Vita Chiesa
Vita consacrata: suor Eleonora, chiamata da una statua che la invitava al silenzio e all’ascolto
La sua vocazione religiosa nasce dall’incontro… con una statua. Ci può raccontare com’è andata?
«Il ricordo di quel giorno è ancora vivo e forte in me, come fosse accaduto ieri, mi ha cambiato la vita all’età di 49 anni. Era l’8 dicembre del 2017, ero in servizio per l’associazione nazionale Carabinieri essendone un’associata. Mi mandarono all’abbazia delle Tre Fontane ed entrando nel viale vidi una statua, non ci fermammo perché eravamo in macchina e andammo a parcheggiare. Scesa dalla macchina dissi al mio collega che volevo tornare alla statua dato che era presto per montare in servizio, perché mi aveva colpito e volevo sapere chi fosse. La guardai ma non sapevo chi era, e pensai: “Forse è Mosè, ha un bastone?”. Sentivo i suoi occhi su di me pur spostandomi in varie direzioni e il mio collega, preoccupato, mi disse: “Aragona stai già così alle 8 del mattino? È una statua non ti sta guardando!!!”. Ma io mi sentivo guardata dentro, sentivo che voleva dirmi qualcosa nel suo silenzio. Sotto la statua c’era una frase in latino: “Absculta o fili…”, che non capivo bene, però sapevo che era significativo che un uomo con un dito alla bocca, che indicava di fare silenzio, mi invitasse all’ascolto. Ma cosa dovevo ascoltare nel silenzio di quel luogo? Ero in un luogo sacro e percepivo che stava succedendo qualcosa di più grande in me. Feci una foto con “Mosè”, poi avrei scoperto che in realtà si trattava di San Benedetto, per non dimenticare questo evento e perché non sapevo se, finito il mio servizio, sarei ritornata lì…. E invece, con grande mia sorpresa, ritornai più volte. Dopo un anno andai in ritiro proprio a Natale per mettermi in ascolto, mi diedero una piccola stanza in foresteria chiedendomi se andasse bene ed entrandovi dissi: “Sì, lo voglio”. Il mio collega esclamò: “Eleonora, non ti stai sposando!”. Per me era chiaro l’invito del Signore a mettermi al Suo servizio. Non mi sono mai sposata e quel “Sì, lo voglio” è stata per me la risposta alla Sua chiamata. E così è iniziato il mio cammino verso il Signore, che mi parlava sempre più e io stavo in ascolto…»
Il suo percorso ha avuto varie tappe… com’è arrivata a Valserena?
«Conoscevo Valserena per sentito dire grazie ai monaci delle Tre Fontane, ma non avevo avuto modo di visitarla. Prima di arrivare a Valserena ho fatto esperienza in due monasteri benedettini, però non mi sentivo a casa. E un giorno, in uno di questi monasteri era ospite una suora trappista di Valserena, suor Valeria, con la quale mi sono confidata. È nato un bel dialogo e lei mi disse: “Non temere, il Signore non ti abbandona”. Quando sono uscita dal monastero la ricerca è continuata, fiduciosa del fatto che il Signore stava preparando qualcosa per il mio cammino e mentre stavo andando ai vespri alla chiesa di S. Agostino, dopo circa un anno, ho rivisto suor Valeria che usciva dall’Università. Raccontai a grandi linee le mie esperienze, e prima di salutarci mi invitò ad andare nella foresteria di Valserena per riposare, pregare e stare un po’ nel silenzio ad ascoltare il Signore per capire dove volesse che Lo servissi… Ritornavano ancora le due parole: “silenzio e ascolto” e senza indugio mi organizzai per andare a Valserena».
Cosa significa l’abito monastico che ha ricevuto?
«Ricevere l’abito monastico bianco, di novizia, mi fa sentire la Sua mano misericordiosa su di me come una protezione, è come un altro battesimo oltre a quello sotto la statua di San Benedetto (Mosè). Nello stesso tempo sento anche il peso soave della responsabilità sia verso la comunità che mi ha accolto, e sia per il compito che mi chiede il Signore e la Chiesa verso tutti. Prima aiutavo le persone con il volontariato e il mio lavoro, adesso mi è chiesto in modo diverso, con la preghiera avendo cura nel mio piccolo delle loro anime e dei loro bisogni, offrendoli al Signore tutti i giorni insieme alla comunità nella preghiera corale, in quella personale e nella celebrazione eucaristica».
Valserena è anche luogo di ricerca per tante persone che vogliono riflettere sulla propria vita, che consigli si sente di dare a chi vuole trovare la propria strada?
«Il consiglio che darei è lo stesso consiglio che mia mamma mi diede quando ero piccola: di entrare in chiesa, sedersi e stare davanti al Signore, sperare in Lui, chiedergli consiglio e forza. Non bisogna avere paura di entrare dentro se stessi, anche se fa male e non ci piace. Il Signore non delude. Valserena è realmente un luogo sereno e silenzioso, per ascoltarsi e ascoltare il Signore, per lasciarsi abbracciare dal Suo amore. L’invito è lo stesso di Gesù: “Vieni e vedi”».Riccardo Bigi