Toscana
Sanità, le risorse delle Chiese
«A meno d’intoppi ha detto Gelli contiamo di giungere alla votazione del documento entro la fine del mese». Alcuni elementi, però, sono già noti. A cominciare dal finanziamento: circa duemila miliardi di vecchie lire che vanno sommati ai quasi dieci mila previsti dal Piano sanitario regionale, già approvato dal consiglio regionale. Perché la strada che la Toscana ha scelto di percorrere è tracciata: sociale e sanitario saranno, sempre più una cosa sola, ossia, come ha spiegato Gelli, «sono confluiti in una pianificazione unica, in un’ottica di rete di servizi a disposizione della comunità e finalizzata alla tutela della salute in senso ampio».
In questo nuovo scenario andranno a collocarsi anche le «Società della Salute», una sperimentazione che, nella prima fase, coinvolgerà solo tre aree, fra cui quella pisana. Per saperne di più è necessario attendere l’approvazione dei regolamenti da parte del consiglio regionale. Ma qualcosa si sa già. Ad esempio che si tratterà di «un soggetto unico che gestirà la sanità territoriale e il cosiddetto sociale della zona», ha spiegato l’assessore alle politiche sociali del comune di Pisa Carlo Macaluso. Che «sarà aperto alla partecipazione, non solo delle Asl e degli enti locali, ma anche dei sindacati, del non profit, del volontariato e di tutti gli altri soggetti, come ad esempio i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, necessari per programmare le politiche di un territorio».
Che, poi, ha subito tenuto a porre alcuni punti fermi. Il primo: «Salute non significa solo assenza di malattia». Il secondo: «È vero che le opportunità di benessere stanno crescendo, almeno nella nostra società, ma non c’è welfare se queste non vengono redistribuite fra tutti i cittadini». Il terzo viene di conseguenza: «Se non riusciamo a canalizzare le risorse esistenti in percorsi di solidarietà effettiva il rischio è la residualità degli esclusi, lasciati ai margini della rete dei servizi promossi sul territorio».
Al riguardo per don Emanuele Morelli, direttore della Caritas di Pisa, è il momento di dare concretezza ad un passaggio «ineludibile»: «Per essere all’altezza delle sfide che ci attendono è necessario fare un salto: da una comunità ecclesiale che si organizza per farsi carico dei bisogni ad una che si dota degli strumenti necessari per leggere la società contemporanea, con una particolare attenzione alle vecchie e alle nuove povertà, e suscitare le risposte».