Italia

Era Carrara il primo «porto sicuro» dove approdare?

Sarebbe troppo facile parlare d’irrazionalità a proposito dei cinque giorni in più di navigazione a cui è stata costretta la nave della Sos Méditerranée, l’Ocean Viking, per arrivare a Marina di Carrara, con rischi sempre maggiori per chi aveva già affrontato diversi giorni a bordo di un’improbabile imbarcazione partita dalla Libia. Era Marina di Carrara il primo «porto sicuro» italiano?

Così come fu facile criticare la decisione di un ministro italiano che qualche anno fa mise in pericolo la vita di altri migranti impedendo per giorni il loro sbarco da un’altra nave arrivata in un porto del nostro paese solo forzando un improbabile blocco navale.

Sarebbe pure troppo facile non ricordare gli errori dei governi passati, primi fra tutti gli accordi fatti con la Libia che grazie a ciò aprì nuovi campi profughi, o campi di prigionia come forse è giusto definirli – e speriamo che il viaggio in quello stesso Paese della presidente del Consiglio Giorgia Meloni non porti lo stesso risultato –. Cosa dire della situazione che troppo a lungo è stata tollerata a Lampedusa, come in altre città del Meridione, senza che si ponesse un rimedio ai centri di accoglienza spesso vicini all’esplosione per il sovraffollamento.

E sarebbe facile, per la verità, unirsi pure ai cori sentiti dalla bocca di qualche politico nostrano domenica scorsa a Marina di Carrara – «i toscani dimostrano la loro umanità» – perché, appunto, cosa dovremmo dire dei siciliani, dei calabresi, dei pugliesi che da anni fanno la prima accoglienza?

No, noi non vogliamo unirci a nessun coro se non a quelli di chi ha davvero a cuore la persona: di qualunque colore, religione o etnia sia, cosa che certo fino a oggi non ha avuto l’Europa, brava a lasciare sola l’Italia ad accogliere i migranti, con promesse risultate sempre vane.

«Farsi carico di chi soffre è e rimane sempre un dovere cristiano che distingue i discepoli di Gesù: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)», ci ha ricordato domenica scorsa il vescovo di Massa Carrara e Pontremoli, frà Mario Vaccari. Ecco a questo coro vogliamo unirci e ci piacerebbe lo facessero da destra come da sinistra, dall’Italia come dalla Francia, dalla Germania come dall’Olanda.

Un coro che se cantasse all’unisono potrebbe portare a comporre una sinfonia capace di una soluzione comune pure al problema dei migranti, di chi fugge da guerre, fame e povertà e cerca solo di avere un futuro migliore. Qualcuno definirà tutto ciò con una sola parola: utopia. No, non è così, perché i fratelli di cui parla Gesù non rappresentano un’utopia ma qualcosa che ci è accanto ogni giorno, che vive nel nostro Paese, lavora al nostro fianco o bussa alla nostra porta di casa perché ha bisogno.