Toscana
Nuove chiese: né vele, né navi
Don Simone, perché le chiese moderne sono così brutte? È un luogo comune, una provocazione o corrisponde a verità?
«È vero, spesso c’è un’incompetenza architettonica nel progettarle. In molte ci si prega male. Alcune sembrano hangar, sono piatte, la luce è schiacciante. E pensare che noi siamo stati abituati alle chiese romaniche, a quelle gotiche: raccolte, intime…».
Ma allora è proprio necessario costruire nuove chiese visto che anche i praticanti sono in calo?
«Il problema è che i praticanti diminuiscono dove le chiese ci sono e aumentano dove le chiese non ci sono. Per farle un esempio, la chiesa che ho appena finito di progettare e di cui tra poco partiranno i lavori, è in diocesi di Volterra, a Cecina, una cittadina che all’inizio del Novecento aveva poche migliaia di abitanti e che ora ne ha 20 mila. Il vecchio Duomo progettato alla fine dell’Ottocento è incapace di accogliere le persone e poi, soprattutto, è lontano da dove abita la stragrande maggioranza della popolazione. Per assurdo, bisognerebbe smontare le chiese che sono in collina o nei centri storici e spostarle in periferia».
Se dunque è necessario costruirle, almeno che si rispettino i requisiti fondamentali.
«Infatti, e sono quelli dettati dalla Nota della Conferenza episcopale italiana del 1993. I criteri sono dunque definiti e devono rispondere ad una domanda centrale: cos’è la chiesa? La chiesa è il luogo dove si celebra l’Eucarestia. Per cui la chiesa deve essere essenzialmente un’aula liturgica, un’aula eucaristica. Tutte le altre definizioni sono improprie: la chiesa non può essere una vela o una nave, non può essere simbolo di altre cose».
Diventa pertanto fondamentale l’ideatore del progetto. A questo proposito, come vengono scelti gli architetti?
«Purtroppo, ci si rivolge alla persone che si conosce in parrocchia o nel vicinato, che normalmente non prendono la tariffa professionale, che lo fanno come forma di aiuto alla parrocchia. Ma non ci si rivolge a persone che abbiano fatto degli studi in materia. Bisogna anche dire che la formazione specifica è stata spesso negata da un clima culturale che a partire dagli anni Settanta ha cancellata l’idea di edificio sacro, di edificio religioso. Ai tempi in cui ho fatto l’Università io, dal 1974 al 1979, non era ad esempio pensabile che si potesse fare una tesi di laurea su una chiesa. Per fortuna, da una decina di anni a questa parte, questo black out ideologico è saltato e si ricomincia a parlare e scrivere di architettura sacra. Essendo oggetti specifici, le chiese richiedono competenze specifiche. Non tutti gli architetti sono pertanto in grado di progettarle così come io non sarei in grado di progettare una discoteca».
Quanto costa una chiesa?
Eppure, la «sua» chiesa di Fornacette sembra ispirarsi a quella dell’Autostrada del Sole?
«La chiesa di Fornacette si ispira a come Michelucci ha plasmato i volumi, però Michelucci, ad esempio, non avrebbe mai inserito un abside. E poi c’è la questione dei materiali. Io sono convinto che si debba parlare un linguaggio architettonico contemporaneo che sia in continuità con la memoria storica, per cui nelle mie chiese si trova il mattone, il rame, il legno, materiali che permettono al fedele di entrare in un ambiente conosciuto. Ad esempio, nella chiesa di Fornacette ho inserito volutamente le colonne, perché la colonna, nella memoria storica, indica un ambiente sacro. Non c’è luogo pubblico che abbia colonne disposte in una certa maniera. Sono un elemento tipico come la luce che viene dall’alto o le vetrate».
Così è nato il progetto della tesi insieme alla sorella. Una sfida affascinante ma anche difficile da raccogliere. «L’idea continua don Bandini mi è subito piaciuta. Una chiesa, rispetto ad altre costruzioni, è uno spazio molto particolare e impegnativo: deve unire la bellezza alla funzionalità per la liturgia. Nella prima fase del lavoro abbiamo cercato di capire e di analizzare ciò che l’edificiochiesa significa per una comunità, per un paese, per un territorio». E qual è il suo significato? «La chiesa risponde il sacerdote è un luogo di incontro: di incontro della comunità con Dio, di incontro del singolo con Dio, di incontro tra gli uomini e quindi luogo di festa e di accoglienza». Seguendo queste linee i due progettisti hanno realizzato il loro progetto per la chiesa di Rosano che mischia tradizione e rinnovamento. «La chiesa spiega è moderna e nuova nella forma. Ma, nello stesso tempo, recupera alcune idee delle pievi romaniche».
Il progetto è stato realizzato a quattro mani. E il contributo della parte femminile di questo «pool» la sorella è evidente. «Chiara sottolinea don Bandini è stata importante innanzitutto perché è mia sorella. In secondo luogo, perché mi è servita da stimolo costante per poter finire con lei i miei studi, interrotti negli anni del Seminario. E poi ha un senso estetico più spiccato del mio, che si è rivelato importante nella realizzazione di questo progetto».
L’ultimo pensiero del sacerdote è per chi ha avuto un ruolo fondamentale nel suo corso di studi. Infatti, in questo percorso don Bandini e la sorella Chiara sono stati assistiti dall’architetto Giancarlo Bertolozzi, professore alla Facoltà di architettura di Firenze, che, purtroppo, poco dopo la discussione della tesi è venuto a mancare. «Sia io che mia sorella lo ricordiamo con tanta gratitudine, stima ed ammirazione. Il ruolo dell’architetto Bertolozzi, grande professionista e a suo tempo assistente di Michelucci, è stato infatti fondamentale. E bello è stato lavorare con lui ed averlo vicino per la sua competenza ed esperienza, oltre all’umanità e alla grande fede che aveva. Lo studio dell’architettura con lui conclude don Bandini è diventata un’esperienza umana e spirituale».
Una comunità diocesana non può gestire la costruzione di una nuova chiesa come fatto soltanto burocratico-amministrativo. Deve pensarla come «casa del popolo di Dio», che in essa si raduna per esprimere il suo statuto battesimale, crismale, eucaristico.
Lo spazio interno di una chiesa ha certamente un’importanza prioritaria, dal momento che esso trascrive architettonicamente il mistero della chiesa-popolo di Dio.
La disposizione generale di una chiesa deve rendere l’immagine di un’assemblea riunita per la celebrazione dei santi misteri, gerarchicamente ordinata e articolata nei diversi ministeri, in modo da favorire il regolare svolgimento dei riti e l’attiva partecipazione di tutto il popolo di Dio.
Per natura e tradizione lo spazio interno della chiesa è dunque studiato per esprimere e favorire in tutto la comunione dell’assemblea, che è il soggetto celebrante.
Tale spazio è in primo luogo progettato per la celebrazione dell’eucaristia.
Il progettista è persona di particolare qualificazione già a livello di pratica professionale, ma deve mostrarsi specificamente sensibile ai valori teologico-liturgici che l’edificio dovrà rappresentare.