Suicidio assistito, è lecito per i cattolici mediare per ottenere una legge meno dannosa?
In un’intervista a un quotidiano, mons. Paglia ha recentemente dichiarato: «Personalmente non praticherei l’assistenza al suicidio, ma comprendo che una mediazione giuridica possa costituire il maggior bene comune concretamente possibile nelle condizioni in cui viviamo».Vorrei sapere, per cortesia, come si conciliano queste parole con il magistero della Chiesa. Giovanni Paolo II scriveva in Evangelium Vitae: «…le leggi che, con l’aborto e l’eutanasia, legittimano la soppressione diretta di esseri umani innocenti sono in totale e insanabile contraddizione con il diritto inviolabile alla vita proprio di tutti gli uomini (…) Nel caso quindi di una legge intrinsecamente ingiusta, come è quella che ammette l’aborto o l’eutanasia, non è mai lecito conformarsi a essa, ‘né partecipare ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, né dare ad essa il suffragio del proprio voto’» (nn. 71-73).Credo che un chiarimento da parte vostra costituirebbe un aiuto per uscire dal disorientamento in cui si trova il popolo di Dio.grazie e un cordiale salutoAlessandro Pacini
Risponde p. Maurizio Faggioni, docente di Teologia moraleLa risposta alla domanda si trova nella stessa Evangelium vitae.Una legge ingiusta è una legge che, nel suo nucleo, ferisce valori umani fondamentali fra i quali la vita è il primo. Una legge che legittima l’aborto o il suicidio assistito come fossero diritti è una legge manifestamente iniqua in quanto contraria al vero bene della persona. Secondo la morale cattolica, infatti, il criterio di valutazione di qualsiasi legge è il bene della persona e dare o darsi volontariamente la morte non può mai essere un bene.Nella nostra cultura che sta perdendo di vista i valori autentici della persona ed è scivolata, perciò, in un relativismo babelico, non è più immaginabile, purtroppo, una chiara e univoca convergenza delle coscienze intorno a valori condivisi, compreso l’ambito della vita. Il Santo Padre ha parlato più volte di una cultura dello scarto che colpisce gli esseri umani più deboli e vulnerabili come il nascituro e come il malato in condizioni critiche. Le leggi civili riflettono sempre più questa deriva dell’umano e ci si chiede quale deve essere l’atteggiamento di un parlamentare cattolico mentre si elabora o si modifica una legge sostanzialmente ingiusta.Parlando di leggi abortiste, Evangelium vitae, dopo le parole che il nostro lettore ha citato, dà indicazioni di grande saggezza. «Un particolare problema di coscienza – spiega san Giovanni Paolo II – potrebbe porsi in quei casi in cui un voto parlamentare [di un cattolico] risultasse determinante per favorire una legge più restrittiva, volta cioè a restringere il numero degli aborti autorizzati, in alternativa a una legge più permissiva già in vigore o messa al voto. Simili casi non sono rari (…) Nel caso ipotizzato, quando non fosse possibile scongiurare o abrogare completamente una legge abortista, un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione all’aborto fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo, infatti, non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta; piuttosto si attua un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli aspetti iniqui» (EV 73). Alcuni moralisti parlano, a questo proposito, di leggi imperfette sottolineando che una legge ingiusta può essere più o meno ingiusta.In questa prospettiva vanno comprese – a nostro avviso – le parole di mons. Paglia, ancorché non felicissimamente scelte, sul suicidio assistito e la necessità di una «mediazione giuridica». Emblematica la situazione italiana. Tutti ricordiamo il caso drammatico dell’aiuto al suicidio offerto nel febbraio del 2017 da Mario Cappato a Fabio Antoniani, detto dj Fabo, accompagnandolo in Svizzera a morire. Il Codice penale, con una certa forzatura, equipara l’istigazione al suicidio con l’aiuto al suicidio e si auspicava un intervento del Legislatore su questo punto. Il 25 settembre 2019, la Corte Costituzionale, in qualche modo colmando il silenzio parlamentare, ha emesso una sentenza che indica i contenuti di una legge sul suicidio assistito. Nel marzo del 2021 un testo legislativo ha ricevuto l’approvazione della Camera, ma si è arenato in Senato, travolto dalla crisi di governo del luglio 2022. Questo iter accidentato e la mancanza di una legge, non ha impedito, però, che il 17 giugno 2022 venisse attuato, nelle Marche, il suicidio assistito di Federico Carboni, noto al pubblico con lo pseudonimo di «signor Mario». L’introduzione di una legge che permette il suicidio assistito in Italia sembrerebbe, quindi, ineluttabile e un parlamentare cattolico dovrebbe valutare, con attento discernimento, l’opportunità di partecipare alla sua elaborazione e approvazione allo scopo di avere una legge il più restrittiva possibile.