Toscana
Cosa insegna al mondo l’apocalisse dell’Ossezia
«La storia non comincia l’11 settembre». Ne è convinto Franco Vaccari. Neanche la storia del terrorismo. Certo l’impatto mediatico è stato forte. Così «con un soprassalto eccessivo, dal nulla al tutto, si è dato il via ad una serie di campagne mediatiche che hanno giustificato risposte inadeguate nei confronti del terrorismo, come la guerra». Quell’evento, continua Vaccari, ci ha trovati impreparati: «Se ti svegli all’improvviso, e dici brucia il mondo allora hai subito un pretesto per ricorrere all’unica forma antica di risoluzione dei problemi, che poi non li ha mai risolti, cioè la guerra».
Una risposta sbagliata anche per Massimo Toschi, che fa subito un esempio: «In Iraq fino alla caduta di Saddam Hussein l’islamismo radicale non aveva spazio, ora è un pezzo di questo grande magma che sta stritolando il paese. Tutto quello che avviene in Iraq non è leggibile semplicemente con Al Zirqawi e Al Qaeda. Per esempio la vicenda delle due volontarie italiane (Simona Pari e Simona Torretta) sequestrate a Baghdad», secondo Toschi, è «opera di uomini degli ex-servizi di sicurezza di Saddam Hussein, che non sono degli islamisti radicali; un’operazione militare in piena regola, non un atto terroristico».
Per Massimo Toschi è sbagliato anche parlare genericamente di «terrorismo»: «Non esiste il terrorismo, esistono molti terrorismi, legati anche a situazioni e storie diverse, che richiedono approcci e risposte diverse». L’unica cosa che li accomuna è il rivolgersi «per definizione, sempre, contro persone innocenti. Non è uno scontro di guerra, è un’azione che vuole seminare il terrore tra la popolazione civile, che è inerme».
In questo scenario di terrore cosa ha rappresentato l’assalto alla scuola dell’Ossezia del Nord? Per Toschi «Beslan è un evento apocalittico che rivela in un attimo quello che avviene in tante parti del mondo ogni giorno e che spesso non è conosciuto perché non è sotto i riflettori. Secondo l’Unicef ogni giorno muoiono nel mondo 547 bambini per guerra o attacchi terroristici. Dunque c’è una Beslan ogni giorno. Negli ultimi dieci anni i bambini morti per conseguenze dirette della guerra sono stati due milioni, duecentomila l’anno. Almeno dieci mila sono saltati su mine antiuomo, probabilmente di fabbricazione italiana. Sei milioni rimangono disabili per tutta la vita, un milione restano orfani, venti milioni senza una casa e dieci milioni subiscono danni psichici irreversibili dalla guerra. Di fronte a questi drammi non bastano le candeline accese una volta, l’umanitarismo compassionevole…».
Ma secondo Toschi c’è un altro aspetto che colpisce in questa vicenda: «I terroristi hanno fatto una cosa terribile lo abbiamo visto tutti ma pensare di accerchiare militarmente la scuola con carri armati, in un caos totale come è avvenuto, significa mettere in conto che degli innocenti possono essere uccisi per sconfiggere il terrorismo». E qui sta il punto: «L’onore di uno Stato o di un capo di stato non vale la vita di un bambino. Putin come ha detto Sofri doveva dimettersi per la salvezza di questi bambini o offrirsi come ostaggio al posto loro. Meglio dare la nostra vita che diventare come loro».
Della crisi cecena Franco Vaccari è un vero esperto. Da anni se ne occupa con l’Associazione «Rondine Cittadella della pace», di Arezzo. Che ci sia stata un’azione terroristica così sanguinosa non l’ha sorpreso. Magari quello che colpisce è l’efferatezza contro i bambini. Ma già nel marzo 2000 quando ad Arezzo, La Verna e Camaldoli riunì attorno ad un tavolo le migliori personalità del Causaso, nella dichiarazione conclusiva si dava «l’allarme sui bambini perché il terrorismo già ricattava gli adolescenti e i preadolescenti, reclutandoli come manodopera, superando quei paletti che anche il peggior terrorismo fino ad allora metteva».
