Toscana
Auditel, bugie davanti al video
A restare «segrete» sono le 5.075 famiglie italiane che l’Auditel utilizza per il suo sistema di rilevazione dei dati di ascolto e che di fatto, dicono gli autori, «tengono in ostaggio la televisione italiana». «Speriamo di individuarne almeno 400 o 500», spiega Giulio Gargia, giornalista e coordinatore della campagna, autore della video-inchiesta Gli ammutinati dell’Auditel, che gli ha permesso di individuare 12 famiglie campione della «lista segreta» e raccontare «come le cavie dell’Auditel usano il Meter, il decoder per la rilevazione. «Una storia piena di fatti paradossali e grotteschi», assicura. Accanto alla «Caccia al tesoro delle famiglie Auditel» è pronta anche una petizione «perché sia l’Authority per le Telecomunicazioni come previsto dalla legge 249 del 1997 mai attuata a fare gratis le rilevazioni dell’ascolto».
«In Italia sono queste famiglie a decidere cosa dovranno vedere in tv tutti gli altri spiega Giulio Gargia . Ma cosa succede davvero in quelle case, depositarie dei segreti dello share e dell’audience? Come funziona il Meter? E perché una sera d’estate 3 milioni e mezzo di persone hanno guardato il segnale orario per venti minuti?». Queste famiglie «valgono due miliardi all’anno e non lo sanno», assicura Gargia, e «svolgono un vero e proprio lavoro non retribuito per almeno 5 anni».
I risultati della sua inchiesta rivelano che «chi accende la tv poi non la guarda, spesso, a volte, o sempre». Ed è questa la vera realtà su cui poi si vanno a proiettare numeri che, «solo per questo sono inattendibili», «almeno per le gare sul filo del 2 o 3 per cento che condizionano le scelte dei responsabili dei programmi». Secondo Gargia, quindi, «i numeri minuto per minuto, le proiezioni, lo share e tutto l’armamentario spionistico sui presunti ascolti si rivelano strumenti assolutamente insufficienti».
Se facessimo meno ricorso all’Auditel, dice il giornalista Giulietto Chiesa, fondatore della rammentata Megachip, avremmo «meno tv deficiente, più attenzione alla qualità dei programmi, più trasparenza economica per chi investe in pubblicità, alla fine più pluralismo». «Oggi ci sono le prove per affermare che l’Auditel è un sistema bugiardo», dice Roberta Gisotti, giornalista di Radio Vaticana, consulente di programmi Rai, autrice del libro La favola dell’Auditel e coordinatrice della campagna «Basta con l’Auditel».
«Da strumento di marketing, nato per dare un prezzo agli spot pubblicitari, l’Auditel è diventato giudice inappellabile. I suoi dati sono fuorvianti, inaffidabili, distorsivi ma hanno assunto la valenza di consenso». Le famiglie Auditel, spiega Gisotti, sono un «campione di consumatori e non di cittadini utenti», «disegnano la mappa dei consumatori in Italia», ma non servono per valutare «il vero ascolto televisivo, né il reale gradimento o le attese di visione». «Basta il buon senso continua Gisotti per capire l’infondatezza di una metodologia basata sulla registrazione di ogni minimo cambiamento che avvenga davanti al video da parte dei componenti la famiglia, compresi i bambini dai 4 anni in su fino alle persone più anziane». In effetti basta restare sintonizzati per 31 secondi su un canale per ritrovarsi il giorno dopo conteggiati negli ascolti di quel programma.
«Questi campioni possono anche barare precisa la giornalista di Radio Vaticana per superficialità, negligenza o anche per interessi personali». Alle distorsioni del campione, alla macchinosità del rilevamento si aggiungono poi anche limiti tecnici. «I dati Auditel sono più affidabili sui grandi numeri, nelle ore di maggiore ascolto. Un emittente minore come La7 ha maturato errori di stima fino al 70% al mattino». Inoltre c’è la questione delle televisioni locali «completamente tagliate fuori dal mercato pubblicitario» e il caso paradossale della sovrapposizione delle frequenze tra le reti. Nelle ore serali solo Rai1, Canale 5 e La7 non si sovrappongono, al pomeriggio solo Rai2 e La7, mentre tutte le altre si confondono ed è impossibile attribuire con certezza le audience dei vari canali.