Toscana

Se l’aborto sbarca in Consiglio regionale

La questione vita, nelle sue varie forme, risuona spesso anche nell’aula del Consiglio regionale, in Palazzo Panciatichi a Firenze. Il più delle volte accade in seguito a mozioni di Marco Carraresi e Franco Banchi dell’Udc, entrambi legati, a vario titolo, al Movimento per la vita. Di recente, è stata bocciata una loro mozione che intendeva impegnare la Giunta regionale a escludere la sperimentazione della pillola abortiva Ru486 in Toscana. Sull’argomento erano state presentate anche tre interrogazioni, una da parte di Marisa Nicchi (Ds), una di Pieraldo Ciucchi (Sdi) e una dello stesso Carraresi, con obiettivi e motivazioni differenti.

In materia, l’assessore al Diritto alla salute, Enrico Rossi (Ds), si è detto favorevole all’uso della pillola abortiva in Toscana, assicurando che non è in discussione la legge 194, ma l’introduzione di un metodo meno invasivo che consente di interrompere la gravidanza con molto anticipo, ovvero 51-53 giorni, rispetto alla tecnica chirurgica.

Anche Annamaria Celesti (Forza Italia) ha detto di condividere l’impostazione dell’assessore Rossi. Secondo la Celesti questa pillola non può essere considerata un farmaco sperimentale in quanto è già stata abbondantemente testata ed ora semmai l’ulteriore passo da fare è quello di inserirla nel prontuario farmaceutico. Se la Celesti ha dunque rotto il fronte del centrodestra (con il capogruppo di Forza Italia, Lorenzo Zirri, che invitava al voto di coscienza), il fronte di maggioranza del centrosinistra è stato rotto da Giancarlo Parrini (Margherita), che ha invitato a sua volta al voto di coscienza affermando il suo voto favorevole alla mozione Carraresi-Banchi.

Nei giorni scorsi i due consiglieri regionali dell’Udc, con Virgilio Luvisotti (An), Piero Pizzi e Jacopo Maria Ferri (Forza Italia), hanno presentato anche una mozione sulla cosiddetta «pillola del giorno dopo», il Norlevo (da non confondere con la Ru 486). Per la pillola Norlevo, che da molti non è riconosciuta come abortiva, viene chiesto, tra l’altro, che sia in ogni caso garantito ai medici il diritto all’obiezione di coscienza, che si richieda a chi viene prescritta il consenso informato scritto e che comunque non sia prescritta alle minorenni senza l’assenso di chi esercita la patria potestà.

Un’altra questione in materia di vita che ha tenuto banco in Consiglio regionale è quella dei Centri di procreazione medicalmente assistita, un fronte sul quale la Regione si è particolarmente impegnata, ma sul quale, ancora una volta, si sollevano forti perplessità.

Carraresi, perché?

«Perché talvolta si mercifica la vita umana anche strumentalizzando il legittimo desiderio di paternità e maternità e questo accade quando il primato del diritto di avere un figlio lo si persegue indipendentemente dai costi personali e sociali, dalle metodiche utilizzate, dall’uccisione di altri embrioni umani».

Eppure, il desiderio di avere un figlio resta legittimo?

«Il problema è la tendenza a considerare il figlio ad ogni costo, come un oggetto di cui si sente il bisogno per poter esaudire un proprio desiderio, si afferma senza tenere minimamente in considerazione gli interessi prioritari e prevalenti del nascituro e del suo futuro familiare, tanto che si punterebbe ad affermare, se non addirittura a promuovere, il diritto alla maternità anche al di fuori del matrimonio se non addirittura in un contesto di omosessualità praticata. Anche la Regione Toscana, purtroppo, in assenza di una chiara legge nazionale che definisca i limiti di intervento della fecondazione medicalmente assistita sembra percorrere questa strada. La stessa scelta di promuovere nella nostra regione la possibilità di ricorrere a pratiche di fecondazione medicalmente assistita attraverso il convenzionamento con istituti privati rischia di essere risolta solo negli aspetti igienico-sanitari – pur importanti – e finanziari, senza la sufficiente attenzione ai risvolti etici. Tanto che è lecito sospettare che sotto la dichiarata volontà di tutelare il legittimo desiderio di maternità di tante di donne ci sia viceversa il non condivisibile obiettivo di promuovere, se non addirittura di incentivare, il ricorso a forme di maternità surrogata».

Torniamo alla «pillola abortiva», la Ru 486. Perché ha parlato di «ipocrisie» a proposito del dibattito in Consiglio regionale?

«Perché anziché discutere sui vari modi per interrompere una gravidanza, sarebbe stato giusto riflettere e impegnarsi maggiormente per trovare nuove forme di aiuto alle donne per accogliere la vita nascente ed esercitare pienamente il loro diritto di non abortire».

Quanti sono gli aborti in Toscana?

«Quelli ufficiali in ospedale quasi 8 mila ogni anno. Rimane elevato il numero di quelli clandestini e non sono quantificabili quelli derivanti dal Norlevo».A.F.