Toscana
Nina: «Io, rumena, badante in Mugello»
Bionda, con i capelli raccolti in una coda di cavallo, è arrivata in Italia dalla sua città, Timisoara, il 13 aprile 2001 grazie a una sua amica che lavorava già in Mugello. Separata, madre di due figli maschi di 25 e 23 anni, in Romania aveva un appartamento di 5 stanze, ma ha dovuto venderlo perché era rimasta con pochi soldi. Là gli stipendi sono bassissimi, chi sta bene guadagna intorno a 250 euro al mese, con affitti però sui 100. Quando arrivò in Toscana non aveva niente e le venne comprato tutto, persino lo spazzolino da denti. Finora non è mai tornata a casa e a luglio è arrivata anche la sorella per lavorare in un altro paese.
Il perché della domestica straniera
Fino agli anni Ottanta e ai primi Novanta un sesto degli immigrati trovava uno sbocco lavorativo solo nell’attività domestica e tra questi la maggioranza erano donne, considerate quasi delle collaboratrici familiari per antonomasia. Il loro inserimento era seguito e facilitato soprattutto dalle organizzazioni cattoliche, alle quali le famiglie volentieri ricorrevano per un inserimento lavorativo basato in larga misura sulla fiducia.
Attualmente, invece, le donne immigrate stanno conoscendo una fase di maggiore emancipazione e iniziano a trovare lavoro anche in altri settori: dai pubblici esercizi, al terziario fino all’industria e all’agricoltura. Di contro, sono in aumento gli uomini, che operano nelle famiglie come cuochi, giardinieri, custodi, autisti, uomini di fiducia.
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Siti utili:
Dossier nuova legge Croce blu di Lucera
Servizio immigrati del Progetto Arcobaleno
Sportello giuridico immigrazione della Caritas Italiana