Toscana
Più rosa e giovane il mercato del lavoro
Il numero delle donne occupate ha superato per la prima volta la soglia delle 600 mila unità, attestandosi a quota 608 mila. Va meglio anche l’occupazione giovanile dopo circa cinque anni di ininterrotto: rispetto al 2002 il tasso di occupazione è aumentato dal 32 al 31,1 per cento e il tasso di disoccupazione è sceso al 15 dal 16,2% precedente. Questo il quadro del mercato del lavoro toscano così come emerge dalle rilevazioni Istat e riportate nel rapporto annuale della Regione sul mercato del lavoro in Toscana.
A fare la parte del leone sono ancora i servizi ai quali sono da aggiungere i cosiddetti lavoratori «indipendenti». Tengono sostanzialmente industria e agricoltura. In crescita anche i lavoratori atipici dipendenti. Meno marcata la crescita del parttime, mentre le varie forme di lavoro formalmente autonomo collaborazioni coordinate e continuative, ecc. sono stimate, per il 2003, in circa 62 mila unità.
La buona tenuta del terziario contribuisce all’aumento dell’occupazione nelle aree urbane più popolate (Firenze, Pisa, Prato, Siena).Le aree costiere accusano una battuta d’arresto anche se, nel mediolungo periodo, la tendenza è quella di un’attenuazione delle differenze.
Un andamento occupazionale così differenziato è da ascrivere a vari fattori che vanno dal più ampio ricorso a forme contrattuali a di lavoro a tempo determinato, a fronte dell’aumentata incertezza del ciclo economico, al migliorato equilibrio delle forze di lavoro: giovani e lavoratori in età adulta (per quest’ultimi, con un probabile ritardo nelle uscite dal lavoro). Da considerare, inoltre, un assestamento occupazionale nell’industria, già fortemente indebolita nel 2002, con azione compensativa in alcuni settori (costruzioni, chimica, parte della meccanica) e il persistere di un andamento espansivo nei servizi a bassa produttività, prevalentemente per figure professionali di qualifica mediobassa. Un’influenza, non facilmente quantificabile, è dovuta alle regolarizzazioni di manodopera extracomunitaria.
Nella seconda parte del Rapporto 2003 i curatori allargano la loro riflessione a due aspetti, entrambi cruciale per lo sviluppo toscano. Ci si chiede quale può essere il modello innovativo in grado di ridare slancio all’economia mettendo a confronto due esperienze diverse Stati Uniti e Unione Europea e arrivando alla conclusione che non esiste un modello prestabilito da copiare perché ogni ricetta deve tenere conto delle molte variabili legate alla realtà specifica.
L’attività, relativamente giovane in Italia, è operante da circa 10 anni, molto diffusa invece in altri paesi europei e negli Stati Uniti. L’outplacement, che la legge definisce ora come attività di supporto alla ricollocazione professionale, affida al dipendente un ruolo attivo (non lasciare una risorsa inutilizzata e ferma, ma fare in modo che si muova verso sbocchi di mercato, possibili per le sue caratteristiche e aspirazioni). Inoltre, supporta questa sua azione con aiuti finalizzati (supporti logistici, metodologici, psicologici, ecc.) a carico dell’azienda, tramite organizzazioni specializzate. L’obiettivo è la riallocazione della risorsa umana. In questo modo tutti traggono vantaggio: la persona, che trova una nuova occupazione, partecipando personalmente all’operazione, l’azienda, che chiude un rapporto in modo definitivo, costi compresi, la business comunity, che ha ritorni positivi per una risorsa utilizzata e non ferma.
In Toscana i tempi di ricollocamento sono inferiori ai sei mesi per circa il 70 per cento dei candidati. Per alcuni si è osservata fino a oggi la tendenza a riposizionarsi sul mercato in tempi più brevi, comunque nei casi seguiti in Toscana, nessun intervento di outplacement si è prolungato oltre i 9-10 mesi. La fascia di età maggiormente rappresentata fra coloro che usufruiscono dei servizi va dai 46 ai 51 anni. L’ultimo caso, in ordine di tempo, ha interessato un gruppo di dipendenti di un’azienda di Prato, circa cinquanta persone. Un gruppo polivalente che comprendeva contabili, amministratori del personale, settore commerciale. «Abbiamo avuto l’incarico dall’azienda che doveva dismettere un tipo di attività spiega la dottoressa Claudia Cattaneo . Abbiamo cominciato a incontrare le persone, per capire qual era il loro ruolo specifico, competenza e capacità, poi abbiamo fatto un’analisi del territorio. Nel giro di pochi mesi i lavoratori sono stati tutti ricollocati».