Cultura & Società
Festival del Maggio: dal 16 giugno va in scena Falstaff, di Giuseppe Verdi. Sul podio Daniele Gatti
Sul podio, alla testa dell’Orchestra e del Coro del Maggio il direttore principale Daniele GattiSven-Eric Bechtolf ripresa da Stefania Grazioli.
In scena
Pistola e Bardolfo, i servi di Sir John Falstaff, sono rispettivamente interpretati da Tigran Martirossian e Oronzo d’Urso, talento dell’Accademia del Maggio.
Chiude l’ensemble vocale, come Dr.Cajus, Christian Collia, un altro dei protagonisti del The Rake’s Progress del marzo scorso.
Le scene sono di Julian Crouch, i costumi di Kevin Pollard mentre luci e video sono curati rispettivamente da Alex Brok (riprese da Valerio Tiberi) e Josh Higgason.
Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.
Prima di ogni recita sono proposte le presentazioni al pubblico degli spettacoli tenute da Katiuscia Manetta, Maddalena Bonechi e Marco Cosci: le guide si tengono nel Foyer della Sala Zubin Mehta e nel Foyer di Galleria della Sala Grande 45 minuti circa prima dell’inizio di ogni recita.
Continua inoltre il ciclo “Prima le parole, poi la musica”: giovedì 15 giugno alle ore 17.30, nel Foyer della Sala Grande, il responsabile della promozione culturale del Maggio Giovanni Vitali presenta l’opera al pubblico.
Torna dunque al Maggio l’ultimo, grande, atto lirico del repertorio di Giuseppe Verdi, Falstaff, che segna la rinnovata collaborazione fra il grande compositore e il librettista, lo scapigliato Arrigo Boito. Egli aveva già collaborato con Verdi, prima nella revisione del libretto di Simon Boccanegra e poi nella stesura della penultima opera verdiana, Otello, anch’essa nata sotto il comune amore di entrambi verso le opere di William Shakespeare.
L’amore di Giuseppe Verdi per Shakespeare era cosa nota. Lo dimostrò appunto Otello ma il compositore ammirava anche Le allegri comari di Windsor, una delle sue commedie predilette, e le due prime parti dell’ Enrico IV, dramma storico dove il personaggio di Sir John Falstaff compare per la prima volta.
Fu proprio grazie alle insistenze di Boito che il Cigno di Busseto si rimise in gioco con una “commedia lirica che non somiglia a nessun’altra” (come disse Verdi stesso) e che al suo debutto, avvenuto nel febbraio del 1893 a Milano e fu un successo strepitoso: Verdi salutava così il mondo dell’opera con un ultimo inchino e con il sorriso sornione di chi ha sperimentato tutto al massimo.
L’edizione in scena, che riprende in tutto quella applaudita sia dal pubblico che dalla critica del novembre 2021, è ancora firmata dalla regia di Sven-Eric Bechtolf, questa volta ripresa da Stefania Grazioli. Parlando dello spettacolo, Grazioli si è soffermata sul geniale nucleo che caratterizza tutta l’opera: “Trovo questa produzione un gioiello prezioso che abbiamo in casa, evocativo, poetico, divertente, nostalgico, un ingranaggio teatrale perfetto che esalta la genialità musicale verdiana e il grande talento del librettista Boito. Allestimento tradizionale, fedele in tutto e per tutto alla musica e alla drammaturgia, costumi e scene curate nel minimo dettaglio, così come la regia, che non lascia mai niente al caso, come dice lui stesso, una coreografia teatrale… movimenti, azioni, spostamenti, piccole gag che fanno sorridere e riflettono vizi e virtù del grande eroe shakespeariano”.
Concetto ribadito anche nella sua analisi da Bechtolf: “Questa è una produzione molto classica, storica ma vivace, giocosa e fantasiosa, con una scenografia molto flessibile e bellissimi costumi: una commedia, ma allo stesso tempo un’opera di grande spessore e geniale costruzione; un mondo dove princìpi e modi si scontrano costantemente fra di loro, aristocrazia con borghesia, età contro la giovinezza, realtà contro la finzione.
Proprio nel protagonista della vicenda incontriamo la maggior parte dei tratti caratteriali contrastanti: un nobile imbroglione, tenero e brutale, grossolano e colto, ubriaco e spiritoso, avido e saggio. Anche i contrasti fra uomo e donna sono evidenti, con queste ultime che non hanno più voglia di sottostare ai dettami dei primi.
