Toscana
Sinagoghe e moschee, in preghiera contro il terrorismo
Molte persone che forse avevano ascoltato l’appello lanciato da Gad Lerner e Dino Boffo e ripreso anche dal presidente della Giunta regionale, Claudio Martini, che aveva invitato tutti i toscani, a recarsi sabato mattina alle sinagoghe di Firenze, Pisa, Siena e Livorno per portare la solidarietà alla comunità ebraica dopo i terribili fatti di Istanbul.
Un giorno di preghiera come molti altri che è stato interrotto per rendere omaggio alla vittime del terrorismo per ribadire con ancora più forza di quanto non è stato fatto finora, che la strada delle bombe, dell’odio e della violenza non condurrà a niente se non a piangere altri morti innocenti.
«Sono venuto qui commenta Mahmoud Salem Elsheikh, musulmano a testimoniare la mia solidarietà all’amico rabbino. Nel libro del Corano i musulmani sono chiamati a combattere a difesa dei luoghi di culto, siano essi sinagoghe o moschee, e personalmente sono promotore di incontri interreligiosi che trovo fondamentali per costruire la pace e il rispetto di tutte le culture».
Rivolgendosi a tutti i presenti, il rabbino capo Joseph Levi ha detto che «il momento che stiamo vivendo è particolare. Non so se nel pubblico ci siano dei musulmani, ma lo spero perché è importante capire che Dio e Abramo sono gli elementi fondamentali che uniscono le nostre culture e attraverso le quali dobbiamo continuare a costruire la pace nel mondo».
«Questo giorno è importante spiega Dario Bedarida, vice presidente della comunità ebraica perché si vede che la comunità è aperta a tutti, perché questa è una casa di preghiera, di incontro e di riunione. Per vivere insieme la parola chiave non è tolleranza, ma integrazione e lo scopo di questi attentati è stato proprio quello di dividere la comunità ebraica dal resto della città, aumentare la paura e la tensione. Ma la risposta della città è stata chiara».
Alla celebrazione hanno partecipato anche alcuni aderenti al Firenze Social Forum che hanno consegnato alla comunità ebraica una lettera, nella quale esprimevano dolore per l’attentato di Istanbul e per tutte le guerre e i morti provocati senza distinzione di nazionalità o di credo religioso.
Professor Lattes, come vive la comunità ebraica senese questa serie di violenze perpetrate verso altre comunità?
«Dopo gli attacchi terroristici alle sinagoghe di Istanbul abbiamo avuto da parte della cittadinanza una grande manifestazione di solidarietà che non ci aspettavamo. Veramente i senesi si sono stretti intorno alla nostra comunità che, inutile a dirsi, è rimasta molto scossa».
La richiesta di Gad Lerner e di Dino Boffo e poi, qui in Toscana, del presidente della Regione, Claudio Martini, di recarsi sabato nelle sinagoghe com’è stata accolta?
«Come ogni shabbath ci siamo riuniti nel tempio per la funzione religiosa, abbiamo letto un brano tratto dal Pentateuco e uno dai Profeti, e abbiamo ricordato i caduti di Istanbul, augurandoci che questa linea trasversale di terrore finisca. Per noi ebrei, non importa la nazione di provenienza turchi, americani, tedeschi, italiani… ciò che ci unisce è la religione, è la fede in Jahvé. Abramo è il padre delle genti, infatti, in ebraico, il nome significa padre di molte nazioni».
A Siena si è parlato di pace anche il 6 novembre scorso…
«Quel 6 novembre di 60 anni fa, era il 1943, 14 ebrei della comunità senese furono deportati e uccisi nei campi di sterminio, tra loro c’era anche un ragazzo di tredici anni… A distanza di molti anni la città di Siena ha voluto commemorare quanti sono morti a causa dell’odio, perché quello che è successo non si ripeta più. Quel ragazzo era Ferruccio Valech ed era in classe con mio padre. Vede, se vogliamo davvero la pace, dobbiamo impegnarci tutti, con la testimonianza e la preghiera in primo luogo, perché le persecuzioni di ieri, come quelle di oggi, cessino definitivamente».
