Vita Chiesa
L’impegno politico come forma di carità, scuola di formazione in diocesi
Il vescovo Carlo Ciattini spiega il perché di questa proposta: «fra i compiti e le responsabilità di un vescovo – scrive – vi è quella di educare e formare il popolo di Dio alle problematiche sociali», in particolare, citando il n. 12 della Christus Dominus, un vescovo è chiamato a mostrare che «le cose terrene e le umane istituzioni sono ordinare alla salvezza degli uomini».È quindi necessario evidenziare «quanto grande è, secondo la dottrina della Chiesa, il valore della persona umana, della sua libertà e della stessa vita fisica; il valore della famiglia, della sua unità e stabilità, della procreazione ed educazione della prole; il valore della società civile, con le sue leggi e con le varie professioni in essa esistenti; il valore del lavoro e del riposo, delle arti e della tecnica; il valore della povertà e dell’abbondanza dei beni materiali».I fatti sociali e il Vangelo sono inscindibili tra loro, diceva Ratzinger nel 2006: i cristiani, prosegue Ciattini, «sono chiamati a professare la propria religione e a operare perché le verità della fede informino di sé anche la vita pubblica», definendo «statuto di cittadinanza» ciò che la Dottrina Sociale della Chiesa è chiamata a rivendicare.Senza lasciare posto a Dio, infatti, «la sfera pubblica si impoverisce di motivazioni e la politica assume un volto opprimente e aggressivo». Privando il mondo del fondamento trascendente, c’è il rischio concreto che i diritti non vengano rispettati, così come non è riconosciuta la libertà personale. Fede e ragione sono chiamate a intersecarsi tra loro: «La ragione ha sempre bisogno di essere purificata dalla fede. A sua volta, la religione ha sempre bisogno di venire purificata dalla ragione per mostrare il suo autentico volto umano». Rompere questo dialogo «comporta un costo molto gravoso per lo sviluppo dell’umanità».Quale quindi la proposta per la presenza dei cristiani nel mondo sociale e politico?È necessaria provvedere alla formazione di uomini «che entrino come il lievito e il sale nella pasta della società e le diano sapore, la facciano lievitare con gli insegnamenti del Vangelo e soprattutto con la santità della vita». Significa «porre in sé stessi le basi della buona, della vera, della grande politica, quella che è diretta al bene sommo e al bene comune, quello della polis, della civitas, a quel pubblico bene, che è la suprema lex a cui devono esser rivolte le attività sociali». Solo facendo così «comprenderanno e compiranno uno dei più grandi doveri cristiani, giacché quanto più vasto e importante è il campo nel quale si può lavorare, tanto più doveroso è il lavoro. E tale è il campo della politica, che riguarda gli interessi di tutta la società, e che sotto questo riguardo è il campo della più vasta carità, della carità politica, a cui si potrebbe dire null’altro, all’infuori della religione, essere superiore» (Pio XI).«La politica – prosegue il vescovo – deve essere recuperata e collocata al suo giusto posto. È una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune. Ai politici deve stare a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri!»Al contrario, quest’epoca è caratterizzata da una costante fuga dalla politica che, invece, come scritto nella Octogesima adveniens, deve essere considerata come «una maniera esigente […] di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri».Queste le motivazioni per cui – conclude Ciattini – la diocesi ha deciso di riprendere l’esperienza della scuola di formazione dopo l’intervallo dovuto alla pandemia. Una scuola che non vuole essere «iniziativa di preparazione all’esercizio della politica in senso stretto o una sorta di “lasciapassare” legittimante un impegno caratterizzato dall’acquisita conoscenza della scienza e degli strumenti di questa “professione”», ma la proposta di «un cammino di formazione a un’etica del comportamento sociale, a un’etica pubblica, per il cristiano direttamente ancorata alla percezione di una dimensione, oltre che ecclesiale, anche sociale e politica della carità, in un contesto che reclama un’idea di politica come ricerca inesausta tesa a individuare e dare voce, attraverso un corretto processo di discernimento, alle attese e alle domande della gente, anche grazie a un impegno personale che produca, infine, azioni e decisioni in grado di modificare comportamenti e istituzioni diffusamente avvertiti come desueti e inefficaci se non dannosi».Piccoli semi che la diocesi e il vescovo intendono gettare nel proprio territorio, nella convinzione che «la via lunga è la via breve» e recuperando in ciò la consapevolezza che «i tempi della Chiesa non sono i tempi della politica».