Cosa significa nella Bibbia la parola «gloria»?
Chiedo quale sia il significato della parola «gloria» nei testi biblici.Carlo Gnolfi
Risponde don Filippo Belli, docente di Sacra scritturaCome facilmente si può intuire il termine «gloria» nei vari testi biblici è massicciamente presente e riveste diversi significati e sfumature. Basti tenere presente che nella Bibbia ebraica il vocabolo è presente circa 200 volte, e nel Nuovo Testamento 166 volte (senza tener conto del corrispettivo verbo glorificare, dare gloria, ecc.).Il termine ebraico che traduciamo con «gloria» è kabod, che ha come significato fondamentale quello di qualcosa di pesante, che si impone come pesante, con un valore, con un’importanza e da qui l’idea della considerazione, del rispetto, dovuto all’autorità, al potere o alla ricchezza. Chi ha potere o ricchezza ha «peso», «valore», «importanza», ovvero «gloria». La parola ebraica è poi stata tradotta in greco con il termine doxa che ha il significato generale di opinione, parere, sentimento. Ora, per i testi biblici è prevalsa però l’accezione propria del termine di «stima», «fama», «reputazione», appunto «gloria». Così anche in tutto il Nuovo Testamento.Questa considerazione e stima ovviamente è attribuita sommamente a Dio, al quale spetta in modo eminente. Egli è il Signore e se c’è qualcuno che merita onore e gloria, questi non può che essere Lui stesso. Il rapporto con Dio da parte dell’uomo è di venerazione, somma considerazione, a Lui si da gloria. Non a caso le grandi preghiere del popolo di Dio che sono i Salmi sono a gloria di Dio, secondo la proverbiale espressione «tutti i salmi finiscono in gloria». Abbiamo in questo senso ampie testimonianze nel Salterio.Ora, questa gloria che attribuiamo a Dio è possibile attribuirgliela perché Egli ha in qualche modo manifestato qualcosa di sé al mondo. La gloria di Dio è ciò che di Lui noi possiamo in qualche misura vedere e conoscere. Compiendo i suoi prodigi, manifestando le sue opere, Dio manifesta qualcosa di sé che è luminoso, splendente, appunto la sua gloria. Così tutta la creazione è «gloria» di Dio («i cieli narrano la gloria di Dio», salmo 19,1), l’uomo è gloria di Dio («la gloria di Dio è l’uomo che vive», sant’Ireneo di Lione), tutte le sue azioni sono manifestazioni della sua gloria, di quello splendore che gli è proprio e che Egli partecipa alle sue creature. Ci sono testi che addirittura personificano tale gloria di Dio, ponendola in azione: «Appena Salomone ebbe finito di pregare, cadde dal cielo il fuoco, che consumò l’olocausto e le altre vittime, mentre la gloria del Signore riempiva il tempio. I sacerdoti non potevano entrare nel tempio, perché la gloria del Signore lo riempiva. Tutti gli Israeliti videro scendere il fuoco e la gloria del Signore sul tempio» 2Cr 7,1-3. O ancora Ez 10,4: «La gloria del Signore si alzò sopra il cherubino verso la soglia del tempio e il tempio fu riempito dalla nube e il cortile fu pieno dello splendore della gloria del Signore».Proprio per questo motivo la gloria di Dio si manifesta pienamente nel suo Figlio, il Signore Gesù che è «irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza» (Eb 1,3). In Cristo noi contempliamo la gloria di Dio: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14). Egli è il «Signore della gloria» (1Cor 2,8). Nel vangelo di Giovanni, poi, la piena manifestazione della gloria di Dio è nella sua Pasqua di passione, morte e risurrezione. Nella morte salvatrice di Gesù, Dio mostra e mette in opera la sua gloria, ovvero la sua potenza di risurrezione, di vittoria sul male. Così in Gesù il Padre è glorificato e reciprocamente il Padre glorifica il Figlio: «Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1). Entrambi compiono la stessa opera di salvezza che manifesta la gloria divina.Un ultimo aspetto del significato di gloria che troviamo nei testi biblici è quello che riguarda il destino degli uomini che sono resi partecipi dei doni divini. Gesù stesso lo esprime nelle ultime sue parole: «Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria». Il cristiano quindi, proprio perché raggiunto dallo splendore della gloria di Dio in Cristo Gesù, è destinato anch’esso a partecipare alla gloria divina. Non solo, ma tutta la realtà, in quanto partecipe dell’opera di salvezza di Dio, di riconduzione a sé di ogni cosa, attende anch’essa di partecipare alla gloria di Dio in pienezza, liberata finalmente dal male: «La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,19-21).Ciò che è proprio di Dio si è in qualche misura manifestato come gloria, riverbero della sua stessa vita di pienezza. La gratitudine per questo dono fa sgorgare dalla bocca umana il canto di lode e di gloria. In Gesù accade la piena manifestazione di tale gloria e glorificazione che è il vero destino di ogni creatura, essere ricondotto alla gloria del Padre.