mila iscritti provenienti dai cinque Continenti, che ogni anno contribuiscono a vitalizzare i nostri atenei con le loro intelligenze ed energie. Non ci sono solo rose e fiori in questa «fotografia» dell’internazionalizzazione universitaria, che – in occasione della Giornata mondiale delle Migrazioni – tracciamo con un qualificato esperto come il pedagogista Maurizio Certini, direttore-animatore del Centro internazionale studenti «Giorgio La Pira» di Firenze (via de’ Pescioni, 3 – www.centrointernazionalelapira.com). Molti sono infatti i problemi che società civile ed istituzioni devono ancora affrontare e risolvere, per meglio valorizzare queste risorse.
La crisi economica che l’Italia e l’Europa stanno vivendo ha modificato la presenza degli studenti stranieri in Toscana?
«Il fenomeno della mobilità studentesca registra nel mondo un forte incremento a partire dagli ultimi decenni. Si stima che gli studenti esteri universitari nel mondo superino il milione e mezzo. È chiaro che uno spostamento di tali proporzioni ha un peso sul piano sociologico, come su quello economico. Certi Paesi, particolarmente gli Usa e il Giappone hanno promosso vere campagne per attrarre studenti da fuori, investendo in borse di studio. L’Italia non ha fatto la stessa scelta e anche a livello comunitario resta piuttosto indietro rispetto alla media. Secondo il dato Miur, gli iscritti stranieri alle università italiane rappresentano il 3,8% sul totale, rispetto ad una media europea di 8,6%. Nonostante ciò il fenomeno in Italia continua ad essere in crescita; crescita che anche qui in Toscana è ripresa con continuità soltanto dopo il repentino calo degli anni Ottanta, cioè dopo la caduta del Muro di Berlino e con l’allargamento dell’Unione Europea».
Guardando alla provenienza, ci sono elementi di novità?
«Se andiamo indietro negli anni, vediamo un panorama sensibilmente mutato. Un tempo, volendo considerare alcuni campioni per continente, c’era una presenza sensibilissima di giovani iraniani, greci, venezuelani, giordani e nigeriani, poi radicalmente diminuiti. I nuovi flussi, in cui svettano gli albanesi, seguiti a distanza dai romeni, ci segnalano la presenza molto significativa di giovani della Cina Popolare e dopo un lungo periodo di assenza abbiamo nuovamente, rispetto all’Asia, un piccolo contingente di iraniani. Tra gli africani, la presenza più elevata è rappresentata dagli studenti del Camerun. Per l’America latina sono i peruviani il numero più elevato. Restando in Europa, i giovani greci hanno subito una diminuzione rispetto agli anni scorsi. Le ragioni che spingono un giovane a studiare all’estero, soprattutto se privo di una borsa di studio, sono molteplici e variano da un paese all’altro. Vari elementi possono influenzare la politica di un paese in materia di studenti internazionali e, naturalmente, la crisi economica interna indebolisce i flussi in uscita per motivi di studio».
Lo scenario politico mondiale è mutato molto negli ultimi venti-trent’anni….
«Lo sgretolamento dell’Unione Sovietica ha provocato una forte diminuzione di attrazione in quell’area dei giovani di paesi carenti di strutture universitarie, i cui governi erano sotto il controllo sovietico. L’evoluzione del Sudafrica ha richiamato studenti del Continente Nero. Significativi sono gli spostamenti tra paesi arabi. Se un tempo era sensibile la presenza in Italia dei venezuelani, i legami con i parenti italiani si sono nel tempo allentati e oggi essi preferiscono conseguire un master in ingegneria negli USA piuttosto che al Politecnico di Torino, ottenendo un titolo molto più spendibile in campo lavorativo per chi proviene da una potenza petrolifera come il Venezuela. La Cina si sta espandendo e la politica del figlio unico permette alle famiglie cinesi di investire moltissimo nel sostegno allo studio di un giovane…».
Quali sono i corsi di laurea più richiesti qui in Toscana?
«Svetta senza dubbio Economia e commercio, seguito da Lingue, ingegneria, architettura, medicina, giurisprudenza, scienze politiche, le facoltà più gettonate».
Soffermiamoci sull’accoglienza. Che risposta danno le Istituzioni? Sul piano del diritto allo studio, c’è parità di trattamento con gli italiani?
