Toscana

Se la lobby entra in Consiglio

DI SIMONE PITOSSI

A larghissima maggioranza il Consiglio regionale ha approvato la legge che disciplina la trasparenza dell’attività politica e amministrativa e i cosiddetti gruppi di pressione. Ma una voce – una sola – è uscita dal coro: i Comunisti italiani hanno infatti votato contro. «Così – ha detto il capogruppo Luciano Ghelli – scriviamo una pagina triste della vita democratica». Al Pdci ha risposto il presidente del Consiglio regionale Riccardo Nencini. «Il tentativo – ha detto – è quello di regolamentare una serie d’attività non normate, sul modello del Parlamento Europeo, che appunto prevede la partecipazione dei gruppi d’interesse organizzati ai lavori delle Commissioni. È un modo per estendere la partecipazione concreta ai lavori consiliari anche alle associazioni minori, che hanno meno rappresentanza pubblica, ma una presenza diffusa e importante nella società toscana».

Ma secondo Ghelli con questa legge la Toscana «imbocca una strada che può essere percorsa a velocità diverse, anche lentamente, come si propone il Consiglio regionale, tenendo conto dei criteri della trasparenza e della partecipazione: ma una strada comunque che ha un solo punto di arrivo: quello della “democrazia delle lobbies”, la stessa democrazia che permette a Bush di essere eletto Presidente degli Stati Uniti con i voti delle grandi compagnie petrolifere del Texas che chiedono in cambio, ad esempio, di non ratificare il protocollo di Kyoto sulle emissioni inquinanti nell’atmosfera». Il capogruppo del Pdci continua il suo ragionamento rilevando come con questa legge «si rompe con la tradizione democrazia in Toscana, una democrazia che si è organizzata storicamente nei grandi partiti politici, nelle associazioni di massa, nelle organizzazioni di volontariato». «Quello che francamente non riusciamo a comprendere – conclude Ghelli – è perché debba essere proprio la sinistra a minare le fondamenta delle sue stesse tradizioni. Questa è una pagina triste della democrazia in Toscana, le cui radici non stanno nei gruppi di pressione. Noi non dobbiamo far emergere questi interessi particolari, li dobbiamo combattere».

Da tutti gli altri componenti del Consiglio invece è arrivata soddisfazione per l’approvazione della legge. «Vogliamo favorire una partecipazione sempre più ampia» ha detto Cecchetti (Ds) mentre Parrini (Per la Margherita) l’ha definita «una buona legge». Anche dall’opposizione di centrodestra sono arrivati giudizi positivi. Carrarresi (Ccd) ha evidenziato l’importanza «di aprire le stanze dei palazzi pubblici alla partecipazione della società civile» e Banchi (Cdu) si è augurato che venga recepita «la spinta alla partecipazione» confidando nei partiti «chiamati ad agire nel nome dell’interesse generale».

Con quattro articoli il Consiglio Regionale della Toscana ritiene di aver fatto la cosa giusta sulla strada della trasparenza. Fortemente voluta dal presidente Riccardo Nencini l’assemblea ha varato la legge sui «gruppi di interesse».

Ma vediamoli questi quattro articoli che secondo il Consiglio Regionale dovrebbero rendere più «europea» l’assemblea toscana. Nel primo articolo è contenuto un formale riconoscimento dei «gruppi di interesse presenti nella società toscana» nonché la loro valorizzazione da parte del Consiglio che «può recepire» le loro richieste «ove siano compatibili con gli interessi della collettività».

Per inciso: sarà interessante capire come si intende considerare i partiti politici, cioè quegli organismi oggi in fortissima crisi di identità che spesso continuano a operare forti pressioni sulle istituzioni pubbliche (esempio classico ma non esclusivo: le nomine). La legge non ne parla. L’articolo successivo affronta le modalità burocratiche per l’accreditamento dei gruppi di pressione. Entra in ballo un «apposito registro» tenuto dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio e organizzato «per settori«: per essere iscritti, i gruppi devono presentare domanda, atto costitutivo, statuto, delibera degli organi statutari. I requisiti per l’iscrizione sono così indicati: organizzazione interna «democratica», anzianità di almeno 6 mesi, forma giuridica di associazioni o fondazioni (ma anche «comitati con finalità temporanee» possono essere iscritti). I gruppi devono poi perseguire «interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico» mentre le richieste di iscrizione sono presentate entro il 31 marzo e il 31 ottobre di ogni anno. Da notare che «le categorie economiche, sociali e del terzo settore» maggiormente rappresentative «si intendono comunque accreditate», cioè non hanno necessità di presentare domanda.

