Toscana

Scienza, altolà agli stregoni

Il santuario della natura, il luogo in cui si forgiano le forme viventi, il posto per secoli ritenuto sacro rischia ora di essere violato dall’uomo. È un allarme senza mezzi termini quello lanciato dal cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio consiglio della cultura, intervenuto in Palazzo Vecchio a Firenze per celebrare i 50 anni dalla scoperta del Dna nell’ambito del «Novembre Stenseniano», che sta offrendo un itinerario riflessivo sulle principali e più complesse implicazioni antropologiche e sociali dei recenti sviluppi della ricerca biotecnologica. A cominciare, appunto, dalle conseguenze filosofiche e teologiche della scoperta del codice genetico.

Assieme a Poupard è intervenuto Luc Montagnier, lo scopritore del virus dell’Aids, che sembra condividere le preoccupazioni del cardinale: «Gli scienziati non possono diventare apprendisti stregoni – dice in termini spicci il virologo francese –. Certi ricercatori pensano che se una cosa è possibile, bisogna farla ed essere i primi a farla. Io non sono di questo avviso – precisa Montagnier –: i ricercatori devono fare delle scelte e riflettere sulle conseguenze di un lavoro che può anche degenerare nel bioterrorismo o in perversioni come quelle che si verificano con la clonazione».

E mai, come adesso, gli scienziati sono stati così numerosi. Le statistiche indicano che all’inizio del terzo millennio vive circa il 90% degli scienziati esistiti nella storia dell’umanità. I mutamenti avvenuti negli ultimi anni sono stati così profondi e così rapidi da rendere inadeguata l’etica tradizionale e disorientare le persone. A ragione si parla di una nuova rivoluzione scientifica: la rivoluzione genetica e biotecnologica.

«Nel giro di trent’anni, infatti, la ricerca genetica, che sta alla base dello sviluppo tecnologico, si è trasformata – spiega il cardinale Poupard – da scienza impegnata a studiare i meccanismi dell’ereditarietà a scienza del loro controllo razionale, il che equivale ad una trasformazione da studio tecnico e sperimentale a fenomeno culturale. E proprio in considerazione delle caratteristiche quasi demiurgiche del nuovo potere che sta conferendo all’uomo, lo sviluppo della ricerca biotecnologica non può dimenticare che rimane l’uomo il soggetto di ogni iniziativa scientifica». E questo nonostante «lo smarrimento di fronte al venir meno della cultura radicata nei valori evangelici, con il rischio di degenerare in una assenza assoluta di riferimenti».

«I ricercatori dovrebbero fare il giuramento di Ippocrate», suggerisce Montagnier lamentando che anche le leggi in materia, per essere rispettate, devono essere condivise da tutti i Paesi. «Ma su questo – dice – ho forti dubbi, considerando che la biologia non ha i mezzi e le risorse finanziarie della fisica». Da qui l’auspicio dell’«equilibrio tra scienza e potere economico». «I ricercatori – avverte lo scienziato francese – non devono cedere alle pressioni economiche. Bisogna evitare che esigenze di carattere finanziario sopravanzino gli interessi della scienza e della società».

«La ricerca scientifica e l’impresa tecnologica – aggiunge il presidente del Pontificio consiglio per la cultura – sono anche una realtà caratteristica della società contemporanea post-industriale, che ne condiziona la dinamica interna». Inoltre, «il potenziale tecnologico non è neutro, ma può essere oggetto di politiche o di strategie economiche asservite a precise volontà di potenza e di dominio».L’incontro tra Poupard e Montagnier ha rappresentato il «grande evento» collocato a metà strada di un percorso, dal titolo emblematico «Figli dell’uomo?», che coinvolge più di 30 studiosi italiani e stranieri e che prosegue allo Stensen di Firenze per tutto il mese di novembre.A.F. Dna, proseguono a Firenze gli incontri-dibattito del «Novembre Stenseniano»Dna e bioetica, Dna e identità individuale. Se ne parla a Firenze questo sabato 15 novembre nell’ambito del Novembre Stenseniano «Figli dell’Uomo?». L’appuntamento, il settimo della serie, è per le 16 presso l’Auditorium dell’Istituto Stensen (Viale Don Minzoni, 25). Al banco dei relatori, Giannino Piana, docente di Etica cristiana alla Libera Università di Urbino, Stefano Rodotà, Garante nazionale della privacy e Francesco D’Agostino, presidente del Comitato nazionale bioetica. Presiede Guido Chelazzi. Il raffinamento delle tecniche di analisi del genoma umano in futuro potrebbe portare all’elaborazione di «carte d’identità genetica» individuali. E chissà, potrebbe anche divenire possibile una diagnosi preventiva per l’identificazione di eventuali portatori di disfunzioni genetiche che potrebbero così difendersi prendendo le precauzioni igieniche e sanitarie necessarie. Molti vantaggi dunque, accanto ai quali, tuttavia, si prospettano anche diversi rischi e pericoli. Di certo quelli riscontrabili nelle possibili utilizzazioni delle analisi del genoma umano secondo criteri e finalità eticamente e socialmente discutibili o inaccettabili.