Toscana
Pensioni, dopo lo sciopero la riforma è meno vicina
«È nostra intenzione approvare la riforma previdenziale prima delle elezioni europee, come del resto ci chiede l’Europa», ha dichiarato domenica scorsa da Cernobbio Silvio Berlusconi. Ma la Casa delle Libertà è in fibrillazione e pensa già alle Europee. Le elezioni in Germania, Spagna e Francia hanno fatto capire che chiunque metta mano a riforme impopolari paga poi in termini di consenso. E nella maggioranza c’è già chi spinge per riaprire il dialogo con le parti sociali o comunque per aspettare il 12 e 13 giugno prima di varare la riforma. Anche la stessa Lega, che con il ministro del welfare Roberto Maroni ha puntato tutto su questa riforma, ha fatto capire di non voler rimanere con il cerino in mano e ha chiesto di inserirla all’interno di una più ampia revisione del welfare. Ma sulla riapertura della trattativa Maroni è stato fermo: «Il confronto è stato fatto ed è chiuso ha dichiarato . Ora la delega è in Commissione lavoro dove si procede alacremente».
Il sindacato con la sua mobilitazione ha già ottenuto qualcosa, come il dietrofront sul Tfr, la cui confluenza nei fondi pensione non è più obbligatoria. O come l’alleggerimento dello «scalino» previsto per il 2008 (cioè la differenza improvvisa di requisiti necessari per andare in pensione). Tre le richieste ancora sul tappeto. «Noi chiediamo sostanzialmente ci spiega Gianni Salvadori, segretario generale della Cisl toscana che si superi la posizione sull’età contributiva e età anagrafica, abolendo il vincolo dei 60 anni e poi 61 e 62, e mantenendo i 57 anni collegati all’età contributiva di 35 anni. La seconda richiesta è l’equiparazione dei contributi dei lavoratori autonomi che attualmente pagano per il 17% mentre riscuotono per il 20%. E la terza è che ci sia il completamento della divisione tra previdenza e assistenza».
E se il governo Berlusconi non accetterà di riaprire il confronto? «L’unica risposta che possiamo dare aggiunge Salvadori è di nuovo la lotta. Perché le cose non vanno, non per noi, ma per il Paese: si creano disuguaglianze che vanno a penalizzare lavoratori che sono in procinto di andare in pensione».