Fin qui le modalità affinché i gruppi possano essere iscritti nel nuovo registro. Ma a che serve questo tipo di iscrizione? Se ne occupa l’articolo 3 per dire, innanzitutto, che tali gruppi «possono rappresentare e perseguire presso il Consiglio regionale interessi pertinenti alle loro finalità». Se si vuole capire in modo un po’ meno generico il senso, si arriva a due punti: i rappresentanti dei gruppi possono chiedere di essere «ascoltati» dalle Commissioni consiliari che svolgono la normale istruttoria su atti presentati (dalla Giunta o dai consiglieri). Oppure possono presentare proposte originali e allora esse vengono trasmesse ai gruppi politici che ovviamente sono autonomi e liberi di stabilire il da farsi. Tutto qui. Francamente non sembra una grande novità rispetto all’esistente. Già ora, infatti, accadeva questo.

C’è da aggiungere poco: i rappresentanti dei gruppi accreditati «possono accedere ai locali del Consiglio» e ai relativi uffici per «informazioni e chiarimenti di carattere tecnico». Anche qui, nella sostanza, poco di nuovo sotto il sole. L’unico aspetto davvero innovativo riguarda la possibilità di seguire («per via telematica») le sedute delle Commissioni consiliari che oggi operano a porte chiuse. Non è ancora chiaro cosa ciò significhi: la diretta tv a circuito interno? Altre forme? Per capirlo sarà necessario attendere un regolamento interno.

L’ultimo articolo riguarda il «codice di comportamento» dei lobbisti per i quali «è fatto divieto di esercitare, nei confronti dei consiglieri regionali e delle rispettive organizzazioni, forme di pressione tali da incidere sulla libertà di giudizio e di voto».

Cosa accade in caso di violazioni? L’Ufficio di Presidenza, che i consiglieri devono informare in caso di scorrettezze da parte dei lobbisti, valuta l’esistenza o meno della violazione e commina sanzioni di tre tipi: richiamo, sospensione temporanea, revoca dell’iscrizione. Siamo, cioè, nel semplice ambito di sanzioni cosiddette «reputazionali» ed è facile comprendere che sanzioni di questo tipo non sono in grado di incidere realmente sugli interessi rappresentanti.

Cosa ben diversa, per esempio, sarebbe stata la minaccia, in presenza di atti scorretti, di sospendere pratiche di eventuali finanziamenti agevolati. Invece, al massimo, si rischia la cancellazione… dal registro.

LA SCHEDALa legge approvata riguarda il Consiglio. Per quanto riguarda i suoi rapporti con la società civile, la Giunta toscana ha scelto da un pezzo il metodo della concertazione: numerosi i «tavoli» – formati anche dai rappresentanti delle categorie produttive, dei sindacati e della società civile – che siedono in modo continuo presso le sedi del governo toscano. Ciò significa che quando i provvedimenti sono licenziati dalla Giunta, normalmente si è già creato attorno a essi un sostanziale consenso o che, in ogni caso, sono già stati smussati gli angoli più acuti. Questo non può non condizionare il modo con cui l’assemblea, attraverso le Commissioni, esercita i successivi rapporti con la società civile: lo strumento tradizionale è quello delle consultazioni. La recente legge sulle lobbies non interviene in questo ormai consolidato panorama, se non per confermare quanto già disposto da Statuto e regolamenti sulla partecipazione e sulle consultazioni. C’è dunque il rischio concreto che, nonostante la buona volontà di coprire una esigenza teoricamente giusta, le nuove norme varate restino al palo delle buone intenzioni.

Fra l’altro c’è chi ha notato che proprio nello stesso giorno in cui veniva approvata la norma sulle lobbies, il Consiglio esaminava anche l’atto con i nuovi limiti di emissione per gli impianti di radiocomunicazione: materia scottante, con l’assai evidente presupposto di enormi interessi economici, che ha fortemente diviso l’assemblea per via della proposta, fatta dalla Giunta, di fissare limiti assai rigidi nel dubbio che l’elettrosmog sia nocivo per la salute umana. Non sono mancati, anche nella maggioranza, dubbi e proteste per la severità della Giunta. E non sono mancate, alla luce del sole, forti critiche da parte dei gestori di telefonia cellulare e dello stesso mondo industriale. Per non dimenticare la vicenda, su cui è aperto un importante processo penale, legata alla tangentopoli nella sanità toscana con il rinvio a giudizio di un ex vicepresidente del Consiglio Regionale che peraltro si proclama innocente.

Un altro aspetto riguarda la legge, approvata dalla Toscana all’inizio degli anni Ottanta dopo la vicenda P2, che adesso qualche consigliere e la stessa massoneria vorrebbero veder cancellata: è la norma che obbliga i titolari di cariche pubbliche a dichiarare le proprie appartenenze associative. Ciò con lo scopo non certo di criminalizzare alcuno, ma proprio per contribuire a quella stessa trasparenza che la norma sulle lobbies intende perseguire. Vicende, antiche e più recenti, che ricordano come sia importante la trasparenza fra potere politico, alta burocrazia pubblica, potere economico, società civile. I condizionamenti sono sempre alle porte e nessuno, se non si toccano le sfere penali, deve stupirsene.