Vita Chiesa

Giornata del malato, provare la condizione dell’impotenza non è una punizione

Quel vivere ai margini della vita, a causa della condizione di infermità o di impotenza dovute a una malattia sono spesso, per l’uomo o la donna malati, un’occasione che li conduce a piegarsi su di sé, a pensare alle proprie colpe.

Infatti, l’uomo e la donna cacciati dal Giardino della Creazione dopo il loro peccato, dopo aver desiderato una conoscenza pari a quella di Dio stesso, si ritrovano chini sul proprio dolore e sulla terra dalla quale sono stati tratti.

Ebbene, la storia della Salvezza è lì a ricordarci che, proprio quella condizione e quella sapienza consentiranno all’uomo di fare memoria di Colui che lo ha voluto vivo e ne sperimentasse, contemporaneamente, la fedeltà.

Lo stesso Gesù, nel vangelo di Marco, impone all’umanità sfinita di sedersi per terra. Di stare su quella terra dalla quale sono stati tratti per scoprire ciò che Iddio sarà ancora capace di porgere loro, proprio a causa della loro sfinitezza.

Essere posati sulla terra, provare la condizione dell’impotenza e del lavoro faticoso nello stare chini su ciò che ci ha originato non è una punizione. È il «luogo» faticoso dove si rivela la fedeltà del Padre.

Questa Sapienza, Gesù, anch’egli posato sulla terra quando ha preso forma mortale nel grembo di Maria, è venuto per rivelarla compiutamente.Così Egli può venire «in soccorso di coloro che sono tentati» di credere che «sia mutata la destra dell’Altissimo».

Come, e in che modo, possa venire ogni volta in soccorso alla nostra umanità ferita e sfinita non ci è dato sapere ma, ai discepoli di Cristo, vien chiesto di crederlo.L’umanità ha, da quando è apparsa sulla terra, provato fatiche, desolazione e sconforto. Ma sempre – ci racconta la Scrittura – ha saputo anche vedere, con uno sguardo che nasce «da un cuore saggio», le grandi opere di Dio, i Suoi prodigi.

I segni per poter credere nascono dai gesti e dalle opere dell’uomo stesso. Occorre avere fiducia in ciò che l’uomo sa disporre per unirsi alla compassione di Cristo e servirla tangibilmente.

La legge sul Consenso informato e Disposizioni anticipate di trattamento (n. 219 del 2017) recita: «Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura». (cap. 1 , § 8). Dunque, ogni momento della nostra esistenza ci chiama a chinarci sulla terra per ritrovare le radici profonde del nostro essere e accogliere, così, il delicatissimo Mistero della nostra vocazione di creature umane.

Siamo chiamati, nella Chiesa, a rivelare al mondo – annunciandolo -, il Mistero della fedeltà del Padre, esattamente attraverso una fede vissuta con un servizio generoso. Il servizio di chi soffre – ed è posato sulla terra -, e di coloro che – chinandosi sulla terra – si volgono a loro.

*cappellano Ospedale S. Maria Annunziata Ponte a Niccheri (Bagno a Ripoli – Firenze)