Toscana

Statuto: non c’è posto per lo spirito?

di Simone PitossiRisorgimento e Resistenza. Beni culturali e bellezze naturali. Libertà civiche e scelte anticipatrici come l’abolizione della pena di morte e della tortura. Sono questi i valori fondanti della Toscana secondo la bozza del nuovo Statuto della Regione che in questi giorni è passato all’esame della società civile. Tutti valori importanti, fondamentali per la storia del nostro territorio. Ma nel «Preambolo» della carta fondamentale manca un riferimento ai valori spirituali. Perché questa assenza? Abbiamo girato la domanda a due esponenti del mondo laico e quindi al di sopra di ogni sospetto di «partigianeria»: Franco Camarlinghi, intellettuale ed editore fiorentino oggi presidente di «Firenze Promuove», e Adriano Prosperi, professore ordinario di Storia Moderna all’Università di Pisa.

Camarlinghi non ha dubbi: la nostra storia è costantemente intrecciata tra i valori spirituali e i valori civici ricordati nel Preambolo. «Fondamentale – sottolinea – è stato quindi il contributo dei valori spirituali nella formazione della spirito del popolo toscano». E quindi per l’intellettuale laico la strada è obbligata: «Nella formazione di uno Statuto di libertà come quello della Regione Toscana ritengo vadano compresi nel Preambolo dove si affermano le radici e nel fonti di un popolo anche i valori spirituali. Tutto ciò va fatto, ovviamente, nei modi appropriati per la stesura di un testo fondamentale come uno Statuto».

«Non ci sono dubbi – continua Camarlinghi – sul contributo dato a questa Regione dal mondo spirituale e religioso. C’è una fortissima tradizione francescana, domenicana, agostiniana fino ad arrivare anche alla Chiesa contemporanea che, soprattutto, nel secondo dopoguerra ha avuto un’influenza straordinaria nella formazione dello spirito pubblico, con il contributo sia dei vescovi sia dei grandi pensatori religiosi. E poi la Toscana è stata anche un luogo di incontro delle religioni: anche questo non si può dimenticare e credo sia necessario ricordarlo nei principi di questa nostra regione». «Poi ognuno – conclude Camarlinghi – sarà libero di scegliere la propria dimensione, laica o religiosa che sia».

Di tutt’altro avviso Adriano Prosperi. «Questa – attacca lo storico – mi sembra una questione di “lana caprina”. I principi, in genere, si sono affermati battagliando gli uni contro gli altri. Il valore della tolleranza è nato invece quando si sono ammesse le ragioni degli altri. E allora queste bandiere che sventolano sono utili solo per chi le mette e registrano un rapporto di forze reali. Penso però che la storia la si studia per capire dagli errori che sono stati fatti e per evitarne degli altri. Quindi i principi della tolleranza, della libertà di coscienza, della libertà religiosa, del rispetto per le opinioni e per la ricerca di un terreno comune di collaborazione e di intesa mi sembrano sufficienti. Perché se ci mettiamo ad indagare quali momenti del passato costituiscano la riserva più gelosa dell’essere toscani allora ci si potrebbe chiedere perché non si cita Dante Alighieri al quale dobbiamo l’esistenza della letteratura italiana».

E proprio sul contributo del grande fiorentino si sofferma il professore: «Personalmente darei un voto per Dante. La capacità di Benigni di interessare un largo pubblico televisivo leggende brani della Divina Commedia dovrebbe essere una lezione. Per il resto questo è un terreno difficile. Per esempio è giusto sottolineare l’abolizione della pena di morte in Toscana ma poi bisognerebbe pensare alla successiva ondata di esecuzioni capitali conseguenti alla Rivoluzione francese. Trovo invece che nel generale riconoscimento che la Toscana si può gloriare di Dante c’è un richiamo ad una figura che ha creato lingua, cultura, opinioni politiche, scelte intellettuali e anche dal punto di vista religioso non teme confronti». «Se vogliamo sventolare delle bandiere – conclude Prosperi – che siano bandiere in cui tutti ci possiamo riconoscere al di là delle scelte personali».