Toscana

Social forum, in marcia per la pace

DI ANDREA FAGIOLIUna marea umana contro la guerra ha dato vita ad un corteo di oltre mezzo milione di persone (450 mila per la Questura, almeno 700 mila secondo una parte degli organizzatori, per altri addirittura un milione) che ha attraversato Firenze in un freddo sabato di novembre. E quando la testa del corteo, partita con largo anticipo sulla tabella di marcia, ha raggiunto Campo di Marte, un gruppo di manifestanti stava ancora scendendo da un treno in arrivo da Lecce. Il lungo serpentone si è snodato dalla Fortezza da Basso, attraverso i viali e i lungarni per oltre sei ore, mentre la città, all’inizio con il fiato sospeso, prendeva lentamente confidenza con il variegato e variopinto mondo dei cosiddetti «no global». Ma mentre sui viali e sui lungarni non erano pochi i fiorentini affacciati alle finestre pronti ad offrire una tazza di tè o un bicchiere di vino agli infreddoliti manifestanti, ben pochi concittadini hanno optato per il tradizionale «struscio» del sabato pomeriggio preoccupati per la blindatura del centro storico.

Eppure, confermando il secolare spirito guelfo e ghibellino dei discendenti di Dante, si sono registrate divisioni anche sulla chiusura dei negozi del salotto buono di Firenze tra via Calzaiuoli, via Roma, Por Santa Maria, piazza delle Repubblica e via Tornabuoni. Alle catene con marchi «made in Usa» (le prime a blindare le vetrine) si sono unite le firme di grandi stilisti, ma non quella, ad esempio, di Roberto Cavalli che ieri mattina, oltre ad aprire la sua boutique di via Tornabuoni, ha offerto la colazione agli avventori che si trovavano nel bar attiguo. Aperti anche Armani, Coin e La Rinascente. Sprangati gli orafi di Ponte Vecchio. In strada le bancarelle di San Lorenzo e del Porcellino, mentre al posto dei tavoli su piazza della Repubblica degli storici caffè Paszkowski e Gilli c’erano ieri decine di camionette dei Carabinieri. Luci accese, invece, sull’altra parte della piazza dietro alle vetrine delle Giubbe Rosse.

«Chiuso per cervello in allestimento» è stata la più diffusa traccia lasciata dai «no global» sulle blindature dei negozi, mentre sulle protezioni del McDonald’s di via Cavour qualcuno, in un fiorentino un po’ approssimativo, ha scritto: «Tanto un’sentrava lo stesso». E sulla protezione di legno di un alimentari di viale Lavagnini si leggeva: «Se voglio lo smonto in cinque minuti». Firmato: «Un artigiano comunista di Trento». Affari d’oro, invece, per i pochi baristi «coraggiosi».

Vita praticamente normale nelle periferie, a parte qualche intasamento dovuto alle centinaio di pullman dirottati verso gli appositi parcheggi agli ingressi della città.Nel Piazzale degli Uffizi si è rivisto anche un mimo, un «marmoreo» Mosè, fotografato a più non posso dalla piccola e immancabile comitiva di giapponesi appena arrivata da via dei Georgofili. Sembrava il segno, insieme alla ricomparsa di qualche «vù cumprà», che la vita a Firenze è andati avanti anche nel fatidico sabato 9 novembre.

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