Ma il vero nodo, secondo il professore aretino, è come aiutare gli Stati Uniti ad uscire dall’empasse nel quale si sono sciaguratamente cacciati: «La guerra ha dimostrato in modo evidente che non è la risoluzione dei problemi ma semmai l’aggravamento e il discorso andrà ripreso a bocce ferme , però bisogna assolutamente non lasciare che gli Stati Uniti, muoiano in Iraq: questo non è possibile, perché non sarebbe il fallimento solo degli Stati Uniti, ma anche degli iracheni buoni e dei musulmani che hanno il coraggio di dire che con questa logica dei tagliateste non vogliono avere nulla a che fare. Sarebbe il fallimento della civiltà, non di quella occidentale». Da qui la necessità «di cominciare un ragionamento sulla sostituzione delle forze in campo per andare verso un ristabilimento pieno del diritto, dei governi legittimi e delle Nazioni Unite. Un progetto molto grosso e impegnativo, che richiede tempo». Il primo passo potrebbe essere «pattuire con realismo una sorta di vantaggio economico per gli Usa in cambio dell’uscita dalla guerra».
Su questo non è d’accordo Massimo Toschi, per il quale «il vaso di Pandora è stato aperto e ormai la violenza è fuori dal controllo di tutti. Gli americani non hanno nessun controllo del territorio, difendono solo se stessi. L’odio dell’Islam è cresciuto, l’Onu non c’è. Nel breve periodo le cose peggioreranno ancora di più. Chi ha compiuto questo se ne assuma tutta la responsabilità. Abbiamo passato il punto di non ritorno, il fiume è in piena e travolge tutto; poi quando si sarà placato, quando il fiume si ritirerà, allora forse potremo pensare a ricostruire. Ci avevano detto prosegue Toschi che il 30 giugno sarebbe andato tutto a posto e invece è tutto peggiorato. In queste condizioni, come si possono fare le elezioni il primo gennaio 2005?».
«Non c’è una strada politica per uscirne prosegue Bisogna solo sperare che finisca la nottata. Perché la guerra è questa, una volta messa in moto, va per conto suo. Esiste una guerra che uccide solo i terroristi? Non esiste una guerra buona. È un continuo scendere. E non siamo arrivati ancora all’ultimo girone di questo inferno». Che fare allora? Toschi ammette di non avere soluzioni: «La nostra capacità di iniziativa è pochissima. L’unica cosa che possiamo fare, ma ne capisco tutta la fragilità immediata, è andare lì disarmati, come hanno fatto Simona Pari e Simona Torretta e fare quello che è possibile fare con la popolazione, gettando piccoli semi di pace. Il resto sono solo chiacchiere».
Poi per i cristiani c’è un compito particolare: «Vivere la riconciliazione e il perdono. Il primo modo per sconfiggere i terroristi è perdonarli, sradicare alla radice il meccanismo della violenza della quale sono prima carnefici e poi vittime».
Beslan, intervista al generale Baschiera: «Troppi errori»
ITALIANE RAPITE IN IRAQ, LA PREGHIERA DEL PAPA
Le aree di crisi per i fondamentalismi religiosi
Le sigle del terrorismo islamico
FIRENZE, CARD. ANTONELLI: PREGHIAMO MADONNA PER BAMBINI BESLAN; DIGIUNO ISLAMICI GESTO IMPORTANTE
TERRORISMO, CARD. RUINI AL MEETING DI SANT’EGIDIO: LA PACE PONE UNA QUESTIONE SOCIALE PLANETARIA
PAPA: DOPO L’11 SETTEMBRE IL FUTURO DI PACE PASSA DA UNA CULTURA GLOBALE DI SOLIDARIETÀ
Isoliamo i fanatici. Il manifesto dei musulmani italiani
ANNIVERSARIO 11 SETTEMBRE: EBREI, CRISTIANI E MUSULMANI A ROMA PER LA GIORNATA DELL’INTERDIPENDENZA
OSSEZIA: IL CORDOGLIO E L’IMPEGNO DELLA CARITAS ITALIANA IN CAUCASO
IMAM VALDELSA: MUSULMANI IN DIGIUNO CONTRO ORRORE IN OSSEZIA