Inoltre, durante la messinscena dello spettacolo mi sono reso conto che la prima immagine che ci si presenta nella mente durante un atto è realistica, mentre la seconda è molto più libera, più surreale. Ciò si traduce in un cambiamento attraente nella forma e nello stile; anche l’azione scenica è favorita rispetto alla scenografia stessa.”
A dirigere quella che è, come da lui stesso dichiarato, in assoluto una delle sue due opere preferite il direttore principale del Maggio Daniele Gatti: “Insieme a Die Meistersinger von Nürnberg di Wagner, Falstaff è una delle due opere che potrei dirigere davvero ogni giorno della mia vita. Un’opera quasi più da recitare che da cantare: una storia in musica dove i cantanti sono parte di un progetto dove l’orchestra prende un sopravvento come raramente visto nella storia del melodramma. Con Falstaff guardiamo, per assurdo, quasi più alla musicalità di Beethoven per quanto concerne la purezza e la ‘moralità’ sulla conduzione e il ritmo, talmente perfetti che sembrano un evolversi narrativo (e musicale) totalmente naturale e semplice. Nel corso dello sviluppo dell’opera l’orchestra interviene in modo costante, e non solo come semplice accompagnamento: quasi come se fosse un vero e proprio ‘membro in più’ del cast. Ogni stato d’animo dei cantanti, dall’allegria alla nostalgia, viene perfettamente messo in evidenza dall’orchestra, in misura decisamente maggiore rispetto alle opere verdiane precedenti. Falstaff è davvero un unicum, non c’è un’opera che possa aver fatto da ‘apripista’ così come non troveremo nulla di anche solo vagamente simile dopo; nessuno ha seguito questo tipo di struttura operistica o di evoluzione narrativa. Rispetto a quello che spesso si pensa, Falstaff non è un’opera comica: spesso ci troviamo in situazioni buffe, ma l’opera, da un certo punto di vista, è persino cinica.
Le parti dove noi ridiamo, a un occhio attento, sono quasi sempre quelle in realtà di maggior ‘sofferenza’ del protagonista; la comicità in questo caso nasce da una situazione tragica: quella della solitudine di Sir John Falstaff. Una solitudine che lo colpisce quando egli si sente ancora un uomo attivo, non giunto ancora al suo personale inverno; a questo si aggiunge il fatto che egli non ha un amico, solo la compagnia di Pistola e Bardolfo, che sono però capaci di vendersi al miglior offerente che passa. Egli, quando scrive le due identiche lettere a Meg Page e Alice, sta in realtà provando a sé stesso di essere una persona che piace e che al contempo, della vita, può godersi i piaceri.
La vendetta organizzata successivamente nei suoi confronti, per certi aspetti, risulta quasi sproporzionata e umiliante per lui. Anche quando Ford lo chiama, verso la fine, con il nome di “Sir Falstaff” invece di Sir John, in parte toglie valore a quello che è forse uno degli ultimi lustri del cavaliere, quel titolo di baronetto (Sir) che, accostato in modo quasi spregevole da Ford al suo cognome, gli fa perdere di valore e importanza, ‘riportandolo’ in parte con i piedi per terra, a livello di tutti e dove nessuno può fregiarsi del titolo di “Sir”.
All’interno della sua piccola comunità Sir John è un aristocratico, anche se decaduto; e la punizione è, anche, volta al fargli capire che nonostante il suo status non può affatto permettersi di fare ciò che vuole. Falstaff dà una lezione anche da questo punto di vista.”
Mentre l’allestimento scenico ricalca in tutto quello del 2021, l’ensemble corale è quasi del tutto nuovo: Michael Volle, al suo debutto operistico al Maggio, interpreta il cavaliere Sir John Falstaff e, parlando del suo personaggio e della produzione, ha sottolineato la sua felicità di tornare al Maggio in un ruolo così affascinante e particolare: “Ogni volta che interpreto il ruolo di Falstaff sono sommerso dalla bellezza non solo della musica, ma di come essa riesca perfettamente a sposarsi con il personaggio ‘dipinto’ da Shakespeare prima e Arrigo Boito poi. Lavorare in questa produzione è davvero interessante ed è un piacere tornare a collaborare, in parte, con Sven-Eric Bechtolf; inoltre, tutto l’ensemble artistico è davvero grandioso, anche perché l’opera stessa lo richiede, essendo quasi ogni suo minuto permeata da parti corali che la rendono complessa ma profondamente appagante sia da ascoltare che da interpretare. Lavorare insieme al maestro Gatti, con il quale ho interpretato più produzioni dei Die Meistersinger von Nürnberg, è stata davvero una fortuna poiché ha delle idee chiare e precise su come dev’essere strutturata l’opera, dall’orchestrazione alla pronuncia al fraseggio”.
