Toscana
Una terra più fraterna e solidale
Un un mondo attanagliato «dalla paura di un avvenire ridiventato particolarmente incerto», è ancora possibile fare del 2002 «un anno di serenità, di letizia e di pace», a patto però che i governi e gli uomini di buona volontà si impegnino a «rendere la terra più fraterna e solidale, affinché sia bello il viverci, e l’indifferenza, l’ingiustizia e l’odio non abbiano mai l’ultima parola».
È questo il senso del discorso rivolto da Giovanni Paolo II ai membri del corpo diplomatico, e nel quale sono stati molti i riferimenti alla situazione internazionale: dalla Terra Santa all’Afghanistan, dall’Argentina all’Africa, passando per la menzione di alcuni «passi in avanti sul sentiero della pacificazione tra gli uomini e i popoli» avvenuti in Paesi come la Cina, il Kosovo e l’isola di Cipro.
L’euro e la «marginalizzazione» delle religioni. Giovanni Paolo II ha cominciato il suo discorso salutando il traguardo dell’euro come «una tappa decisiva» nella storia dell’unificazione dell’Europa, e invitando il nostro continente a continuare a fare dell’allargamento dell’Unione europea «una priorità». Unica «riserva» del Papa, l’assenza di riferimenti, nel progetto di una Costituzione europea, alle «comunità dei credenti»: «la marginalizzazione delle religioni», ha sottolineato Papa Wojtyla, è «un’ingiustizia e un errore di prospettiva» e «riconoscere un fatto storico innegabile non significa affatto disconoscere l’esigenza moderna di una giusta laicità degli Stati, e dunque dell’Europa».
Per la pace in Terra Santa. In primo piano, la Terra Santa, che «è sempre, per colpa degli uomini, una terra di fuoco e di sangue»: «Gli israeliani e i palestinesi, gli uni contro gli altri ha fatto notare il Pontefice non vinceranno la guerra. Gli uni insieme con gli altri, possono vivere la pace». «Le armi e gli attentati cruenti non saranno mai strumenti adeguati per far giungere messaggi politici agli interlocutori. Neanche però la logica della legge del taglione è adatta per preparare le vie della pace». È un messaggio equidistante, quello lanciato dal Papa nella parte del discorso al corpo diplomatico dedicata alla questione Mediorientale: «Nessuno ha aggiunto può rimanere insensibile all’ingiustizia di cui il popolo palestinese è vittima da più di cinquant’anni. Nessuno può contestare il diritto del popolo israeliano a vivere nella sicurezza. Ma nessuno può dimenticare le vittime innocenti che, da una parte e dall’altra, cadono ogni giorno sotto i colpi e gli spari». In altre parole, «soltanto il rispetto dell’altro e delle sue legittimi aspirazioni, l’applicazione del diritto internazionale, l’evacuazione dei territori occupati e uno statuto internazionalmente garantito per le parti più sacre di Gerusalemme, sono in grado di avviare un processo di pacificazione in questa parte del mondo, spezzando le catene infernale dell’odio e della vendetta». Di qui l’invito, rivolto alla comunità internazionale, affinché, «attraverso mezzi pacifici e appropriati, sia messa in condizione di giovare il proprio ruolo insostituibile, essendo accettata da tutte le parti in conflitto».
Lotta al terrorismo e crisi in Argentina. La «legittima lotta contro il terrorismo», ha proseguito Giovanni Paolo II citando gli «odiosi attentati» dell’11 settembre scorso, «ha ridato la parola alle armi»: di fronte, però, alla «barbara aggressione» e ai «massacri», per il Papa «si pone non soltanto la questione della legittima difesa, ma anche quella dei mezzi più adatti a sradicare il terrorismo», tra cui «la ricerca delle cause» e delle «misure da prendere per evitare che male si aggiunga a male, violenza a violenza». «Incoraggiare il nuovo governo» di Kabul per «una pacificazione di tutto l’Afghanistan» e superare le «tensioni» tra India e Pakistan: questi alcuni «suggerimenti» del Papa a favore della pace internazionale, per costruire la quale è necessario che non «passino inosservate» situazioni come quelle dell’Africa, insanguinata da ben 17 conflitti, e dell’America Latina, alle prese con «disuguaglianze sociali, narcotraffico, fenomeni di corruzione e di violenza armata» che «rischiano di minare le basi della democrazia e gettare discredito sulla classe politica».
M.M.N.