Toscana
Loppiano, la cittadella dei miracoli
Nel saluto che Giovannetti ha fatto all’inizio della Messa (presenti altri 15 vescovi tra cui sei toscani e decine di sacerdoti), ha parlato di grande gioia per i tre momenti attuali (la dedicazione, la traslazione e l’inaugurazione), ma anche e soprattutto per i tre momenti storici che hanno caratterizzato la vita della Chiesa fiesolana. «La gioia della nostra diocesi ha spiegato Giovannetti è stata determinata all’inizio del primo millennio dal primo vescovo e martire Romolo; all’inizio del secondo millennio dalla presenza di San Giovanni Gualberto e all’inizio del terzo millennio dalla Mariapoli di Loppiano, sorta su questo bellissimo altipiano e oggi arricchita da questa chiesa».
«Hanno compiuto una sorta di miracolo ha ribadito nel corso dell’omelia il cardinale Antonelli, che aveva visitato il cantiere pochi giorni prima . Ma il vero miracolo di Loppiano si è affrettato a precisare l’arcivescovo di Firenze è un altro: qui sono 40 anni che abbiamo la fortuna di contemplare un certo riflesso e anticipo della Celeste Gerusalemme. Qui abitano uomini e donne di popoli, razze, lingue e culture diverse, ma uniti nella fraternità e nella gioia. Qui si lavora, si studia e si sviluppa un fecondo scambio interculturale; si è assidui alla preghiera personale e comunitaria; si ha il gusto della ricreazione e della festa; si accolgono premurosamente i singoli ospiti e le folle di visitatori. Qui, come in ogni città di questo mondo, si soffre e si muore, ma in pace; e il cimitero è un giardino curato amorevolmente, dove tutto parla di vita e di resurrezione, dove la memoria dei morti diventa colloquio di famiglia».
Antonelli ha voluto raccontare anche l’aneddoto dell’autista di un pullman che anni addietro lo aveva accompagnato a Loppiano ed era stato costretto per un guasto a recarsi nella locale officina. «Ma in che mondo sono capitato?», si domandava l’uomo: «Qui tutto è diverso!». E raccontava del calore e della gentilezza delle persone.
«In che mondo sono capitato? Si può ben rispondere afferma il cardinale : nel mondo futuro, anticipato per quanto è possibile nel nostro mondo! In una comunità dove la carità fraterna è vissuta in modo radicale e la presenza di Gesù Risorto diventa sperimentabile e quasi visibile».
Almeno duemila le persone presenti all’inaugurazione, molte delle quali (tra cui numerosi africani con i loro costumi tradizionali) non sono nemmeno riuscite ad entrare nella pur grande chiesa (un migliaio di posti a sedere) ed hanno seguito la liturgia dall’esterno grazie ad alcuni schermi televisivi e ad un impianto d’amplificazione dal quale sono risuonate, oltre ad una gran quantità di saluti di esponenti religiosi di varie confessioni, le parole del messaggio del Papa inviato a Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, anche lei forzatamente assente, «ma presentissima spiritualmente».
Giovanni Paolo II ha ringraziato «per il bene da 40 anni diffuso a Loppiano» augurando ai focolarini e a chi frequenterà la nuova chiesa, soprattutto in quest’anno speciale dedicato all’Eucarestia, di attingere «dalla sosta davanti al Tabernacolo una sempre più profonda conoscenza del mistero di Cristo».
«Nei trascorsi quattro decenni ha ricordato inoltre il Papa sono passate da Loppiano tante persone di ogni cultura e di diverse religioni, che hanno potuto intessere fra loro, sotto lo sguardo amorevole della Vergine Santa, un dialogo di carità, primo indispensabile passo di ogni autentico cammino teso a giungere alla pienezza della Verità salvifica, rivelata in Cristo crocifisso e risorto. Auguro di cuore che questo sforzo prosegua, confortato dalla protezione della Tuttasanta Madre di Dio».
Chiara Lubich, con un altro messaggio, ha voluto a sua volta ringraziare tra gli altri il vescovo di Fiesole, che «ha benedetto, appoggiato e promosso di persona il sogno di dotare Loppiano di una chiesa», e la Conferenza episcopale italiana, «che è stata lo strumento della Provvidenza che ne ha reso possibile la realizzazione».
Un ringraziamento particolare anche al cardinale Telesforo Placido Toppo, arcivescovo di Ranchi e presidente della Conferenza episcopale indiana, che ha concelebrato con Antonelli e con gli altri vescovi. Dall’India, tra l’altro, arriva il quadro della Madonna con il Bambino, benedetto nei giorni scorsi dal Papa prima di essere collocato in questa suggestiva nuova chiesa di Maria Theotòkos. Una chiesa tutta al femminile, non solo perché dedicata alla Madre di Dio, ma anche perché interamente progettata e arredata da donne: tutte quelle che fanno capo al Centro Ave, équipe internazionale di artiste, architetti e designers che opera in Italia dal 1961, che si ispira alla spritualità focolarina e che ha i suoi studi proprio a Loppiano. Del resto anche lo statuto del Movimento vuole che alla guida dei Focolari vi sia sempre una donna.
Vie privilegiate all’unità i 4 dialoghi: all’interno della propria Chiesa, tra le Chiese, le religioni e le persone di buona volontà senza un riferimento religioso. Molteplici le concretizzazioni nel mondo culturale, economico, politico, umanitario tra cui: case editrici, cittadelle di testimonianza, opere sociali, adozioni a distanza, progetto per una Economia di comunione, il Movimento politico per l’unità, «NetOne» per il mondo della comunicazione, che imprimono nei vari ambiti la dimensione della comunione, dell’unità.
Nel mondo, i focolarini hanno dato vita a 33 cittadelle. Le chiamano «città-bozzetto di società nuova», con case, scuole, aziende, la cui legge è l’amore reciproco, legge del Vangelo, con la conseguente piena comunione di ogni ricchezza culturale, spirituale e materiale. A Loppiano, prima delle 33 cittadelle fondate dai focolarini, hanno sede anche i noti complessi internazionali Gen Rosso e Gen Verde.
Loppiano, sulle colline di Incisa Valdarno, non lontano da Firenze, sarebbe diventata la prima delle 33 cittadelle del Movimento dei Focolari sorte in ogni parte del mondo. Realtà in cui la legge è l’amore reciproco, la legge del Vangelo, con la conseguente piena comunione di ogni ricchezza culturale, spirituale e materiale.
Di quell’esperienza pionieristica sono oggi testimoni viventi Tino e Agnese Piazza, i primi, con la loro nidiata di figli, ad insediarsi come famiglia a Loppiano. Li incontriamo nel piazzale della nuova chiesa. Tradiscono l’emozione. «Quarant’anni fa, qui, c’era da mettersi le mani nei cappelli racconta Tino, all’epoca impresario edile che lasciò Bergamo per Loppiano . L’idea di una cittadella sembrava impossibile. Non c’era nemmeno l’acqua».
«La grazia che ci ha dato Dio dice Agnese è di avere tutti qui nipoti e figli, a parte una, quella in Messico. Fra l’altro con tre figlie e dodici nipoti abitiamo nella stessa casa».