Toscana
Fisco, troppa pressione sulle imprese
DI ENNIO CICALI
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Tempi duri per i contribuenti: le novità in campo fiscale non sono finite, né per le famiglie, né per le imprese, né per le Regioni; la riforma Tremonti modificherà i rapporti tra fisco e cittadino già a partire da quest’anno. Alcune imposte cambieranno, qualcuna potrebbe arrivare, altre dovrebbero scomparire come l’Irap (l’imposta regionale per le attività produttive). Un’imposta importante: nel 2001, con 1,9 miliardi di euro (3700 miliardi di vecchie lire più o meno) ha rappresentato il gettito più importante per le casse regionali, pari al 67% delle entrate proprie e al 38% di quelle tributarie complessive. Per questo la Regione Toscana ha dato incarico all’Irpet (l’ente regionale per la programmazione economica) di svolgere una ricerca sul gettito derivante dall’Irap e quindi sulla pressione fiscale che attualmente ricade sulle imprese toscane allo scopo di conoscere i possibili scenari e l’impatto di nuove strategie.
Sono circa 320 mila i contribuenti che hanno corrisposto l’Irap, costituito per due terzi da persone fisiche, il 20% da società di persone e il 10 % da società di capitali. Il gettito medio per contribuente supera i 3 mila 700 euro con differenziazioni legate alla forma giuridica: contro i 20 mila 700 euro circa pagati mediamente dalle società di capitali i contributi delle ditte individuali raggiungono appena i mille euro. La distribuzione del gettito complessivo che ne deriva è perciò assai sbilanciata: il 10 per cento dei soggetti, appunto le società di capitali, versa quasi i due terzi dell’imposta totale, mentre le persone fisiche, cioè il 68% dell’universo dei contribuenti, forniscono solo un quinto del gettito complessivo.
La pressione tributaria varia secondo l’attività svolta: «per le imprese campionarie (imposte pagate-utile lordo) si aggira mediamente intorno al 50%, con una variabilità legata sia alla forma giuridica sia al settore d’attività di appartenenza». Le società di capitale sono le più colpite con una percentuale che si aggira intorno al 50%, per le attività individuali si attesta invece intorno al 25%.
Lo studio dell’Irpet, curato da Stefania Lorenzini, offre tra l’altro la «fotografia» dello stato fiscale dei vari settori imprenditoriali toscani, da cui risulta che l’industria manifatturiera, il 14% dei contribuenti, contribuisce con il quasi 37% dell’imposta (e il 25% del valore aggiunto regionale), soprattutto grazie ai settori tipicamente tradizionali come tessile e abbigliamento, concia e pelletteria, ma anche con attività relativamente più recenti come meccanica, produzione di metalli e chimica farmaceutica. Seguono il commercio e i servizi vari (16-17% ciascuno); tra questi spicca il cosiddetto «terziario avanzato», sia per consistenza numerica sia per intensità di gettito, i servizi di noleggio, informatica e le attività professionali. Infine, va ricordata l’intermediazione monetaria e finanziaria che copre una quota indicativa di gettito, pari al circa 10% del totale regionale (6% del Pil toscano).
Futuro incerto per l’Irap, introdotta per finanziare le spese dalla sanità. Con le modifiche annunciate dal governo, la Toscana assisterebbe a una drastica riduzione delle proprie entrate solo l’Irap pubblica diminuirebbe di circa 437 milioni di euro e quella privata passerebbe da 1,2 miliardi (stima 2000) a soli 382 milioni di euro. Ma si parla anche di una graduale abolizione.
Una proposta viene da Alessandro Petretto, direttore dell’Irpet: «La nuova Irap potrebbe essere pensata in modo da fare riferimento al valore aggiunto lordo per accentuare il carattere di imposta sulla produzione su cui si possono commisurare i benefici dei servizi e delle infrastrutture garantite dalla Regione alle attività produttive diffuse sul territorio».
È difficile, secondo l’assessore regionale al bilancio, Marco Montemagni, trovare un tributo con le stesse caratteristiche di manovrabilità, stabilità e collegamento alla realtà economica regionale.«L’autonomia e la libertà che reclamiamo precisa è per noi funzionale non ad un aumento delle tasse ma alla possibilità di modularle secondo le necessità e le peculiarità del territorio. Non è forse un caso che la Toscana sia una delle pochissime Regioni con il bilancio della sanità in pareggio e che non ha dovuto aumentare i propri tributi, né introdurre ticket come invece hanno fatto quasi tutte le altre».
Cosa pensano le categorie maggiormente interessate del futuro dell’imposta sulle attività produttive? «L’Irap dice il vicesegretario dell’Unioncamere Toscana Enrico Ciabatti nasce come tributo locale per distribuire risorse là dove il valore aggiunto viene prodotto. La sua applicazione, che è avvenuta nell’ambito di un più ampio intervento con soppressione di alcuni tributi e con l’introduzione di alcune agevolazioni fiscali, quali la Dit, ha aperto numerose questioni che hanno reso non sempre agevole o dubbia la sua applicazione. Si tratta comunque di un’imposta importante se si pensa che ha prodotto nel 2001 un gettito di circa 29 miliardi di euro nel paese e di circa 1,6 miliardi per la sola Toscana, ma che necessità di una revisione ad invarianza naturalmente del gettito fiscale complessivo. L’intervento in materia previsto dalla legge delega sulla materia fiscale, va in questa direzione, pur con tutte le difficoltà che una manovra di tal genere comporta. Della revisione con riduzione dell’incidenza sui conti economici delle imprese. il sistema produttivo non potrà che avere benefici».
«Comprendiamo e condividiamo i timori che derivano dalle scelte indicate per la realizzazione della riforma fiscale di cui il Governo ha chiesto la delega dice Stefano Acerbi, presidente della Confartigianato toscana . La capacità impositiva regionale dovrebbe articolarsi su imposte che siano caratterizzate da manovrabilità, stabilità e collegamento territoriale, caratteristiche che sono presenti nell’Irap, ma che non sono altrettanto presenti nella maggior parte delle altre imposte. Non abbiamo dubbi sulla flessibilità di quest’imposta e sulla sua manovrabilità che consentirebbe interventi di sollievo per talune categorie o specifici territori; l’artigianato e la piccola impresa hanno bisogno, specie in Toscana, di manovre per sviluppare flessibilità, incrementare lo sviluppo, invogliare la crescita dimensionale ed il rafforzamento strutturale, guidare l’innovazione».