Toscana
Globalizzazione, i rischi li corre il sistema democratico
Cosa la globalizzazione produce sulle persone, sulla mentalità e sui comportamenti?
Lo abbiamo chiesto a Riccardo Moro, direttore della Fondazione «Giustizia e solidarietà», che a Firenze ha aperto il seminario di studio promosso dalla diocesi.
«Produce risponde Moro diverse conseguenze, a partire dal fatto che le imprese, trasferendo gli impianti produttivi, creano la necessità di ridefinirsi da parte di intere comunità sociali. Pensiamo ad esempio alla zona di Prato, un tempo piena di piccole imprese nel settore tessile. Ora le piccole imprese non producono quasi più nulla, i capannoni sono vuoti. A Prato è rimasta la testa commerciale, finanziaria e della ricerca di sviluppo, ma non ci sono gli operai, che invece sono nel subcontinente indiano. Allora tutta la zona deve ridefinirsi economicamente, ma anche socialmente».
Da un punto di vista etico che problemi comporta la globalizzazione?
«Premesso che la globalizzazione è un’opportunità, bisogna fare in modo che tutti ne possano beneficiare. Per questo bisogna per prima cosa sradicare la povertà da questo pianeta. Non dobbiamo dimenticare che più della metà della popolazione della terra vive con meno di 2 dollari al giorno. Si tratta allora di capire come gli strumenti della globalizzazione possano produrre sviluppo sostenibile, ovvero duraturo nel tempo e senza compromettere l’ambiente. La seconda questione riguarda la democrazia, di cui stiamo vivendo un deficit. Se infatti gli obiettivi generali vengono dettati a livello planetario, si registra una debolezza delle istituzioni internazionali. Le comunità perdono la capacità di determinare il proprio futuro».
Ad esempio?
«Gli interventi militari che non vengono decisi dall’Onu ma da una grande potenza, oppure le multinazionali che decidono dove andare a produrre. Il deficit di democrazia può essere dimostrato anche sommando tre rischi: una condizione di monopolio finanziario, un monopolio informativo e l’omologazione culturale. Se uno fa la somma dei tre «addendi» ha esattamente gli elementi di una dittatura. La democrazia è infatti il contrario in quanto si fonda sulla distribuzione del potere economico, sul pluralismo informativo e soprattutto sul pluralismo delle culture che normalmente si confrontano».
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