Vita Chiesa
Arte e bellezza per abbattere le barriere (anche quelle mentali) e includere le persone disabili
Ci sono le barriere architettoniche da abbattere per rendere chiese, basiliche e musei di arte sacra accessibili a tutti. Ma ci sono anche altre barriere da superare, forse più resistenti, che sono quelle del pregiudizio, della disattenzione, dell’indifferenza. Ne è sicura suor Veronica Donatello (francescana alcantarina), responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità. Possiamo dire che l’attenzione alle persone con disabilità è un elemento «costitutivo» del cristianesimo, ne troviamo molti esempi nel Vangelo o nelle vite dei santi. Dal 2019, la Cei ha istituito il Servizio nazionale, riconoscendo l’urgenza di alimentare e coordinare l’attenzione alle persone disabili in tutto l’arco della vita, attraverso progetti rivolti alla vita di fede, all’accessibilità e alla leggibilità degli spazi sacri, fino ad allargare il discorso a ogni ambito di vita. Una tappa di questo percorso è il convegno che si svolgerà a Firenze nei giorni 12 e 13 maggio prossimi, e che sarà organizzato insieme all’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto. «Oltre lo scivolo» è il titolo. «Beni culturali ecclesiastici: dall’accessibilità all’inclusione» il sottotitolo che spiega gli obiettivi dell’iniziativa.«L’incontro che faremo a Firenze – spiega suor Veronica – nasce da una bella sinergia tra il servizio per la pastorale delle persone con disabilità e l’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto. Abbiamo visto che la sfida inizia dal prendere sul serio il Vangelo: che nessuno sia escluso. Abbiamo scelto il titolo “Oltre lo scivolo”, che vuole essere una sfida: a volte si pensa che per rendere le nostre chiese accessibili basti uno scivolo per chi non può fare le scale. Lo scivolo è importante che ci sia, sia chiaro, perché altrimenti qualcuno non riesce neppure a entrare. Però esistono tante forme di disabilità, non solo quelle che richiedono uno scivolo. E soprattutto non basta riuscire a entrare fisicamente nell’edificio chiesa se poi non si accede alla vita della Chiesa come comunità».Rendere i luoghi più accessibili quindi è solo il primo, indispensabile passo per costruire una comunità veramente inclusiva. Un concetto che è ben chiaro anche a don Luca Franceschini, prete della diocesi di Massa Carrara Pontremoli e da poco più di un anno direttore dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto. «Quella dell’accessibilità – sottolinea – non è solo una sfida architettonica, è una sfida a tutto campo che inizia dall’aspetto pastorale. Dico sempre che le nostre chiese devono essere “chiese a porte aperte”: questo significa che devono essere spazi accoglienti per chi entra, e spazi che spingono chi è dentro a uscire, a proiettarsi verso l’esterno». La progettazione di nuovi edifici di culto quindi, ma anche il restauro o la ristrutturazione delle chiese esistenti, devono tenere conto di qualsiasi tipo di disabilità: «C’è chi non può camminare – ricorda don Luca – ma anche chi non può vedere, o sentire». C’è poi tutto il tema che riguarda la possibilità di apprezzare anche la bellezza di una chiesa, di un’opera d’arte, di un museo: «Questa in particolare è una frontiera su cui ci sono iniziative molto belle, che coinvolgono il volontariato, che consentono di valorizzare il patrimonio culturale e di farlo diventare occasione di solidarietà, di inclusività».Si tratta quindi di permettere a tutti di partecipare in maniera piena ai sacramenti e alla liturgia, ma anche di poter apprezzare la bellezza di una chiesa o di un museo. «Le ultime statistiche Istat – sottolinea suor Veronica – ci dicono che per le persone con disabilità l’utilizzo del tempo libero dedicato alla visita a luoghi di bellezza è solo il 4%. Eppure molte ricerche scientifiche ci dicono che l’essere esposti a momenti di bellezza abbassa il livello di uso di farmaci, o di psicofarmaci. Noi non ci rendiamo conto del potenziale che ha il bello. Per questo la sfida, insieme all’Ufficio per i beni culturali, è di favorire l’incontro con la bellezza, soprattutto con quella che nelle nostre chiese è nata dalla fede. A Firenze racconteremo anche esperienze di come la visita ai luoghi d’arte abbia aiutato persone con Alzheimer, ad esempio, rendendo questa bellezza fruibile per loro, a rendere la visita partecipativa, interattiva, in luoghi come gli Uffizi o il museo dell’Opera del Duomo».A Firenze quindi si incontreranno, sullo stesso tema, punti di vista diversi: le associazioni che lavorano con le persone disabili, le persone che custodiscono opere d’arte o che progettano spazi sacri. «Vogliamo provare – afferma suor Veronica Donatello – a cambiare mentalità: la finalità è che coloro che nelle diocesi sono chiamati a progettare chiese, musei, biblioteche, li progettino come spazi per tutti. Il nostro desiderio è che nel progettare gli spazi si pensi fin dall’inizio a uno spazio per tutti, in cui nessuno sia escluso. La cosa più bella, lo dico sempre, sarebbe coinvolgere le persone disabili fin dal momento della progettazione, pensarla con loro. Noi come servizio nazionale stiamo accompagnando diverse diocesi che si sono lasciate sfidare da questo ambito, e organizziamo insieme incontri in cui i formatori sono persone con disabilità. È interessante lasciarsi sfidare, mettere in crisi».Perché le barriere da superare, dicevamo, non sono solo quelle architettoniche, una rampa di scale o un bagno troppo stretto: «La barriera più grande è l’invisibilità della disabilità. Rendersi conto che le persone disabili esistono. Imparare a pensare che le disabilità possono essere congenite oppure acquisite, possono essere quelle di una persona anziana, di un giovane che ha un incidente o un infortunio sul lavoro, che ha una malattia… Ci sono malattie che possono invalidare una persona di qualsiasi età o di qualsiasi estrazione sociale. Ci sono persone con problemi di mobilità ma anche persone che hanno bisogni comunicativi complessi, con disturbi dello spettro autistico, persone che hanno bisogno di linguaggi non verbali. Persone con problemi di udito. Persone ipovedenti: ce ne sono tantissime in Italia, più di ottocentomila. Una delle relatrici che avremo al convegno, l’architetto Lucia Baracco, è una di loro, lo è diventata per un glaucoma, e il suo intervento sarà interessantissimo perché vive sulla sua pelle certe difficoltà. Ci sono ancora tante barriere che ostacolano una piena partecipazione di queste persone alle attività. Magari le mettiamo in prima fila, ci ricordiamo di loro nelle giornate speciali, l’11 febbraio o il 3 dicembre, per gli “eventi”, però poi durante l’anno chi si accorge se ci sono o non ci sono? La sfida è di provare a cambiare punto di vista. Ricordarci che c’è un numero grande di persone, una porzione del popolo di Dio che chiede, che ha bisogno: la nostra progettazione deve pensare anche a loro».