Alice Ford, una delle ‘vittime’ delle lettere infuocate di Falstaff, è interpretata da Irina Lungu, che si è detta da subito rapita dalla forza di questa donna: “Alice è una donna brillante, scherzosa e sagace: adoro questi tratti che la rendono un ruolo del tutto unico nel panorama del melodramma italiano. Essa non è una vittima involontaria degli eventi come spesso accade ai protagonisti femminili, anzi! Ha un grande spirito di iniziativa: è infatti lei che una volta ricevute, insieme all’amica Meg Page, le due identiche lettere di Sir John Falstaff prende immediatamente l’iniziativa per vendicarsi. Inoltre, ella farà in modo che la figlia Nannetta finisca infine per sposarsi con Fenton invece che con il pedante Dottor Cajus con il quale suo marito Ford ha organizzato il matrimonio. Ella dunque non solo avrà la meglio su Falstaff ordendo lo scherzo nei suoi confronti, ma persino sul marito; insomma, riesce davvero a vincere con tutti e su tutti. Artisticamente Alice è una vera e propria miniera di soddisfazioni”.
L’altra comare che Falstaff proverà a conquistare è invece Mrs. Meg Page, interpretata da Claudia Huckle, di ritorno al Maggio dopo il concerto tenuto nel maggio del 2021 diretto da Myung-Whun Chung: “Sono felice di tornare al Maggio Musicale Fiorentino per cantare il ruolo di Meg Page nel Falstaff verdiano: una meravigliosa unione di due giganti della cultura come Verdi e Shakespeare; una vera opera d’insieme che fa affidamento su un grande lavoro corale per realizzare al meglio i momenti buffi. Meg è un ruolo deliziosamente divertente da cantare; un personaggio animato, gioioso e abbastanza trasparente. Le piace l’attenzione di Falstaff e diventa visibilmente un po’ gelosa di Alice quando Falstaff sembra favorirla. Mi piace sperimentare le sue reazioni a tutti i momenti esilaranti che accadono sul palco. La partitura di Verdi è, a mio avviso, un’opera di assoluto genio”.
Markus Werba, da pochissimo fra i protagonisti del Don Giovanni diretto da Zubin Mehta, è il gelosissimo Ford, marito di Alice e padre di Nannetta, il quale che vorrebbe vedere quest’ultima sistemata con il Dottor Cajus: “Fenton è un personaggio davvero caratteristico: il classico marito geloso che, oltre alla moglie, vorrebbe inoltre controllare anche quella che è la vita di sua figlia Nannetta, facendola sposare con il Dottor Cajus per mere questioni economiche: egli è un uomo d’affari e come uno dei suoi affari vuol trattare quello che è il futuro di sua figlia, nonostante ella ami il giovane Fenton. Un’altra caratteristica evidente è la sua insicurezza, che si manifesta appieno quando, mascherato da signor Fontana, va a casa di Sir John e, dal momento che questi gli rivela d’essere in procinto di conquistare Alice, egli quasi impazzisce al solo pensiero di poter essere tradito. Alla fine, pure Ford sarà invece beffato da Alice stessa poiché ella farà in modo di organizzare, alle sue spalle, il matrimonio fra loro figlia e Fenton.”
Adriana Di Paola, nella parte di Mrs. Quickly, si è detta entusiasta di poter affrontare un capolavoro verdiano di tale profondità: “Questa malinconica burla consegna il testamento di Verdi. Un funambolico intreccio di musica e testo che dipinge la conquista di una società borghese intenta a inghiottire tutto ciò che ha conquistato. Eppure, fra tutti, Falstaff resta apparentemente il personaggio più affamato di vita. Nella decadenza della sua tarda età, la necessità di arredare quel malinconico esistere solitario lo porta all’inesorabile declino di chi non può essere capito dalla gente comune. E il mondo, inglobato nella sua pancia, si gonfia, annega e muore. Non c’è in realtà nulla di realmente comico in quest’opera: piuttosto un intreccio di fattori contrapposti; sogno e realtà, amore e tradimento, ladri e cavalieri. E in questo mondo, Quickly mostra la sua natura dinamica e ne permette il perfetto incastro. Affrontare un personaggio che respira un retaggio storico imponente, non lascia indifferenti.”
