Toscana

Quando il minore finisce in comunità

di Rebecca RomoliDalla fine degli anni Novanta ai primi anni del Duemila ci sono state numerose esperienze di studio e di ricerca con un unico e preciso obiettivo: individuare il numero dei minori che sono ospitati in strutture e presidi residenziali. Queste rilevazioni sono nate dal bisogno di sapere o comunque di approfondire quali fossero le condizioni di vita dei bambini o dei ragazzi fuori dal nucleo familiare di origine.

Tutte queste indagini però non riescono a dare un quadro complessivo di tutti i problemi che riguardano il fenomeno dei minori fuori famiglia, sia per i cambiamenti che il fenomeno sta attraversando sia per gli sviluppi che le future riforme produrranno.

Per avere una panoramica completa di tutta la situazione dal 2000 la Regione Toscana, ha introdotto, una nuova metodologia di rilevazione dei dati relativi alle comunità per minori. Questo nuovo metodo di rilevazione, consiste in tre diversi blocchi di questionari, che sono stati appositamente formulati per altrettante tipologie di comunità: comunità familiari, case per gestanti e madri con figli e centri di pronto accoglimento.

Infatti, prima di queste modifiche il dato che veniva fuori dalle analisi annuali, era una cifra che accorpava diverse realtà senza considerare le diverse specificità.

Per esempio, da una ricerca presentata a maggio del 2002 risultava che in Toscana i bambini fuori dalla famiglia di origine erano circa 700, affidati tutti a comunità di accoglienza. Quello che il dato del 2002 non dice è quali sono le caratteristiche delle diverse realtà di comunità di minori e quali sono i cambiamenti che si stanno manifestando all’interno delle stesse comunità.

Per questo è importante rilevare che all’interno delle varie comunità residenziali c’è un continuo modificarsi delle realtà.

Prima di tutto, è cambiata la cittadinanza dei minori ospiti delle strutture residenziali, perché la presenza all’interno dei servizi residenziali dei minori stranieri è in aumento. Si parlava di un minore straniero ogni due minori italiani, mentre ora siamo arrivati alla parità. E’ cambiato anche il motivo del collocamento in comunità dei minori, sia per gli italiani che per gli stranieri. Le motivazioni più ricorrenti oggi sono condotte abbandoniche, gravi problemi economici ed abitativi, conflitti di coppia, separazioni, tossicodipendenza.

Un dato, fornito dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, ministero del Welfare e Istituto degli Innocenti di Firenze, del 2000, che è un po’ vecchio, ma che può comunque far riflettere è il numero dei provvedimenti di urgenza emessi dai tribunali a protezione dei giovanissimi sono stati ben 3.798 su 12.367. Da una recente rilevazione risulta che le comunità residenziali sono circa 104 all’inizio del 2003, un dato destinato sicuramente a crescere visto che non tutti i questionari sono ancora rientrati. Di questi 104 servizi residenziali, 44 sono comunità a dimensione familiare, 26 sono comunità abitative, 16 sono case della gestante madre e madre con figlio, 12 centri pronti accoglimento e 5 case di accoglienza per l’infanzia.

Questo censimento vuole avere lo scopo di capire quanti minori sono transitati e quanti ne sono stati inseriti nei servizi residenziali della nostra regione. Questa indagine rientra in un progetto più globale che vuole arrivare a valutare la qualità dei servizi residenziali per minori in Toscana e vedere se ci sono interventi da fare, dove ed in che misura.

Un esempio, può essere: in una casa per la gestante e della madre con il figlio, dovrebbero essere accolti un gruppo non superiore a sei donne, in più può essere riservato qualche posto per le ammissioni di urgenza. Invece, capita che in alcune comunità, come quelle dell’aretino o del pisano vengano ospitati anche una quindicina di persone. Questo dato però, non va analizzato singolarmente, perché molte di queste strutture che superano i limiti delle persone che possono essere accolte, non sono solo servizi residenziali, ma anche di pronto accoglimento o comunità educative o pensionati scolastici.

Tutto questo per dire che i bambini in Toscana stanno bene, ma che comunque l’attenzione e gli interventi verso i minori fuori dalla famiglia di origine rimangono obiettivi fondamentali.

Anfaa: la Regione istituiscaun’anagrafe sui ricoverati«Tutti i bambini hanno diritto a crescere in una famiglia»: questo è il titolo della petizione presentata al Consiglio Regionale dall’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (Anfaa) dalla sezione di Firenze, Lucca e Livorno. La petizione corredata da 1500 firme vuole realizzare una più concreta ed efficace tutela dei minori che hanno gravi problemi familiari o sono in stato di abbandono. «La mozione è stata presentata il 14 gennaio – spiega Fabrizio Papini della sezione Toscana dell’Anfaa – subito dopo abbiamo avuto un colloquio con la IV Commissione Assistenza e ci dobbiamo rivedere il 27 febbraio. Per ora però non si è mosso nulla. Nella nostra petizione chiediamo alla Regione che istituisca un’anagrafe sui minori ricoverati negli istituti per seguire meglio le situazioni e trovare più facilmente le soluzioni, limitando quel brutto fenomeno che è la “deportazione territoriale” cioè il trasferimento dei bambini da una regione all’altra. Chiediamo questo – continua Papini – perché con la nuova legislazioni, la legge 149, si prevede che entro il 2006 tutti gli istituti per minori vengano chiusi e quindi i tutti i minori dovranno essere trasferiti in comunità residenziali o case famiglia».

Questa mozione non si preoccupa solo di che cosa potrà succedere in futuro, ma fa anche il punto su alcune inadempienze che ci sono a livello nazionale; visto che modificando le regole sull’adozioni e l’affido si complica notevolmetne le già non semplici procedure. Secondo l’Anfaa, la nuova legislazione è un arretramento rispetto alla normativa precedente. Infatti, nella legislazione precedente c’era un forte incoraggiamento per l’adozione dei bambini già grandi, con un aiuto economico alla famiglia adottiva. «Adesso – riferisce Fabrizio Papini della sezione Toscana dell’Anfaa – le cose non stanno più così, perché nei casi di adozione di minori con età superiore ai 12 anni il sostegno previsto non è riconosciuto come diritto esigibile».