Toscana

Piaggio e moda, la crisi arriva alle aziende satellite

di Ennio CicaliL’incertezza sembra dominare il futuro di molte aziende toscane. Difficile tracciare una mappa delle difficoltà che minacciano migliaia di posti di lavoro. È il caso della Piaggio che coinvolge, oltre ai dipendenti in cassa integrazione, molte aziende dell’indotto. A subire di più di questa situazione sono proprio le realtà più grandi a dipendere maggiormente dalle difficoltà della fabbrica di scooter, mentre le piccole imprese hanno cercato di diversificare la produzione ricercando più committenti. Le piccole imprese avranno così più possibilità di uscire dalla crisi, secondo i risultati di una ricerca della scuola superiore Sant’Anna di Pisa.

Le piccole e medie imprese dell’indotto sono importanti anche nel sistema moda, come risulta da una recente ricerca dell’Osservatorio del Comitato Network subfornitura, costituito dalle Unioni regionali delle Camere di commercio del Centro nord. La Toscana è la regione con il maggior numero di aziende, circa 4 mila, che lavorano esclusivamente per la moda, specie per il tessile e il cuoio, con almeno sei dipendenti ciascuna. Un’altra caratteristica è rappresentata dall’età media delle imprese: 2 su 3 sono nate oltre vent’anni fa, molte hanno almeno dieci anni di vita, quando la moda era uno dei settori trainanti dell’economia regionale. Almeno una su otto lavora in esclusiva per un committente unico, caratteristica che l’espone a gravi rischi in momenti di crisi prolungata. Poco meno della metà, il 42,6 per cento, ha più di otto committenti, il 19,3 ne ha tra i quattro e i sette, una su tre ne ha meno di tre. La metà delle aziende subfornitrici toscane ha rapporti di tipo puramente esecutivo, mentre il 36 per cento collabora anche alla progettazione del prodotto.

La crisi della Fiat è un altro degli aspetti preoccupanti per l’industria regionale. A farne le spese sono soprattutto aziende più o meno grandi di Livorno e Firenze che producono parti di vetture per l’azienda torinese.

Altri nomi, altre situazioni di difficoltà. E sempre sono in ballo posti di lavoro. La crisi sembra mirare al cuore del sistema, alle aziende più alta tecnologia, come l’Ote Marconi di Firenze o il Polo ferroviario dell’Osmannoro che si farà, ma senza le previste caratteristiche tecnologiche di avanguardia.

Non va meglio per i settori tradizionali dell’economia regionale, come segnalato dal recente rapporto dell’Irpet (l’istituto regionale per la programmazione economica), con punte di vere e proprie crisi all’interno del sistema moda, della meccanica e della chimica, dei mezzi di trasporto.Una diagnosi confermata dal rapporto dell’Unioncamere Toscana riguardo alla produzione, occupazione e fatturato industriale della regione nel terzo semestre 2002.La crisi del settore moda colpisce duramente (–8,2%) tutte le province e in special modo Prato, con meno 16% di attività produttiva rispetto allo stesso periodo del 2001. Altre province colpite dal calo della produzione sono Arezzo (–3,5%) e Pistoia (–4,8%), in lieve calo Livorno e Siena, stabili Lucca e Pisa, mentre Massa, Grosseto e Firenze mostrano risultati positivi, con un aumento della produzione rispettivamente del 6,1%, 1,3% e 1 per cento.

L’incertezza sembra dominare ancora le indicazioni degli industriali toscani. Manca ancora la fiducia in una ripresa del ciclo economico per il futuro immediato. L’occupazione resta stabile e le aziende credono in un futuro a lungo termine.