Toscana

Toscana: aeroporti, gli ultimatum volano tra Firenze e Pisa

Il previsto adeguamento dell’aeroporto di Firenze è una questione che induce a formulare ultimatum. Ne abbiamo sentiti molti. L’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) afferma: se non si fa la nuova pista Peretola chiude. I sindaci della piana minacciano: se si approva la variante al Pit (Piano di indirizzo territoriale), cioè la nuova pista “parallela convergente” allora non si fa il termovalorizzatore. Minaccia alla quale Rossi, il presidente della Regione, replica ritenendo ingiusto procedere con i ricatti. Ora è lo stesso che avverte perentoriamente: se non si realizza la holding tra le due società che gestiscono gli aeroporti (Sat a Pisa e Adf a Firenze) niente variante, cioè niente nuova pista per l’aeroporto di Firenze.

Gli ultimatum si intersecano e diventano un bel rompicapo, ma, a ben vedere, i tre citati rappresentano altrettanti aspetti della questione aeroportuale fiorentina. E cioè: i vincoli aeroportuali rispetto ai quali l’attuale aeroporto è in deroga, i problemi ambientali e il rapporto coi comuni vicini, e infine i veti posti dai pisani. Si perché la holding, cioè la società in cui dovranno confluire le quote azionarie delle due società Sat e Adf, ha per scopo principale quello di tenere sotto controllo gli sviluppi dell’aeroporto di Firenze, una precondizione a tutela degli interessi pisani.

Pisa, a differenza di Firenze, ha saputo vedere lontano appoggiando con tutte le sue forze lo sviluppo dell’aeroporto e costruendo su questo, sulle università, i centri di ricerca, e il polo ospedaliero, i principali punti di forza del progetto di sviluppo locale. La difesa dell’aeroporto ha comportato come corollario una politica di annullamento dei tentativi di Firenze di costruirsene uno proprio in modo da assicurarsi una posizione di monopolio regionale e fare di Pisa, come si legge nella presentazione di Sat, la porta di ingresso alla Toscana. Programma di tutto rispetto che non poteva però opporsi alle leggi del mercato, secondo le quali ad una domanda si finisce per corrispondere con una offerta, per quanto insufficiente.

Di qui l’aeroporto di Firenze che poco a poco si costruisce per pezzi in una strategia voluta principalmente dagli ambienti cittadini legati al commercio e al turismo. Finché si giunge alla situazione attuale nella quale i due aeroporti coesistono e si specializzano secondo i propri vantaggi comparati: low cost e voli intercontinentali a Pisa e voli internazionali limitati all’area europea a Firenze.

La presenza di due importanti aeroporti induce la Regione a cercarne l’integrazione. Si giunge quasi a teorizzare una sorta di “Aeroporto toscano” del quale quello pisano e fiorentino non sono altro che due terminali, e si mette in evidenza il problema dei collegamenti tra i due aeroporti, quasi che fosse possibile stabilire una navetta tra i due distanti 80 km.

Nel 2008, l’allora assessore regionale Riccardo Conti iniziò a parlare di holding, rimandando quindi il tema dell’integrazione al livello societario. Un aeroporto difatti vive in quanto le compagnie aeree, che sono i primi utenti di un aeroporto, lo scelgono per le loro tratte. Gli aeroporti competono per attirare le compagnie aeree con tasse aeroportuali sempre più basse. Presentarsi uniti di fronte alle compagnie significa evitare inutile competizioni. Ed è questo che la holding avrebbe dovuto fare, dietro l’esplicito accordo di tutelare gli interessi pisani e cioè low cost e voli intercontinentali a Pisa, il resto più a meno a Firenze.

Una holding quindi che nasce sotto la supervisione della Regione unificando le partecipazioni degli enti pubblici nei due aeroporti. Ma diversa è la storia delle due società. Quella pisana, più vecchia, nasce nel 1978, dagli sforzi della componente pubblica: Regione con una solida partecipazione azionaria del 16%, Comune etc. Viceversa, quella fiorentina ha una marcata impronta privata. Occorre quindi riportare anche la società fiorentina in nel solco pubblico. Per questo la Regione deve, dopo aver venduto le sue quote nel 2003, riacquistarne ed entrare come socio. In modo da essere il catalizzatore di una maggioranza di enti pubblici anche in Adf.