«La Regione Toscana attraverso l’ARDSU, ha nel tempo ampliato enormemente i servizi a sostegno degli studenti meritevoli, senza distinzione di trattamento tra giovani italiani o provenienti da altri paesi. I benefici ottenuti oggi dagli studenti esteri in grado di documentare il proprio reddito sono un supporto in molti casi essenziale, in ordine all’alloggio presso la Casa dello Studente di Firenze, Pisa o Siena, all’esonero delle tasse, alla possibilità della mensa. Ovviamente studiare molto lontano da casa e dagli affetti familiari e in una lingua diversa dalla propria non è facile; ed ancora troppo spesso lo studente estero prolunga eccessivamente il percorso universitario o non riesce a concluderlo, con conseguenze che possiamo immaginare. Ed è qui che il nostro intervento o sostegno è sovente decisivo. C’è inoltre da considerare meglio la fase successiva. In quale misura valorizziamo il giovane laureato? E come non perdere l’opportunità di una “risorsa umana” che può rappresentare un singolare ponte culturale ed economico tra la Toscana ed il Paese di provenienza? Su tale aspetto ritengo che Istituzioni, mondo dell’imprenditoria e del commercio dovrebbero riflettere con attenzione. Un giovane che si è laureato nei nostri atenei, tornando in Africa o in Sudamerica, può essere una sorta di “ambasciatore”, un punto di riferimento per le nostre città o per la regione».
Ma cosa in concreto ostacola un maggior arrivo di studenti stranieri?
«A mio avviso manca al’Italia un Piano nazionale di richiamo supportato da borse di studio, che valuti da un lato la necessità di “sprovincializzare” l’Italia offrendo a persone internazionali posti di lavoro di rilievo, dall’altro individui ed offra percorsi, opportunità di stage in aziende italiane propedeutici all’inserimento in patria, con l’auspicio di un collegamento con imprese italiane».
Le Università di Firenze, Pisa e Siena-Arezzo sanno ancora proporsi come laboratori di dialogo interculturale?
«Sebbene talvolta alcuni studenti abbiano difficoltà di relazione con altri coetanei – a motivo di chiusure, di pregiudizi o scarsa disponibilità a comprendere visioni della vita e del mondo diverse dalla propria – l’Università è sostanzialmente un luogo aperto al confronto e la presenza dei giovani stranieri offre una grande risorsa in tale senso, poiché la cultura vera è di per sé stessa interculturale».
Da 35 anni è la «vera casa dei popoli»
Le Chiese toscane, il volontariato ed alcune strutture come il Centro internazionale «Giorgio La Pira» danno un sostegno fondamentale ai giovani che vengono dall’Asia, dal Medio Oriente, dall’Africa, dal Sudamerica e dall’Est europeo. Come si concretizza questo impegno? «Nel marzo 1978 – ricorda Maurizio Certini – di fronte al disorientamento e alla solitudine vissuti da numerosi studenti esteri, la Chiesa fiorentina volle offrire a questi giovani un luogo di accoglienza, nel rispetto delle differenze culturali o religiose; un luogo aperto al dialogo, dove ci si aiutasse reciprocamente a superare momenti difficili e si trovasse insieme, come avrebbe detto più tardi Papa Giovanni Paolo II, la spinta «verso una società culturalmente più ricca, più fraterna nella sua diversità». La Diocesi e la città risposero con entusiasmo alla proposta del cardinal Giovanni Benelli, che chiese un primo aiuto a Chiara Lubich e al Movimento dei Focolari di Loppiano: varie famiglie fiorentine, ad esempio, offrirono a studenti senza alloggio ospitalità in casa propria, come fossero loro figli. Si apriva davanti ai primi operatori volontari del Centro l’umanità da amare con lo stesso cuore universale di Dio, con la sensibilità dell’uomo contemporaneo e la forza del Vangelo».
Negli anni, la struttura è cresciuta. E oggi rappresenta – come ha detto recentemente il il presidente della Cet, cardinale Giuseppe Betori – «la vera casa dei popoli». È una moderna Rete di relazioni personali, associative, istituzionali. Qui infatti hanno avuto sede le prime associazioni di studenti stranieri, divenute talvolta la base per la costituzione delle Comunità di immigrati, che in futuro è auspicabile possano sorgere – seppur in dimensione più ridotta – anche a Pisa, Siena ed Arezzo.
«Ma il significato vero – sottolinea Certini – è espresso dalla miriade di volti che si sono incontrati e si incontrano, giovani provenienti spesso da Nazioni in conflitto tra loro, che hanno reso il “Centro La Pira” un laboratorio permanente di educazione alla pace. Giovani che tornando nei loro Paesi – a volte retti da regimi dittatoriali – possono imporsi anche come vere e proprie risorse di democrazia e aspirare ad essere una futura classe dirigente».