Matthew Swensen interpreta il giovane Fenton, “Non è un personaggio molto sagace, ma è in compenso guidato da un immenso amore per Nannetta, con la quale si sente completato e protetto. Possiamo vedere Fenton come una definizione ‘vivente’ di amore giovanile, rappresenta in piccola parte il buono e puro dell’opera, dove tutti in realtà ordiscono burle e vendette.”
Nannetta, la figlia di Alice e Ford è interpretata da Rosalia Cíd
Chiudono il cast nelle parti di Pistola e Bardolfo, i servi di Sir John Falstaff, Tigran Martirossian e Oronzo d’Urso.
Torna sulle scene del Maggio il Falstaff, l’ultima fatica operistica del grande Giuseppe Verdi, ripresa dello spettacolo del novembre 2021.
Per tutta la vita il cigno di Busseto aveva inseguito il sogno di scrivere un’opera comica senza però mai trovare il soggetto appropriato. Ma sulla soglia degli ottant’anni ecco avverarsi quel sogno con Falstaff, nato dalla rinnovata collaborazione con l’ormai insostituibile Arrigo Boito. Se si esclude Un giorno di regno, clamoroso fiasco giovanile del 1840, Falstaff è l’unica opera comica, nonché ultima opera, della produzione verdiana. E pensare che l’amore di Verdi per Shakespeare era di lungo corso e Le allegri comari di Windsor, fonte del libretto di Boito insieme alle due prime parti di Enrico IV, una delle sue commedie predilette. Furono dunque le insistenze di Boito a spronare il vegliardo maestro a rimettersi in gioco con una “commedia lirica che non somiglia a nessun’altra” come disse Verdi. Il 9 febbraio 1893 Falstaff debutta al Teatro alla Scala accompagnato da un grandioso successo. Dopo oltre cinquant’anni spesi nel trasferire in musica drammi e tormenti dell’animo umano, Verdi salutava il mondo dell’opera con il sorriso sornione di chi ha sperimentato tutto al massimo grado e continua ancora a farlo. E di sperimentazioni musicali la partitura di Falstaff abbonda. Basti pensare alla forma-sonata pseudo sinfonica che apre il primo atto, alla fuga buffa che chiude l’opera, pagina giocosa di mirabile virtuosismo collettivo, ai declamati duttili e scorrevoli che di colpo si aprono a momenti di ampia e inaspettata cantabilità. Falstaff è opera di un Verdi divertente e divertito. Del resto, come recita la sigla finale: “Tutto nel mondo è burla. L’uom è nato burlone”.
FALSTAFF
di Giuseppe Verdi—Commedia lirica in tre atti di Arrigo BoitoMusica di Giuseppe VerdiEdizione: Edwin F. Kalmus & Co., Inc., Boca Raton, Florida
Allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
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Maestro concertatore e direttore Daniele Gatti Regia Sven-Eric BechtolfRipresa da Stefania GrazioliScene Julian Crouch
Costumi Kevin Pollard Luci Alex BrokRiprese da Valerio Tiberi
Video Josh Higgason
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Sir John Falstaff Michael VolleFord, marito di Alice Markus WerbaFenton Matthew SwensenDr. Cajus Christian ColliaBardolfo, seguace di Falstaff Oronzo D’UrsoPistola, seguace di Falstaff Tigran MartirossianMrs. Alice Ford Irina LunguNannetta, figlia di Alice e Ford Rosalia Cíd
Mrs. Quickly Adriana Di Paola
Mrs. Meg Page Claudia Huckle
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Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Figuranti speciali Mauro Barbiero, Andrea Bassi,Rosario Campisi, Fabrizio Casagrande, Gioele Gaggio, Giampaolo Gobbi, Enrico L’Abbate, Stefano Mascalchi, Andrea Saccoman, Simone Ticci, Federico Vazzola, Beniamino Zannoni—In lingua originaleCon sopratitoli in italiano e inglese a cura di Prescott Studio, Firenze
Visibilità limitata e ascolto: 15€
Galleria: 35€
Palchi: 50€
Platea 4: 60€ – Platea 3: 70€ – Platea 2: 85€ – Platea 1: 110€
Info: www.maggiofiorentino.com