Toscana

Cultura salvagente per l’economia in crisi

di Ennio CicaliLa difficile fase economica dell’economia toscana spinge alla ricerca di nuove possibilità di crescita. Come la cultura, un settore che occupa attualmente 9.500 addetti (il 7,5% del dato italiano) con la tendenza all’aumento delle attività culturali, sportive e ricreative nella regione (+3,1% dal 2000 al 2004). In Toscana le risorse per la cultura sono superiori ad altre realtà regionali, sia per la disponibilità della pubblica amministrazione quanto per la spesa di privati, sponsorizzazioni bancarie e spesa turistica. Il Comune è l’ente che spende più per le iniziative culturali, quasi il 60 per cento della spesa complessiva, segue lo Stato (32%), chiudono Regione e le varie Province, entrambe con circa il 5 per cento. Da rilevare il maggior impegno dei Comuni per gli investimenti (il 63% della spesa totale). La spesa media per abitante dei comuni toscani è stata di 59 euro negli anni 2002/2004, di cui 36 destinati alla gestione corrente e 23 agli investimenti. In pratica, è stato speso il 50% in più della media italiana.

La rilevanza della spesa culturale per la Toscana emerge dalla ricerca curata da Patrizia Lattarulo dell’Irpet, illustrata in occasione della presentazione del volume «Il cultural planning: principi ed esperienze» a cura di Stefano De Martin e Pier Luigi Sacco, dedicato alle potenzialità della cultura come vettore di crescita e innovazione sociale ed economica.

I beni culturali costituiscono un importante motivo di attrazione: la Toscana è la terza regione italiana (dopo Lazio e Campania) per visitatori dei musei statali con oltre 5,4 milioni di presenze nel 2005. La domanda è maggiore della media italiana: superiore è il numero di persone che hanno usufruito almeno una volta l’anno di attività culturali, così come il numero di biglietti venduti per gli spettacoli.

Non mancano, comunque, delle contraddizioni: a fronte di 70 biglietti venduti ogni 100 abitanti, solo 1 toscano su 5 ha assistito nell’ultimo anno a un’opera teatrale e 1 su 3 ha visitato un museo o una mostra. Nello stesso tempo la domanda è stata concentrata territorialmente e su pochi eventi principali: i visitatori dei musei si rivolgono, infatti, a poche grandi istituzioni, l’80% si affolla a Firenze (di cui quasi il 50% nei due musei maggiori, Uffizi e Accademia) mentre altre istituzioni raccolgono un’attenzione più distratta rispetto al loro valore. Tutto ciò pone interrogativi sulla capacità attrazione del turismo culturale e sulla sostenibilità urbana del fenomeno.

Le diverse realtà toscane si stanno muovendo per recuperare e valorizzare il patrimonio diffuso: 185 comuni su 287 hanno un museo e 98 un teatro. Ecco dunque che nel Valdarno la crisi della moda porta a verificare le potenzialità di attrazione del proprio patrimonio culturale, mentre nei comuni dell’intorno fiorentino (si pensi a Scandicci e a Sesto Fiorentino) sono elaborate proposte innovative rivolte a «consumatori culturali» con forti identità metropolitane (una fascia di popolazione in lenta e inesorabile crescita).Si confrontano, quindi, nel territorio strategie di valorizzazione del patrimonio locale con l’obiettivo di farne una risorsa economica da integrare o sostituire al settore manifatturiero, mirando ad un percorso di crescita non conflittuale e sostenibile, In altre aree si afferma, invece, la visione di una integrazione tra politiche culturali ed economiche volte a far leva sulle potenzialità di innovazione della cultura all’interno dei processi produttivi. Siena e Firenze spendono di piùL’attenzione alla dimensione culturale cambia da comune a comune secondo le diverse strategie locali: i capoluoghi spendono molto di più degli altri. Tradizionalmente è sempre più alta la spesa del comune di Siena (200 euro per abitante negli anni dal 2003 al 2005), segue Firenze (80 euro pro capite in media) assieme alle altre realtà comunali dell’area metropolitana centrale, Prato e Pistoia, mentre è inferiore la spesa nei comuni di Massa e Arezzo. Negli ultimi anni sono cresciute le risorse destinate alla gestione corrente delle attività culturali dei comuni di Siena, Pistoia e Livorno. Pressoché stabile la spesa del comune di Firenze.

L’impegno di spesa non sempre è influenzato dalla dimensione del comune. Mentre la spesa per la gestione ordinaria è maggiore nei comuni più grandi, nell’ultimo periodo sono i comuni piccoli e medi a impegnare risorse proporzionalmente nel tempo. Quale è la spesa per la cultura dei comuni rispetto alla loro vocazione produttiva? Alla domanda risponde la ricerca di Patrizia Lattarulo dell’Irpet, osservando che certamente i comuni a specializzazione terziaria sono quelli che investono maggiormente nel settore, e tra questi i capoluoghi di provincia. Oggi, i grandi comuni urbani e a vocazione turistica sono più impegnati per le iniziative culturali, ma ad essi seguono tanto i comuni a vocazione industriale che i comuni più periferici, località non particolarmente ricche sul piano delle strutture e a bassissima caratterizzazione turistica (l’area del Valdarno e l’area industriale tra Firenze e la costa), capaci però di esprimere un impegno di spesa in crescita. I comuni industriali presentano tassi di incremento della spesa nel corso degli anni 2000/2004 del 2,4% medio annuo, contro lo 0,6% dei comuni a specializzazione terziaria.

I numeri• 59 euro per abitante spesi per le iniziative culturali in Toscana

• 185 musei nella regione

• 98 teatri

• 9500 occupati

• 70 biglietti ogni cento abitanti venduti per spettacoli teatrali e musicali