Anche il vescovo Diego Coletti si è recato al tempio per portare il suo messaggio di solidarietà. «Questa visita ci ha fatto molto piacere afferma il dottor Funaro sentiamo che la città ci è vicina. Sono venuti frati, preti, suore, cattolici praticanti, gruppi di altre religioni il sindaco è venuto nel pomeriggio: forse ci aspettavamo qualche esponente delle istituzioni in più, ma è lo stesso, ci basta!». «Il nostro è stato un gesto di amicizia sottolinea frà Fabrizio Civili, parroco della Santissima Trinità in questo momento triste per il loro popolo, ma in generale per tutti gli uomini». In merito ai fatti di Istanbul parla il dottor Guastalla, responsabile dei beni culturali della comunità: «Siamo rimasti molto colpiti dagli attentati in Turchia, quella è una comunità sefardita come la nostra e avevamo continui scambi con loro. Anche noi abbiamo paura, ma non possiamo farci prendere dal panico e smettere di essere ebrei, sarebbe proprio come fare il gioco dei terroristi. Siamo fiduciosi nelle forze dell’ordine e collaboriamo con loro perché la nostra comunità, ma anche la città intera, siano al sicuro. Qualsiasi attentato è una minaccia per tutti: ebrei e non ebrei, livornesi e non». Tra pochi giorni la comunità ebraica labronica vivrà un altro momento importante. L’anziano rabbino capo Isidoro Kahn lascerà il suo incarico al più giovane Leone Kahlon, originario del Libano.
Ma come vivono questo momento i cittadini pisani di fede ebraica?
«Gli ebrei a Pisa risponde Di Porto sono solo un centinaio: una delle comunità più piccole della Toscana. Siamo molto preoccupati per l’evolversi della situazione mondiale, per il ritorno, un po’ ovunque, ad un violento antisemitismo, e soprattutto per la violenza cieca dei kamikaze. Vediamo una situazione pesante anche in Italia, forse un po’ meglio a Pisa. Siamo ben integrati, cittadini italiani a titolo pieno, con il nostro lavoro e le nostre famiglie, e viviamo con orgoglio la nostra identità».
Alla sinagoga di Pisa, che ha sede in via Palestro 24, in un palazzo preso in affitto dalla famiglia Serravallini nel 1595 (poi acquistato nel 1647), si sono recati molti fedeli di altre religioni, hanno bevuto il vino benedetto insieme in segno di pace (tolleranza), e, incuriositi, hanno rivolto molte domande al professor Di Porto che, soddisfatto per la risposta pisana all’iniziativa «sinagoghe aperte», ha a sua volta invitato i pisani ad andare in sinagoga tutti i sabati: «La sala del culto è aperta a tutti, anche ai non credenti. A Pisa si trova anche un cimitero monumentale ebraico, vicino Piazza dei Miracoli. Invitiamo a visitarlo, e a partecipare alla giornata europea della cultura ebraica che ogni anno viene fatta anche a Pisa. Solo con la partecipazione e la conoscenza può iniziare una nuova convivenza».
Da parte cristiana sono intervenuti Massimo Toschi, in rappresentanza della Regione Toscana, la pastora Gianna Sciclone della Chiesa Valdese, il pastore Mario Affuso della Chiesa apostolica in Italia, don Gilbert Shahzad che ha portato il saluto del cardinale Ennio Antonelli, don Giulio Brunella, alcuni rappresentanti della Commissione diocesana per l’ecumenismo e il dialogo, Manuela Paggi Sadun, presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana, Lucio Geronazzo del Centro internazionale studenti Giorgio La Pira, Giulio Conticelli della Fondazione La Pira, il dottor Martinucci dell’Ospedale Meyer, rappresentanti del Movimento dei Focolari e della Comunità di Sant’Egidio.
Nei vari interventi, improntati al dialogo, è stata sottolineata l’importanza di prendere posizioni comuni contro il terrorismo e per la pace, muovendo senza superficialità dall’analisi della realtà sociale internazionale, nella comune aspirazione alla fraternità universale (tutti figli di un solo Padre Celeste).
In occasione della fine del Ramadan, anche dal Vaticano è partito l’ormai tradizionale messaggio di amicizia a firma di monsignor Michael L. Fitzgerald, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, che ha ricordato i 40 anni della Pacem in Terris, ribadendo che l’edificio della pace poggia su quattro pilastri: verità, giustizia, amore e libertà. «A questi quattro pilastri sarei incline scrive Fitzgerald ad aggiungerne un quinto, la preghiera» e «il mese di Ramadan non è solo tempo di digiuno, ma anche un periodo di intensa preghiera».
In chiave di dialogo si annuncia anche il convegno internazionale sull’arte sacra in programma questo fine settimana a Peccioli e che propone lo studio delle icone russe per creare un dialogo tra cristianesimo e mondo islamico. «Attraverso le tappe più significative della storia e dell’arte russa, cercheremo di riflettere sulI’Islam spiega Arnaldo Nesti, direttore del Museo delle Icone russe del comune della Valdera : un concetto che assume significati diversi attraverso i secoli, relativamenente alle etnie e ai paesi con cui diventa tutt’uno. Studiare l’Islam è un modo per comprenderlo e per conoscerlo».