L’ingresso della regione in Adf avviene attraverso l’acquisto della quota di Mps (5% circa), la banca senese nella quale il cda è controllato, in parte, dalle istituzioni locali, Comune e Provincia, e quindi è vicina alle posizioni politiche della Regione. Alla fine del 2012 la maggioranza dei privati, viene acquistata dal fondo F2i di Gamberale, nel cui cda siede appunto l’ex assessore Conti, per nomina di Mps che partecipa in F2i.

Allora l’ultimatum di Rossi può essere letto in vari modi. Subordinare la pista alla formazione della holding può avere lo scopo di mantenere il valore delle azioni al livello attuale, permettendo alla Regione di aumentare come tante volte dichiarato la propria quota, ovviamente se si troveranno dei venditori. Si inserisce inoltre nella competizione col Sindaco di Firenze: in sostanza, si ribadisce che  la nuova pista e lo sviluppo della città stanno all’interno e sotto il controllo della Regione che detterà tempi e modi per la futura gestione.

Infine può avere il sapore di un avvertimento per i nuovi arrivati. Chiaramente non può essere una minaccia per i pisani che, dalla mancata realizzazione della pista parallela hanno tutto da guadagnare. Mentre il privato azionista di Adf che vedesse bloccata la pista parallela avrebbe da perdere nel valore delle sue azioni. Quindi se Gamberale è venuto con l’idea di fare un grosso affare comperando azioni di un aeroporto che dovendosi espandere sono previste aumentare di valore, si metta anche nella idea di scendere a patti con la Sat, dato che senza questo accordo, niente nuova pista e quindi niente incremento delle azioni.

Ammesso che si vada verso la formazione della holding nella quale confluirebbero il 55% delle azioni pisane e il 45% di quelle fiorentine, quali i possibili sviluppi? In questo caso invece degli ultimatum, sembra dominare l’incertezza. Per primo l’aspetto ambientale e il rapporto coi vicini.

Tralasciando l’opposizione dei sindaci della piana, pur importante specialmente in rapporto agli equilibri interni al Pd, ci sono i cinque consiglieri Idv in Consiglio regionale (due dei quali, insieme all’assessore regionale Scaletti, sono adesso confluiti nel Centro democratico di Tabacci e Donadi) che sono cruciali per il raggiungimento della maggioranza necessaria per approvare la variante al Pit e cioè la nuova pista. Saranno disposti a votare a favore? O forse si vuole rimandare l’approvazione della variante alla nuova legislatura regionale, quando probabilmente Idv non avrà più molto peso? Certo, rimandare ancora di due anni sarebbe quasi incredibile, ma occorre ricordare che la variante è stata approvata dalla Giunta regionale circa due anni fa.

Ma ammesso che si vada avanti sulla variante e la si approvi, a quel punto, visto che si sta costruendo tutto sul dominio della componente pubblica, c’è da chiedersi chi si accollerà gli investimenti necessari. Potrebbe essere la nuova holding, cioè potrebbero essere anche i pisani che realizzano la pista parallela? Inoltre nella integrazione alla variante al Pit si dice chiaramente che il gestore dell’aeroporto si dovrà assumere tutte le spese della nuova pista sia quelle dirette, che quelle indirette, cioè lo spostamento del Fosso reale, il nuovo sottopasso dell’autostrada, le casse di laminazione etc.

Ma se il gestore è pubblico, tutte queste opere ricadranno sui soci pubblici? O forse si spera che il fondo F2i finanzi le nuove opere? Come si vede le incertezze politiche ed economiche sono molte, il cammino è irto di difficoltà. Alla fine l’accelerata al processo potrebbe venire da Enac: basterebbe che realmente l’ultimatum dell’annullamento delle deroghe venisse messo in pratica. A quel punto chi si prenderebbe la responsabilità di chiudere l’aeroporto di Firenze?

* Ricercatore Dipartimento di Architettura Università di Firenze