Il film: “Prigione 77”, l’eredità franchista e una giovane democrazia che tarda ad affermarsi
I suoi occhi sono un libro aperto che parla di angoscia, paura, incredulità, desiderio di svegliarsi a qualunque costo da quel brutto sogno. È il 1976 e siamo in un istituto penitenziario di Barcellona, tre mesi dopo la fine del regime franchista, e il vento della democrazia tarda a soffiare all’interno delle carceri spagnole.
Prigione 77 di Alberto Rodríguez è il racconto di quegli anni attraverso una storia realmente accaduta. Manuel è stato arrestato perché accusato di essersi appropriato indebitamente di una somma di denaro, un reato che dovrebbe prevedere solo una breve detenzione. In realtà, come viene internato, è atteso da un viaggio all’inferno segnato da insopportabili torture fisiche e psicologiche. Affidandosi ad una narrazione cruda e asciutta, il regista ci restituisce l’orrore della reclusione, della brutalità disumana che non ha latitudine, come quella del recente Una notte di 12 anni di Álvaro Brechner.
Prigione 77, pur eccedendo in qualche lungaggine, è un film utile alla causa di chi si batte contro le ingiuste detenzioni. Le vere protagoniste della pellicola sono le inferriate che delimitano ogni spazio di libertà, ma anche le pareti di plexiglas che costringono guardie e ladri, carcerati e parenti, a dialogare senza alcun contatto fisico. Per restituirci il tragico senso di oppressione che domina gli ospiti della struttura, Alberto Rodríguez si affida a inquadrature caratterizzate da colori scuri, funerei, e a riprese ravvicinate, illuminate dalla fioca luce dei neon
E siccome Prigione 77 si regge sulla forza delle immagini, la colonna sonora è praticamente assente o, quantomeno, il suo volume è così basso da non accorgersi della sua presenza. La macchina da presa è costantemente impegnata ad ispezionare le celle, desiderosa di mostrarci non rifiuti della società, ma uomini consapevoli dei loro errori e desiderosi di rimettersi in gioco. Prigione 77 presenta tutti gli elementi tipici dei film carcerari come la sommossa collettiva, il cibo scadente, il conquistarsi una sigaretta di contrabbando, le autolesioni volontarie, il tentativo di fuga, le risse durante le ore d’aria. Intense e coinvolgenti sono le scene dove Manuel incontra nel parlatorio Lucia, la sorella della sua ex ragazza che, col tempo, si avvicinerà sempre di più a lui. Evitando la tentazione di cadere in facili sentimentalismi, in queste sequenze Alberto Rodríguez distoglie per alcuni istanti l’attenzione dalle battaglie politiche e sociali e si immerge in una storia d’amore caratterizzata dalla mancanza di intimità con la donna amata.
È in questo momento che gli occhi dei protagonisti si mostrano in tutta la loro potenza, strumento capace di farli accarezzare, stringere, fare l’amore. Tra i compagni di sventura di Manuel, spicca la figura di Pino, il filosofo del gruppo, mai coinvolto in prima persona nei gesti di insubordinazione verso i secondini ma estremamente più efficace come ideologo dei rivoltosi. Un uomo che in passato avrà sicuramente commesso un’infinità di errori e causato del male ad altre persone, ma per il quale è impossibile non simpatizzare. Ma allora, se lui è un galeotto, da che parte stanno il bene e la ragione? Sempre e comunque al fianco di chi persegue il rispetto dei diritti umani.
PRIGIONE 77 [Modelo 77] di Alberto Rodríguez. Con Miguel Herrán, Javier Gutiérrez, Jesús Carroza, Catalina Sopelana, Fernando Tejero, Xavi Sáez, Víctor Castilla.
Produzione: Movistar Plus+, Atípica Films; Distribuzione: Movies Inspired; Spagna, 2022
Drammatico, Thriller; Colore
Durata: 2h 5min